Un caso da studiare proprio nel centro di Bologna: si chiama Lambanda, ed è un condominio che oggi ospita 16 coinquilini di tutte le età e formazioni. I quali condividono interessi, conoscenze e sogni, per sperimentarsi e vivere in autonomia
È passato un anno da quando il progetto è nato e oggi è diventato un modello innovativo di condivisione degli spazi, esempio per l’Italia e per l’Europa. Che lo si chiami “comune 2.0”, “co-living” o “start-up abitativa”, il risultato non cambia: siamo di fronte all’ultimo colpo di genio della popolazione bolognese, che ha iniziato 12 mesi fa questo esperimento sociale di co-abitazione.Siamo nel centro di Bologna, precisamente al numero 7 di via della Braina, proprio nell’edificio ai cui piedi si trova, aperto solo d’estate, il ristorante Scaccomatto agli Orti dello chef Mario Ferrara. Qui, su tre piani del condominio, si trova Lambanda, un unico grande appartamento che si estende su 1.000 metri quadrati e ospita, per ora, 16 coinquilini, che si organizzano autonomamente, condividendo esperienze e conoscenze, per essere quanto più possibile autosufficienti.

Ma certo a Bologna le alternative, sia in vendita, sia in affitto, non mancano e siamo certi che anche chi preferisce una soluzione abitativa più classica non avrà difficoltà a trovare la propria dimora dei sogni.

Nulla però sarebbe potuto accadere – è giusto dirlo – senza l’aiuto e il supporto sia materiale, sia ideale, della Fondazione Pisp (Pio Istituto Sordomute Povere), proprietaria di vari immobili in città, il cui vice presidente Massimiliano Rusconi ha fin da subito creduto e appoggiato, più di un anno fa, la proposta di questo alternativo modo di condividere spazi abitativi e, più in grande, la vita.

Dunque, squadre di lavoro con obiettivi precisi, in cui ogni coinquilino si propone e prodiga con le sue competenze e in base alle proprie conoscenze: c’è chi si occupa di catering e cibo in generale, chi di materiali da costruzione, chi delle importanti attività complementari che i residenti di Lambanda sostengono. Si tenga appunto conto che tutti gli spazi, come da accordi con l’affittuario, sono stati rigenerati completamente in proprio dai co-abitanti: chi compone questa squadra, infatti, si impegna a organizzare manifestazioni, performance artistiche e spettacolari o installazioni culturali di ogni sorta.
…e non è finita qui! Il co-living è una realtà nota a livello internazionale, soprattutto in America e a Londra, dove sta diventando un business, con nuove costruzioni pensate per chi cerca una casa in cui respirare e liberare il proprio estro creativo, pagando un affitto sostenibile. In Italia siamo agli inizi, ma il motivo per cui il caso bolognese è così particolare è che la sperimentazione non avviene, come negli altri paesi, in periferia, ma nel centro della città.Non è finita qui, si diceva. Da settembre via della Braina 7 si aprirà a nuovi, volenterosi, condomini. Infatti, è stata finalmente ultimata la ristrutturazione del secondo piano ed è, di conseguenza, partita la chiamata per nuovi attori di questo innovativo e romantico show. Il canale è sempre Facebook e può candidarsi chiunque abbia voglia di sperimentare e sperimentarsi, tramandare il proprio sapere, qualunque esso sia, e portare nuova linfa e ispirazione in Lambanda, il primo esperimento di co-living italiano.
sara spimpolo
(LucidaMente, anno XII, n. 141, settembre 2017)