Col suo nuovo disco, “Penelope, Sebastian” (autoprodotto), la giovane band emiliana affascina l’ascoltatore con un sound arioso e piacevole come una brezza primaverile
Una storia d’amore narrata all’incontrario, dalla fine all’inizio, coi suoi momenti di passione, esaltazione, malinconia, entro il triangolo nella quale si svolge: Londra-San Francisco-New York. Armonie e melodie luminose, struggenti, molto delicate.
A quattro anni dall’uscita del già interessante The Soft Century (2014), la giovane, ma già tecnicamente raffinata, band emiliana dei Winter Dies in June ha replicato lo scorso 13 aprile con l’autoprodotto Penelope, Sebastian (otto tracce tutte di buon livello). Un po’ racconto di una storia d’amore tra i due personaggi del titolo, un po’ concept album, ma soprattutto la costruzione di una mitologia amorosa, col proprio straniamento spaziotemporale. Il tutto espresso attraverso un suono luminoso e gradevole, quasi pop, con synth analogici, atmosfere british. E, soprattutto, la certezza che stiamo ascoltando canzoni, canzoni, semplici canzoni, che raccontano storie e sentimenti, con una freschezza ormai rara da riscontrare in altre produzioni.
E tra tutti i componimenti, forse quello che maggiormente esprime nella migliore forma e intensità – ma anche con la maggiore creatività – le peculiarità dell’intero cd è il secondo, Sands: un perfetto reticolo di luci colorate che avvolgono terra, mare, cielo, facendo volare l’ascoltatore verso metafisiche vette. La traccia 6 (Space) è quella più ritmata, ma anche con sorprendenti variazioni armoniche. Different narra con delicatezza del primo incontro dei due protagonisti, a un concerto, tra la folla: l’ambientazione esterna si alterna con le emozioni dei due giovani, provate all’inizio della loro storia.
Dello struggente pezzo d’apertura, Aeroplanes, che, come abbiamo detto, è anche quello “finale” della storia di Penelope e Sebastian, si può ammirare anche il bel videoclip. Con la solarità e la gioia di vita che promana dai Winter Dies in June, l’auspicio è che il lungo inverno, climatico ed esistenziale, di tutti noi, non muoia a giugno, ma sia già defunto ad aprile, con l’uscita del loro disco e le vicende dei due protagonisti… E, per concludere, ricordiamone, con gratitudine, gli artefici: Alain Marenghi, Andrea Ferrari, Filippo Bergonzi, Luca Ori, Nicola Rossi, con la partecipazione esterna di Sara Loreni, Marcello Batelli e Martino Cuman.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 149, maggio 2018)