In che modo può essere descritto il flusso creativo che accompagna ogni artista sino alla nascita delle sue opere? Quale lungo lavoro si cela dietro la composizione di musica e parole?
Scoprirlo è l’obiettivo di Storytellers, iniziativa promossa da Mtv Italia e Telecom Progetto Italia, la cui prima edizione – terminata nel mese di dicembre – si è svolta a Bologna, con la collaborazione della più antica università del mondo. Questo perché Storytellers non è un semplice format televisivo, ma una manifestazione a metà tra il concerto acustico ed il reading letterario, aperta ai giovani e trasmessa in diretta web sul sito www.mtv.it (attualmente in onda, ogni giovedì sera, sul canale di Mtv).
E’ un viaggio alle radici della canzone, per rivalutare l’arte – spesso ingiustamente trascurata – della scrittura dei testi, attribuendo ad essa la meritata dignità letteraria.
Cinque gli incontri che si sono succeduti durante la prima stagione, aperta il 30 settembre da Jovanotti e conclusasi il 12 dicembre con la suggestiva performance dei Subsonica.
La scelta della location (la maestosa aula Santa Lucia di Bologna, familiare a tutti gli studenti dell’ateneo in quanto luogo di conferenze e lezioni) non è certo stata casuale: proprio agli universitari è rivolta questa iniziativa, perché comincino a considerare la canzone come una moderna forma d’arte.
I Subsonica a Storytellers – Sono queste le parole con cui Paola Maugeri, eccezionale moderatrice dell’evento, apre l’ultima serata della stagione del 2005, quella che vede i Subsonica in un’insolita e suggestiva veste unplugged. Samuel, l’inconfondibile voce della band, è il primo a salire sul palco. Con la sola chitarra acustica esegue una dolcissima Dormi nel buio quasi totale dell’aula. L’idea di una “ninna nanna” come canzone d’apertura è sicuramente insolita, ma di forte impatto. E’ un modo per instaurare da subito un rapporto molto intimo con i ragazzi che si trovano lì, in un ambiente tanto diverso da quello di un club o di un palazzetto. Il contatto coi fan è sempre stato centrale nei concerti del gruppo torinese, il quale – sulla scena italiana da quasi dieci anni – non ha mai perso un’occasione per suonare e divertire il suo pubblico. Sono forse queste le doti che più di tutte devono essere ad esso riconosciute: l’instancabilità e la generosità con cui si concede ai fan nelle numerosissime date dei propri tour. Nati come una band di nicchia nella Torino degli anni Novanta, i Subsonica sono riusciti ad imporsi all’attenzione di critica e pubblico puntando sulla continua sperimentazione, unendo l’elettronica al rock, l’house alla melodia italiana. Al crescente successo è seguito, nel 2005 (con Terrestre, il loro quarto album), il passaggio dalla storica etichetta indipendente Mescal alla major Emi (con immancabile battaglia legale). La loro musica, però, non ha tradito, continuando a mettere in gioco tutto, derivandone un sapiente equilibrio di musica e parole.
Il linguaggio dei giovani in poesia – Ed i Subsonica sono portatori sani di un nuovo linguaggio all’interno della canzone italiana: un lessico che non disdegna lo slang giovanile, conferendo ad esso una valenza quasi aulica. E’ così che parole tradizionalmente escluse dal lessico poetico entrano di diritto a farne parte. Anche per questa sorta di miracolo linguistico gli altri componenti del gruppo (Max, Boosta, Ninja e Vicio), saliti, a poco a poco, tutti sul palco, raccontano divertiti della loro partecipazione ad un convegno della Treccani sui mutamenti dei codici di comunicazione giovanili. Dalle parole di Max Casacci (chitarra) si capisce subito di avere a che fare con dei professionisti – quasi feticisti – della parola. Il problema principale è quello di riuscire ad accordare alle particolarissime note delle loro canzoni termini con desinenze mobili, facilmente adattabili alla musica. In questo, il linguaggio standard italiano, con le sue finali rigide, non è sempre di aiuto. Dunque, spesso occorre compiere una scelta alternativa: ricorrere ad un altro tipo di lingua, che non sia, però, il troppo inflazionato inglese. E così accade che, in canzoni come Depre, il testo sia quasi interamente composto da nomi propri di psicofarmaci. E’ certo una provocazione – sul piano dei significanti – quella di usare una terminologia legata all’onomastica farmaceutica; tuttavia, tale scelta è molto coerente sul piano dei significati, visto che il tema in discussione è quello della depressione.
