Nel nuovo cd del musicista, “In a Time Lapse”, il fascino di un’esperienza sinestetica
Molti lavori discografici di Ludovico Einaudi possono essere considerati dei concept albums. Hanno come tema un elemento esterno, concreto o astratto, e lo descrivono; basti pensare a Le Onde, o I Giorni; o Divenire. Il tema dell’ultima opera del compositore torinese, In a Time Lapse (Decca, 2013, € 19,99), si coglie in maniera meno evidente, ma non per questo è meno efficace: esso è, secondo la nostra interpretazione, la percezione nella dilatazione del tempo. Percezione che è anche (soprattutto, qui) esperienza emotiva.
L’album si articola in quattordici brani. Le tonalità minori, privilegiate dal compositore, sono spesso ricche di aperture al maggiore; il sentimento che permea molte delle sue composizioni e che rimane all’ascoltatore è la nostalgia. Ma quello che dà profondità ai brani e che permette di considerare In a Time Lapse un concept album è ciò cui fa riferimento il titolo stesso del disco, che si può tradurre in italiano con In un attimo sospeso del tempo; la sospensione del tempo, appunto. Il lavoropropone un’esperienza sinestetica, che non si limita cioè alla fruizione auditiva; a nostro parere è richiesta una concentrazione che coinvolga la visione, associandola all’udito: l’ascolto deve essere completato dall’impiego dell’immaginazione. Questo tipo di ascolto, concentrato ma allo stesso tempo passivo e contemplativo, giustifica innanzitutto i nomi dei brani, che hanno sempre un referente oggettivo. Per fare due esempi: le arcate lente dell’inizio di Waterways suggeriscono il lento e diverso fluire di piccoli corsi d’acqua che non hanno una fine vera e propria, come il brano, che termina con il diminuire della nota tenuta (non la tonica!) nel silenzio; o il ticchettio continuo in Newton’s Cradle.
Questo tipo di ascolto rende giustizia anche alla sapiente costruzione dei brani, che di frequente sono articolati all’incirca (semplificando all’estremo) secondo la seguente struttura: tema iniziale, espanso con notevoli pause tra un frammento e l’altro; iterazione continua del tema, compresso abbreviando o eliminando le pause (a questo punto si coglie compiutamente il senso armonico dei temi); iterazione con continue microvariazioni melodiche del tema principale, per tutta la durata del brano; spesso viene presentato un secondo tema; progressiva aggiunta di altri strumenti e linee di canto, sovente con nuovi temi veri e propri; progressiva o improvvisa sottrazione di questi elementi; riproposizione del tema nella forma essenziale, presentata all’inizio (ma questo elemento non si presenta sempre).
Lo “sguardo” dell’ascoltatore viene così guidato dalla musica: un dettaglio, un oggetto attira la nostra attenzione; la ripetizione dell’armonia con le sue continue e sottili variazioni melodiche fa da sostrato, simulando la materia dell’osservazione; l’iterazione della frase musicale genera la sensazione di “restare fermi”, sospesi ad osservare, ma, essendo “microscopicamente” variata, non induce noia e appiattimento; il progressivo germogliare (il sapiente innesto) di voci, strumenti e temi dà l’impressione di osservare l’oggetto sotto diverse, nuove angolazioni, che forniscono una “contemplazione” sempre più completa e comprendente.
Il compositore crea in questo modo un effetto di “percezione dilatata”, di “attimo sospeso” nel quale possiamo mettere sempre più a fuoco tutte le sfaccettature e i colori di un oggetto. La percezione si fa sensazione, ispirata dagli sviluppi melodici delle armonie, e la sensazione predominante (ma non la sola, beninteso) è la nostalgia, una malinconia suggerita dalla sensazione della fine della percezione nell’attimo espanso che abbiamo vissuto e della sua ricchezza. Al termine dell’attimo conserviamo un brandello dell’emozione e della conoscenza acquisita, con le flebili, ultime ripetizioni del tema. Ogni brano diventa così un’esperienza, unica e resa ancora più intensa dalla diversa percezione del tempo alla quale siamo stati introdotti.
È forte la sperimentazione presente in questo lavoro di Einaudi. La pratica minimalista, con la sua ripetitività, è molto forte ma è temperata dalla ricercatezza e dalla spiccata sensibilità melodica, caratteristiche del compositore torinese che emergono in modo notevole. Colpisce soprattutto il ricorso all’elettronica, notevole soprattutto nella title track, Time Lapse, letteralmente Rallentatore, che si pone come sintesi e chiave di accesso al carattere e al senso e dell’album. L’elettronica, la distorsione, il filtraggio di suoni e la loro produzione sintetica costituiscono in quest’opera un importante strumento espressivo, che arricchisce l’esperienza dell’ascolto-osservazione, alludendo a ombre, riflessi e altri lati degli oggetti che si schiudono all’ascoltatore-osservatore. Col ricorso all’elettronica Ludovico Einaudi si è aperto una strada che trabocca di possibilità tecnico-espressive, e ciò non può che farci attendere con attenzione innanzi tutto le prossime tappe del suo tour, poi le sue future composizioni.
Gabriele Roccella
(LucidaMente, anno VIII, n. 86, febbraio 2013)