Si divoravano. Erano quasi una ragione di vita. Si leggevano, ma soprattutto si scambiavano. Per i ragazzini di fine anni Sessanta e anni Settanta erano una specie di moneta corrente, il cui possesso determinava status sociale e livello di rispetto da parte dei coetanei. Erano addirittura più importanti delle figurine dei calciatori! Ma non erano i “fumetti”.
Nessuno li chiamava così, in quei tempi, solo qualche raffinato semiologo che scriveva per bizzarre riviste, le quali rispondevano al nome di Linus o Eureka. Per noi, ragazzi di strada, erano semplicemente “i giornaletti” (qualcuno, tanto perbene, li chiamava “giornalini”, ma suscitava ilarità).
Lo scambio dei “giornaletti” – Per strada, negli angoli riparati dei cortili, nelle piazze ci si affannava, come in tanti improvvisati bazar, in esasperati scambi. Esisteva una vera “borsa”, ricordo, anche se molto spesso ci si basava semplicemente sul prezzo di copertina. Andavano forte Blek, Miki, Kinowa, Tex, Zagor, Topolino, Mandrake, L’Uomo mascherato, Nembo Kid e Batman editi dalla Mondadori, poi i vari “neri” (Kriminal, Satanik, Sadik, Diabolik, Zakimort, Genius, ecc.). Ma come si potrebbero non citare Soldino e Geppo o Cucciolo e Tiramolla? Fuori mercato erano i numeri dell’Intrepido e de Il Monello: ce n’erano così tanti in giro che erano del tutto svalutati. Anche le copie di Linus, Eureka, Horror, Psyco, erano viste con sospetto. Parevano vezzi da intellettuali con storie troppo complicate per essere divorate e rimanevano indigeste. Qualcuno non apprezzava Alan Ford, troppo fuori dallo standard, per il resto si mandava giù tutto. Poi vennero gli “erotici spinti”, Terror, Oltretomba, Vartan, Jolanda, ma non tutti se li potevano permettere; solo quelli che avevano un deposito segreto dove poterli riporre, oppure genitori tolleranti (ma questa seconda ipotesi era ancor più remota).
Un elevato numero di lettori – Di ragazze che leggevano fumetti non ce ne erano tante. Qualcuna leggeva il Corriere dei Piccoli, ma soprattutto perché c’era Valentina “Mela Verde”, nei cui sogni e avventure ci si identificava, e poi perché dalla copertina del “Corrierino” poteva ritagliarsi i vestitini, fatti apposta per minuscole bamboline di carta foggiate sulla figura dei personaggi. Motivo questo di interminabili litigi e di esasperanti conflitti familiari. I fumetti erano l’unico prodotto popolare ed economico, anche perchè, a differenza dei film – erano ancora ben di là da venire vhs e dvd -, si potevano scambiare. Un numero, credo, era letto, in media, almeno da dieci persone diverse. Considerato che in quei tempi una testata vendeva circa centomila copie, pensate quanto alto era il numero delle persone che leggevano fumetti! Ma allora la tv aveva solo due canali in bianco e nero e al cinema si andava una volta ogni tanto. Certo, dopo una certa età, venivi considerato con sospetto se ti trovavano con un giornalino in mano. Come minimo eri un perditempo, oppure un ragazzino poco e male cresciuto. Per quanto Umberto Eco si affannasse con le sue fenomenologie di Steve Canyon, il fumetto rimaneva affare per ragazzini.
L’assalto delle tv private – Poi è arrivato “Tv man” con le sue televisioni brulicanti di brillanti, di colori e di ballerine discinte. E come poteva allora difendersi la pur intrigante Carmen, pistolera di carta, dall’assalto delle ben più realistiche forme di Carmen Russo e company? Il fumetto sopravvisse solo tra alcuni nostalgici, i quali, solinghi, avevano coltivato la loro passione passando da Trottolino a Il Mago e ad AlterAlter. E quindi si sorpresero ad amare le innumerevole forme artistiche che quel mezzo, povero di stima ma ricco di fama, poteva esprimere. Adesso che il fumetto è quasi defunto, però, quell’idea negativa, che sia un affare da bambini e sfaccendati, è rimasta nei più ancora radicata.
Mimetizzati tra i testi filosofici! – L’altro giorno, all’università, ho consegnato a un mio amico cattedratico, mente illuminata ed entusiasta, amatore di manga e anime, un paio di cartonati di Strangers in Paradise. Mi ha ringraziato tra il commosso e l’imbarazzato, ma si è subito preoccupato di celarli in una provvidenziale sportina, opportunamente mimetizzati tra i testi di filosofia vedica. Neanche gli avessi offerto le copie oscene di chissà quale patinata rivista pornografica! Così è amici miei, se vi piace (e anche se non…).
L’immagine: copertina de Il Monello, n. 16, aprile 1964.
Antonio Tripodi
(LucidaMente, anno II, n. 6 EXTRA, 15 luglio 2007, supplemento al n. 19)
C’erano anche billy bis super, il tromba, poi tutti quelli della marvel corno come si chiamava allora, dove il bello,per chi aveva i soldi e li comprava, erano gli adesivi che, ogni tanto, erano allegati. Poi ricorderai guerra d’eroi: altri di quel genere non mi vengono in mente. Infine le buste sorpresa, con i fumetti che avevano il bordo di solito colorato di blu, ma a volte anche di colore rosso. Nel mercato delle vendite o anche degli scambi, ovviamente valevano meno. Ciao
ps.: mi sono permesso di postare un tuo articolo visto su agoravox sul mio blog (citando ovviamente la fonte)
E Jonny Logan???? Dimenticanza o altro???