Il cielo sopra Torino – C’è, poi, un’altra caratteristica intrinseca al loro modo di comporre, che appartiene alla città natale: Torino. E’, quella torinese, una realtà molto particolare, non riscontrabile in nessun’altro capoluogo italiano. Si tratta di una città che, per via della sua natura prettamente industriale, ha attirato in sé numerosissimi lavoratori da ogni parte d’Italia, creando un polo meridionale al Nord. In questo melting pot sono molte le culture che si vengono ad incrociare e scontrare: la scrittura del gruppo non può non tenerne conto. Inoltre Torino è, curiosamente, la città col maggior numero di band pro capite: questo significa che, in una realtà tanto stratificata, sono molte le cose da dire e ognuno cerca di rappresentare al meglio la propria sfaccettatura di mondo. Dettaglio non trascurabile: il capoluogo piemontese è anche la città in cui ha avuto luogo il miracolo della sopravvivenza. Data la recessione economica della Fiat, sembrava essere destinata ad implodere e, invece, ce l’ha fatta, trasformandosi sia sul piano urbanistico che su quello della qualità della vita. Certamente, molte sono state le modifiche apportate in vista delle imminenti Olimpiadi invernali. In ogni caso, non ci sarebbero Subsonica senza Torino. E’ forse per questo che la loro canzone Il cielo su Torino è stata scelta per accompagnare lo spot cinematografico promosso dall’assessorato al Turismo della città. A Storytellers questo brano non viene eseguito da loro, ma recitato dalla giovane attrice “mucciniana” Giulia Steigerwalt: la lettura non è perfetta, tradisce l’emozione, ma proprio per questo è sentita.
Le dinamiche di gruppo – Ritornando a come si costruisce un pezzo, Boosta spiega che sono molti gli aspetti che ne complicano la composizione; tra questi, il fatto che nelle band non si lavora in solitudine. Al contrario, bisogna sempre confrontarsi col gruppo ed è spesso molto difficile trovarsi d’accordo sulle scelte linguistiche e, soprattutto, musicali. Il fatto di essere in cinque, ognuno con le proprie idee, non facilita le cose, ed è qui che emerge l’inquietante realtà delle questioni irrisolte, ovvero, dei pezzi i cui accordi vengono suonati differentemente dai componenti tra i quali è sorta la discordia. Però, i Subsonica ammettono di non essere solo in cinque: c’è, infatti, bisogno di una sesta persona per riequilibrare l’ago della bilancia. Si tratta di Luca Ragagnin, poeta e scrittore torinese, il quale, seppur assente in sala di registrazione e nei concerti, può essere considerato di diritto il sesto componente del gruppo. La sua figura è, infatti, fondamentale per la stesura verbale, rivestendo i pezzi di una patina aulica e mettendo a tacere i disaccordi.
Ascoltatori d’eccezione – Curiosi sono gli interventi in sala di Tiziano Scarpa (scrittore tra i più interessanti della narrativa italiana contemporanea) e Marcello Fois (sceneggiatore della seguitissima fiction Distretto di polizia), i quali ammettono di essere fan dei Subsonica e di aver notato come nei loro testi ci siano parole insolite, impossibili da ritrovare nel panorama della musica italiana; termini come “mammifero” (titolo anche di un loro singolo di successo) penetrano, grazie a loro, negli inaccessibili luoghi del sublime. La risposta di Max è che si tratta, in ogni caso, di parole che bene si adattano agli accordi ed alla voce del cantante, potenziando l’immagine dell’intero gruppo.
Le domande dei fan – L’evento sta per giungere al termine, ma non prima di lasciar spazio alle domande dei fan, di quelli che stanno seguendo l’evento attraverso la chat live e dei fortunati che si trovano in aula. Un ragazzo chiede come ci si senta a passare dallo status di gruppo elitario (molto apprezzato dalla critica, ma con modici passaggi televisivi e radiofonici) a quello di band per le masse. La Maugeri, colpita dall’interrogativo, è la prima a rispondere che, sebbene con questa evoluzione sembri andar perduto qualcosa di intimo e riservato – anche magico, se vogliamo -, bisogna comunque tener conto del fatto che la musica, specie se bella, deve essere democraticamente condivisa con tutti (nonostante il prezzo da pagare sia quello di essere passati in playlist subito dopo un brano di una qualsiasi boyband americana). L’incontro si chiude con la performance rigorosamente acustica di Preso blu; è ora che i ragazzi si trasformino da disciplinati uditori in fan. Ritornano ad essere il pubblico che piace ai Subsonica: quello che balla.
L’immagine: copertina di Terrestre (Subsonica, 2005).
Claudia Mancuso
(LucidaMente, anno I, n. 1, febbraio 2006)