Secondo il nostro lettore, andrebbe controllata anche la Casta imperante negli atenei: familismo, valore delle ricerche, sprechi
Spett.le redazione LucidaMente,
leggo su un quotidiano di oggi che i ricercatori universitari assunti dal 2008 al 2010, poco prima della riforma Gelmini, guadagnano 1.300 euro al mese e chiedono un adeguato aumento di stipendio. Un ragionamento del genere c’è sempre stato nelle università, con la conseguenza di un aumento indiscriminato delle remunerazioni mensili, senza il riscontro della produttività.
Si faccia un’analisi dettagliata su questi signori, arruolati poco prima della riforma Gelmini che proibisce (in linea teorica) l’assunzione del personale docente di parenti fino alla quarta generazione, nella stessa struttura pubblica. Da un’analisi del genere, risulterà che oltre il 90% dei ricercatori novelli è parente di prof. appartenenti alla stessa facoltà.
Inoltre, si controllino i risvolti economici derivanti dalle ricerche scientifiche di questi signori. Da un’analisi del genere, apparirebbe evidente lo sperpero di energia elettrica (computer in dotazione), di fogli di protocollo, d’inchiostro, di telefonate, di viaggi gratis, di pranzi gratis… di stipendi che lo Stato elargisce perché le ricerche di questi signori siano pubblicate e diffuse.
Stiamo fallendo e si permettono alla CASTA simili pretese? È giusto ragionare in questi termini? I poveri ricercatori chiedano severi controlli sul proprio operato e poi la perequazione economica.
Saluti e grazie per l’attenzione.
Giuseppe C. Budetta
(LucidaMente, 20 settembre 2011)
Un articolo esemplare su una dimensione che richiederebbe più di qualche controllo superficiale. Ma la domanda è un’altra, perché queste, che sono evidenze di un sistema in crisi, non vengono mai messe in primo piano?