Tra creatività, impegno, business e crisi, qualche riflessione girovaga sulla settima arte e la sua odierna evoluzione
Lo strapotere della televisione e un selvaggio sviluppo tecnologico hanno colpito brutalmente la forza eversiva del linguaggio filmico. Si può quindi dire che oggi la cinematografia sia “funzionale” ai poteri predominanti?
In effetti, già nella prima metà del secolo scorso, differenti generi cinematografici avevano fatto da cassa di risonanza a sistemi politici totalitari senza scrupoli, alimentando la linfa asfittica di quegli stessi poteri resi tronfi dal controllo autoritario-dittatoriale dei contenuti. Un uso politico bieco e strumentale dei mass media, eccelsi mezzi d’indottrinamento e propaganda, ha ripetutamente sparato al cuore del cinema. Al contrario, al termine della prima metà del Novecento, ambientazioni di povertà e devastazione post bellica avevano aperto il varco ai racconti del cinema italiano neorealista, impregnati di un nuovo impatto e stile, veri e propri capolavori della settima arte.
Dalle rovine di una crisi esistenziale-sociale diffusa e fortemente stratificata, è sorta una moltitudine di opportunità, culla e coacervo di successi, per regia e rappresentazioni. Al fianco di filoni diffusi e orientati a far cassetta, sono avanzate ed esplose, tra un mix di contraddizioni e problemi, commedia e amor diverità. Lungo la linea di scorrimento degli anni Sessanta e Settanta, e ai confini di un limbo intriso di sogni e speranze, si sono attraversate tracce di spaccati dalle indelebili connotazioni, prove magiche e insuperabili d’impegno e creatività, tanto forti da raggiungere le punte estreme di un nuovo riflesso politico e sociale.
Di sicuro, dalla prima proiezione dei fratelli Lumière, il 28 dicembre 1895, ad oggi, tappe importanti hanno costellato, per più di un secolo, la nascita e lo sviluppo dell’intera storia delle tecniche e dell’industria del cinema, pervadendo i campi della produzione, come quelli delle relativa distribuzione e gestione d’esercizio. Ma per una molteplicità di cause e varietà di ragioni, in primis lo strabordare dell’uso del piccolo schermo, l’industria dello spettacolo ha arrestato il proprio sviluppo, arretrando pure, in un contesto caratterizzato da processi d’inflazione e aumento del costo della vita. Il numero degli spettatori del grande schermo ha subito un calo violento, toccando i minimi livelli nel 1992. Attualmente, in presenza di un mercato dell’home video diffusosi vertiginosamente, si tentano, pur tra ondate fluttuanti, la reinvenzione e la ricerca di talenti e storie, coi salvataggi delle sale attraverso il recupero di un migliore e più qualificato interesse pubblico.
Oggi tutto il cinema, in particolare quello italiano, caratterizzato dal costante tentativo di esprimere la propria potente identità, prosegue un lento percorso di ripresa, pur costretto a fare costantemente i conti con le pari e superiori forze di altri circuiti, come quello televisivo e del mercato dei dvd, cui si sono aggiunti le dirette streaming e il diffondersi di videotelefoni e computer, con una rete incontrollata che mina costantemente le connotazioni tipiche sia del primario linguaggio filmico sia del relativo mondo a supporto.
Inoltre, lo sviluppo di un altro tipo di regia, quella legata allo sviluppo di tecnologie digitali, con l’alta definizione dei filmati, dando più sottile lustro a immagini e suoni, materializza l’intramontabile sfida di riconsegnare agli amanti del grande schermo la libertà di perseguire, un po’ provocatoriamente, la primitiva dignità ormai forse perduta. Ogni volta, la storia ripropone e ripete limiti e possibilità. Probabilmente, al di là di una raffinata rielaborazione di modelli e tecniche, resta in campo la plausibile soddisfazione di voler percorrere storie uniche, impreziosite da narrazioni evolute e pur capaci di veicolare con costante sforzo e passione tutte le componenti di un percorso in salita. E resta, espressione al contempo fantasiosa e veritiera, la testimonianza di un patrimonio rinnovabile solo all’insegna di azioni funzionali a un appropriato e definitivo tentativo di ripresa.
Margherita D’Amico
(LucidaMente, anno X, n. 115, luglio 2015)