Tra colpi di scena “alla 007” ed echi filosofici, investigazioni poliziesche e “speculative fiction”, lo scrittore milanese torna a stupire i lettori con il romanzo “Inferno a Milano. La nota nella nota”, pubblicato da 13Lab Editore
In una trama di sole ottanta ore, il nuovo romanzo di Giovanni Nebuloni Inferno a Milano. La nota nella nota (13Lab Editore, pp. 290, € 15,00) alterna luci e ombre, momenti di tensione e una serie infinita di sorprese nelle sorprese, come fossero scatole cinesi o, meglio ancora, matrioske. Potremmo definirlo un action-thriller, anche se con parecchie peculiarità.
È settembre, siamo a Milano, in viale Regina Margherita. Una zona residenziale, in un palazzo d’epoca dove i due figli del più grande possidente italiano stanno organizzando il parricidio. Poco dopo vengono assassinati, assieme al padre e a cinque guardie del corpo. I sicari, che appartengono a una confraternita russa, dileguandosi dal luogo della strage – dove hanno appiccato un incendio per distruggere ogni traccia –, si imbattono in una volante della polizia, sopraggiunta per constatare gli effetti del rogo. Ne colpiscono a morte l’agente alla guida ma, per circostanze a lei favorevoli, risparmiano Livia Ferrari, la collega sul sedile a fianco. La donna, non ancora trentenne, sta svolgendo indagini su alcune misteriose e molto consistenti compravendite immobiliari e di società in Lombardia e in particolare a Milano. Segue la scena che sarà una chiave di lettura della trama: la strana, inquietante e, almeno per la confraternita, intrigante funzione dello smartphone di un monsignore cattolico, anch’egli membro della setta. In un night in centro a Milano, senza alcun intervento da parte dell’uomo, ma attivato dalle note di un assolo di sassofono, il telefono chiama se stesso.
Tale evento non è scientificamente e tecnicamente impossibile. Infatti, un suono – paragonabile al moto ondoso dell’acqua – può far vibrare certi materiali, inclusi i componenti del microprocessore di un cellulare, e far sì che cambino di stato. I computer ragionano in modo binario (0 e 1), e se le note del sassofono fanno alterare più elementi, è possibile che causino la formazione della sequenza di 0 e 1 che costituisce la chiamata del cellulare a se stesso. Qualcosa di simile accade nel film Eagle Eye del 2008 (regia di D. J. Caruso), ispirato al racconto Tutti i guai del mondo di Isaac Asimov, dove le note di una tromba innescano un ordigno esplosivo. Dopo lo strano fenomeno, il monsignore abbandona precipitosamente il night per recarsi da un’amica, una suora ortodossa della vicina chiesa di San Vito in Pasquirolo, a pochi metri da San Babila, dove, per un litigio con uno dei sicari, il prelato viene ucciso.
La confraternita inquina la scena del delitto e l’ambientazione si sposta a Tula, una città a cento chilometri da Mosca. Nell’enorme caverna sotterranea ricavata alla sua periferia, abitata da un migliaio di devoti fedeli, il capo della potentissima congregazione afferma che un cellulare che chiama se stesso può essere per loro di fondamentale importanza. Per l’associazione religiosa e criminale derivata da antiche logge russe e per i suoi riti, infatti, una certa musica è imprescindibile. Con il compito di fare piena luce sulle caratteristiche della “nota nella nota”, il capo delle sette risorte destina a Milano, in incognito, uno degli adepti, il ministro per l’economia della Federazione russa. Si torna dunque nel capoluogo lombardo, almeno fino alla scena finale, e si continua con Livia Ferrari che incontra il sassofonista che ha sbalzato il monsignore… Ma stiamo parlando di un thriller, e andare oltre non sarebbe opportuno. I colpi di scena si susseguiranno comunque incessantemente, con altri omicidi, anche brutali, una sparatoria, un amore che muore e un altro che nasce, un accenno a Fëdor Dostoevskij, che ha parlato di tali sette nei romanzi I demoni e L’idiota.
L’importanza del contenuto della trama, la sua portata universale, il respiro internazionale dell’ambientazione, la scorrevolezza della narrazione fanno del romanzo un esempio concreto di Fact-Finding Writing (scrittura conoscitiva). La corrente letteraria, fondata dallo stesso scrittore, mira ad avvicinare il linguaggio cinematografico a quello letterario: la pagina diventa una “videata” da leggere, i personaggi vengono “ripresi” come da una telecamera, con la quale ci si addentra nella loro interiorità, e vengono delineati anche attraverso le loro parole e i loro dialoghi, come in una sorte di “visione continua”, annullando i tradizionali confini tra le due forme di espressione artistica.
Giovanni Nebuloni vive e lavora a Milano. Nel 2010 ha fondato la corrente letteraria Fact-Finding Writing (scrittura conoscitiva o scrivere per conoscere). Il suo obiettivo è di esprimere attraverso la scrittura qualcosa che prima non era noto, o non osservato e non individuato nella sua struttura reale. Dopo i romanzi La polvere eterna (2007), Fiume di luce (2008), Il disco di Nebra (2009), Dio a perdere (2011), Il Signore della pioggia (2012), Viaggi inattesi (2013), L’umile forma dell’immortalità (2014), Nel nome dell’Universo (2015), Inferno a Milano. La nota nella nota è il suo nono romanzo pubblicato.
(g.b.)
(LucidaMente, anno XI, n. 126, giugno 2016)
