Obama vorrebbe risolvere con la forza la crisi in atto tra Siria e Usa, ma le protezioni internazionali di cui gode Assad per il momento lo stanno frenando
Nelle ultime settimane il presidente statunitense Barack Obama ha ripetutamente manifestato l’intenzione di sferrare degli attacchi aerei contro obiettivi militari siriani. Il casus belli, però, cui si appiglia il governo di Washington, appare ancora una volta controverso: non si sa con certezza, infatti, se, nel corso della guerra civile che, in due anni, ha già provocato circa 78.000 vittime tra civili e militari siriani (cfr. Guerra civile siriana, in http://it.wikipedia.org), il presidente della Siria Bashar al-Assad abbia effettivamente ordinato di sganciare delle bombe contenenti il micidiale gas nervino Sarin.
L’intervento militare americano è stato finora scongiurato dal diniego opposto dal presidente russo Vladimir Putin, che, insieme ai governi di Pechino e di Teheran, si sta adoperando affinché la crisi tra Damasco e Washington trovi una soluzione diplomatica. La Russia è il principale fornitore di armi del regime assadiano e possiede in Siria l’importante base navale di Tarsus, mentre l’Iran lo appoggia soprattutto per motivi religiosi. Assad, infatti, è di fede alawita, un gruppo confessionale che fa parte dell’universo sciita ed è, pertanto, avversato dai sunniti, che sono in maggioranza tra i siriani. La Cina, infine, ha grossi interessi economici in Siria, perché questo stato rappresenta il terzo maggior importatore internazionale delle sue merci.
Dietro la crisi siriana, tuttavia, ci sono anche altre motivazioni, di cui si parla poco. In Siria si trovano molti giacimenti di metano e petrolio e nel suo territorio termina l’Arab Gas Pipeline, un gasdotto proveniente dall’Egitto che presto raggiungerà la Turchia. Inoltre, va tenuta nel giusto conto la recente scoperta di un grande giacimento di idrocarburi (9,700 miliardi di metri cubi di gas e 3,4 miliardi di barili di petrolio) nel Mediterraneo orientale, il cui sfruttamento fa gola alle grandi potenze mondiali. Insomma, in Medioriente oggi si sta giocando una partita di colossali proporzioni da cui dipendono le sorti future dell’economia mondiale (cfr. Fahd Saad Andraos, La Siria nel calderone dei progetti giganti sul gas!, in http://aurorasito.wordpress.com).
La caduta del regime di Assad potrebbe – in apparenza – avvantaggiare i paesi occidentali che appoggiano le forze ostili al partito Ba’th, al potere a Damasco dal 1963. La realtà dei fatti, tuttavia, potrebbe rivelarsi ben diversa: molti ribelli siriani, infatti, appartengono ai settori islamici più oltranzisti e tra loro sono presenti anche militanti di al-Qaida, che non sarebbero certo disposti a lasciare ai detestati occidentali il controllo delle risorse energetiche. Un’analoga situazione si è già verificata in Iraq e in Libia, dove – dopo la caduta di Saddam Hussein e di Gheddafi – sono scoppiate delle cruente guerre civili che hanno proiettato nel caos le due nazioni, indebolendole politicamente e impedendo lo sfruttamento a dovere delle loro ingenti riserve petrolifere.
Il voto del parlamento inglese contro l’intervento militare, le posizioni caute assunte da Germania e Italia e la disponibilità di Assad a smantellare i propri arsenali chimici lasciano intravedere una soluzione pacifica della crisi siriana. Obama, tuttavia, ha dimostrato di non meritare il premio Nobel per la pace che gli è stato assegnato nel 2009 ed è bizzarro che proprio Putin sia adesso diventato il garante della stabilità internazionale. La storia sembra non aver insegnato molto a tanti capi politici (soprattutto francesi, israeliani e statunitensi) che, come incauti apprendisti stregoni, si ostinano a evocare forze tenebrose che potrebbero non essere più in grado di tenere sotto controllo. I conflitti armati, tuttavia, fanno molto comodo alle multinazionali delle armi, come sottolineato anche da papa Francesco I nell’Angelus dello scorso 8 settembre (cfr. Giacomo Galeazzi, «No alla guerra per vendere le armi». All’Angelus l’affondo di papa Francesco, in www.lastampa.it).
Ai conflitti che lacerano territori vicinissimi all’Italia LucidaMente, oltre ad aver ospitato alcuni interventi esterni (Siria-Usa, due pesi e due misure), ha dedicato anche i seguenti articoli: Guerra “sporca”? Non raccontatela; I muri che dividono il popolo saharawi; Acqua, insediamenti, confini, rifugiati e Gerusalemme; Il popolo “eletto” reo di genocidio?; I kurdi in Turchia, un popolo privato dei diritti civili; Quale sarà il futuro della Libia dopo la morte del raìs?; Nuovi venti di guerra in Medioriente; Morte in Palestina.
Le immagini: foto di Bashar al-Assad (autore: Fabio Rodrigues Pozzebom/ABr; fonte: http://agenciabrasil.ebc.com.br) e di Barack Obama (autore: Pete Souza, The Obama-Biden Transition Project; fonte: http://change.gov); cartina della Siria.
Giuseppe Licandro
(LM EXTRA n. 30, 16 settembre 2013, supplemento a LucidaMente, anno VIII, n. 93, settembre 2013)