Con il nuovo disco “Hai mai mangiato un uomo?” (produzione La Bionda Records), il duo Mirko Difrancescantonio-Fabio Pulcini raggiunge risultati sempre più accurati e perfezionati
Un brevissimo incipit (Intro, appunto) sconvolgente e luminoso, seguito da un limpido e pulito, aereo e impalpabile Senti il cielo come me. Due piccoli capolavori, che emozionano l’ascoltatore. E altri sette brani, tutti di buon livello, tra cantautorato, pop-rock, contaminazioni blues e trip hop di bristoliana memoria.
È il nuovo disco, uscito a fine gennaio 2018 (dopo l’esordio nel 2014 con Negli anni luce e il successivo ep Follie d’autunno), de iBerlino, ovvero il duo formato dai bolognesi Mirko Difrancescantonio e Fabio Pulcini. Il titolo è spiazzante: Hai mai mangiato un uomo? (produzione La Bionda Records). In effetti, sbaglierebbe chi pensasse a una produzione hard, con suoni violenti e provocazioni varie. Al contrario, le nove tracce parlano di esistenzialismo, smarrimento, disagio, rabbia repressa, voglia di libertà e liberazione. Un disco introspettivo… ma non troppo, che si muove all’interno di ambientazioni notturne, in riflessioni estreme, possibili, appunto solo dopo un vagabondaggio fino all’alba, senza meta o illusioni. Al valore lirico dei testi si aggiunge la ricerca accurata e continua di nuove sonorità maggiormente suggestionate dalle risorse elettroniche rispetto alle precedenti produzioni.
Insomma, un disco che ci fa pensare ad artisti che stanno crescendo sempre più verso la propria maturità musicale. E, se Pulcini è alla chitarra acustica, chitarra elettrica, sintetizzatori, e Di Francescantonio è voce, tastiera, e ancora sintetizzatori e chitarra elettrica, un enorme merito per la riuscita del lavoro va attribuito a Susanna Regazzi, indimenticabile voce femminile in Intro, Come andar di notte, Non si può vietare in un deserto e Neve (in quest’ultimo componimento ci trasporta verso la surrealtà, verso altri mondi). Una partecipazione che sorprende l’ascoltatore col proprio timbro misterioso, quasi mistico ed esoterico, e lascia un’impronta nelle melodie musicali del disco. Nel complesso, un’originale opera tra purezza e dannazione, tra ricerca della bellezza e scavo interiore, tra inquietudine e splendide solarità, tra consuetudine quotidiana e spazi contemplativi.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 148, aprile 2018)