Oltre Cioran: la fine della civiltà umana nel “Breviario del caos” (Adelphi) di Albert Caraco
Accostabile – per la durezza della visione del mondo, i toni apocalittici, il “santo” nichilismo, il dominio nelle sue opere delle tematiche del caos, della morte e del disfacimento della civiltà umana, il totale anticonformismo, la scrittura irta e spietata, quanto stilisticamente elegante e originale – a Louis-Ferdinand Céline o a Emil Cioran, Albert Caraco era nato a Costantinopoli nel 1919 da un’agiata famiglia ebraica. Solitario, nomade, inafferrabile, pubblicò una sterminata massa di scritti che, in vita, non ebbero alcun riconoscimento. Si suicidò nel 1971, il giorno successivo alla morte del padre.
La benemerita Adelphi ha tradotto in italiano prima Post mortem e successivamente Breviario del caos, mentre il Supplemento alla Psychopathia sexualis è stato edito da ES e Guida ha pubblicato L’uomo di mondo.
Nel brano che segue, tratto da Breviario del caos, Caraco affronta, a suo modo, la questione della sovrappopolazione umana sulla Terra e polemizza con religioni e capitalismo che, da ottiche diverse, perseguono il disastro demografico.
La catastrofe è necessaria, la catastrofe è desiderabile, la catastrofe è legittima, la catastrofe è provvidenziale, il mondo non si rinnova a minor prezzo, e se non si rinnova dovrà scomparire con gli uomini che lo infettano. Gli uomini si sono diffusi nell’universo come una lebbra, e più si moltiplicano più lo snaturano, essi credono di servire i propri dèi divenendo sempre più numerosi, i bottegai e i preti approvano la loro fecondità, gli uni perché essa li arricchisce, gli altri, invece, perché li accredita.
Gli scienziati possono pur darci l’allarme, la loro voce è quasi sempre soffocata, gli interessi della morale e del commercio hanno stretto un’alleanza indefettibile, il denaro e la spiritualità non tollerano che il movimento si arresti, i bottegai vogliono consumatori, i preti vogliono famiglie, la guerra li spaventa meno dello spopolamento: è nei bottegai e nei preti che l’ordine per la morte trova i suoi sostegni più solidi. L’umanità dovrà ricordarsi di questa cospirazione, e quando la sventura sarà divenuta pane quotidiano dovrà punire coloro che, per il solo fatto di esistere, la consegnano al caos.
L’unico rimedio alla miseria consiste nella sterilità dei miserabili, ma l’ordine per la morte, l’ordine dei bottegai e dei preti, ci vieta persino di parlarne. I bottegai e i preti vogliono arricchirsi e dominare, vogliono il profitto materiale e il credito morale, li ottengono dalla nostra idiozia, giacché il nostro disinganno sarebbe la loro fine, così come sarebbe la fine della miseria. Le nostre tradizioni sono sorpassate e i loro sostenitori sono canaglie, coloro che ci predicano l’osservanza hanno per scopo la perpetuazione del proprio dominio, fosse pure a prezzo della nostra morte.
Il nostro dovere è profanare ciò che essi venerano, giacché senza la profanazione il mutamento non mette radici, e più tardiamo a cambiare, più incorreremo in sofferenze e martirii. Ora mi rivolgo a tutti e dico alla massa di perdizione che potrebbe sfuggire alla rovina cessando di costituire una moltitudine senza volto, le converrà ormai prosciugare le sorgenti di vita e capire che non c’è altro vizio al mondo se non quello di essere poveri, perché ogni povero diventa un criminale non appena, facendo nascere un altro povero, offre alla miseria una nuova garanzia.
Un mondo popolato da Onanisti e da Sodomiti sarebbe meno miserabile del nostro, questa è la verità. Siamo sventurati perché adempiamo un dovere immaginario e ci uniformiamo a precetti superati, ma il dovere non ci sottrae alla nostra abiezione e i precetti ci fanno perseverare in essa. L’ordine morale, che domina su di noi da venti secoli, ha fatto il suo tempo e ora ne constatiamo la barbarie, quest’ordine sopravvive a se stesso e noi ne moriremo, innumerevoli, oggi esso invoca la tolleranza che ha sempre rifiutato alle sue vittime, predica la fratellanza di cui non si è mai curato, parla di trasformarsi, proprio lui che si era vantato di essere immutabile.
Con cento milioni di esseri umani la Terra diventerebbe il paradiso; con i miliardi che la divorano e la insozzano sarà l’inferno da un polo all’altro, la prigione della specie, la stanza della tortura universale e la cloaca gremita di folli mistici che campano del loro lerciume. La massa è il peccato dell’ordine, è il sottoprodotto della morale e della fede, basta questo per condannare l’ordine, la morale e la fede, giacché non servono che a moltiplicare gli uomini e a tramutarli in insetti.
(da Albert Caraco, Breviario del caos, traduzione di Tea Turolla, Milano, Adelphi, 2009, pp. 36-38; 40)
L’immagine: Albert Caraco in una sua rara foto e la copertina di Breviario del caos (Adelphi).
Rino Tripodi
(LM MAGAZINE n. 11, 15 luglio 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 55, luglio 2010)