Nel saggio “Casa Bianca-Italia” (PaperFirst) Alessandro Orsini sostiene che la nostra classe politica difenda per viltà gli interessi statunitensi anziché quelli nazionali. Le sue previsioni sulla Guerra russo-ucraina, intanto, si sono avverate
La divisione del mondo in due blocchi contrapposti – decisa nel febbraio 1945 nella Conferenza di Yalta – comportò che, nel Secondo dopoguerra, l’Italia fosse sottoposta all’egemonia degli Stati uniti. Le cupe vicende che hanno contrassegnato negativamente la nostra storia repubblicana vanno in gran parte ricondotte proprio ai condizionamenti esercitati dalla Casa bianca (leggi il nostro articolo Ottant’anni di oscure trame per indebolire la democrazia italiana). E anche oggi continua inesorabile il declino del Belpaese, ridotto ormai a debole stato satellite degli Usa.
Il «filo-americanismo politico» che danneggia l’Italia
Le costanti ingerenze esercitate dagli States nella politica italiana sono state denunciate da Alessandro Orsini – professore associato di Sociologia generale e Sociology of terrorism and political violence alla Luiss – nel recente saggio Casa bianca–Italia. La corruzione dell’informazione di uno stato satellite (PaperFirst, pp. 234, € 18,50). L’autore – nella Premessa e ringraziamenti – chiarisce che la corruzione da lui stigmatizzata «non ha niente a che vedere con il concetto di “tangente” o “bustarella”», ma si riferisce al giornalismo che «calpesta la verità sostanziale dei fatti per compiacere il potere politico».
Nella prima parte del volume il sociologo affronta proprio il tema della «corruzione dell’informazione», partendo dalla distinzione tra «il filo-americanismo culturale» e «il filo-americanismo politico». Il primo esprime un legittimo sentimento «di ammirazione e di amicizia» per la società statunitense, mentre il secondo implica un atteggiamento opportunistico «di cinica soggezione alla Casa bianca per ottenere benefici di carriera».
Giornalisti e politici servili
L’informazione servile ritrae gli Usa «in una luce sempre positiva», ne nasconde «i crimini contro l’umanità» e attacca «i critici della Casa bianca», come ad esempio fa spesso Bruno Vespa a Porta a Porta. Il giornalismo mainstream approva l’operato degli yankees e dell’Unione europea, senza esprimere giudizi negativi su Israele e i suoi sostenitori. Chi lo fa rischia di essere sanzionato come Sigfrido Ranucci, reo di aver svelato a Report «i legami tra Tajani e la lobby israeliana che cura gli interessi di Netanyahu».
Gran parte del nostro ceto politico è saldamente asservito agli Usa, anche «senza amare la società americana». Un esempio emblematico è rappresentato da Giorgia Meloni che, in passato, ha avversato gli States e il loro melting pot «basato sulla convivenza tra gruppi etnici, culturali e religiosi». Dopo l’ascesa al potere, tuttavia, l’attuale premier ha sospeso le critiche al mondo statunitense, seguendo sempre le direttive di Washington.
Le coraggiose denunce di Assange
Il sistema dell’informazione mainstream, comunque, in Italia è imperfetto e, pertanto, «alcuni spazi di libertà esistono e resistono». Orsini porta come esempio il Fatto Quotidiano e Cartabianca, che danno spazio alle voci – come la sua – contrarie all’isterismo bellico insorto dopo lo scoppio della Guerra russo-ucraina. Il sociologo ritiene che il giornalismo indipendente sia presente soprattutto sul web e, in particolare, segnala il quotidiano on line Sicurezza internazionale – da lui fondato – e Pubble, un canale aperto su YouTube da Paola Ceccantoni.
Molti siti internet, tuttavia, diffondono la propaganda filo-americana «usando le stesse tecniche della grande stampa». La “società aperta” non basta da sola a garantire un’informazione corretta: una nazione, infatti, «può essere libera e vivere nella menzogna». Occorre, quindi, anche il coraggio dimostrato da Julian Assange, che – pur rischiando severe ritorsioni – non ha esitato a denunciare su WikiLeaks i crimini commessi in Afghanistan dai soldati statunitensi.
Il «metodo del sospetto» e i suoi maestri
L’autore – nella seconda parte del saggio – spiega l’importanza che il «metodo del sospetto» riveste negli studi sociologici. L’espressione è mutuata da un concetto elaborato dal filosofo francese Paul Ricoeur, il quale ha parlato di «scuola del sospetto» a proposito di «tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda, Marx, Nietzsche e Freud», definendoli «i protagonisti del sospetto, i penetratori degli infingimenti» (Della interpretazione. Saggio su Freud, il Saggiatore).
Orsini ritiene, infatti, che i tre pensatori abbiano avuto l’indiscusso merito di «sollevare dubbi sulle narrazioni autocelebrative dei gruppi umani». Marx, in particolare, ha demistificato «il modo in cui i capitalisti hanno nobilitato il loro ruolo», svelando il «segreto dell’accumulazione originaria» dalla quale è scaturito il sistema capitalistico: l’espulsione violenta dei contadini dalle terre comuni, avvenuta in Inghilterra tra il XV e il XVI secolo, che «gettò sul mercato del lavoro una massa di proletari».
L’importanza del «realismo politico»
La terza parte del libro di Orsini è dedicata al «realismo politico», che è molto importante in ambito sociologico. Questo orientamento filosofico accomuna illustri pensatori italiani (Niccolò Machiavelli, Roberto Michels, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Luciano Pellicani) che hanno condiviso i seguenti principi: «la politica è essenzialmente conflitto generato dalla scarsità delle risorse»; «bisogna sempre diffidare di ciò che il potere dice»; «la società è guidata da minoranze organizzate e […] la lotta per il potere politico tra di loro determina il corso della storia»; «la separazione tra i sentimenti e i ragionamenti è sempre necessaria per capire la realtà»; il «realismo politico mette in guardia dal realismo […] usato per ingannare».
Pellicani, in particolare, ha teorizzato il «primato della politica» e, nel Saggio sulla genesi del capitalismo (SugarCo), ha datato la nascita della borghesia nell’XI secolo, durante la lotta per le investiture tra Impero e Papato.
La falsa promessa fatta da Baker a Gorbačëv
Il capitolo finale del saggio svela in che modo Michail Gorbačëv fu convinto ad accettare la riunificazione tedesca. Il 9 febbraio 1990 il segretario di Stato degli Usa Joseph Baker lo incontrò a Mosca, facendogli questa falsa promessa (come risulta da alcuni documenti desecretati del Dipartimento di Stato americano): «La Nato non si muoverà di un centimetro a est rispetto alla sua posizione attuale». E l’ultimo presidente sovietico commise l’errore di non pretendere la ratifica scritta dell’impegno preso dal suo interlocutore.
Il cancelliere tedesco Helmut Kohl garantì il finanziamento della malconcia economia sovietica «con 12 miliardi di marchi tedeschi» e persuase il Cremlino ad accettare solo promesse verbali. Gorbačëv, quindi, firmò il Trattato sullo stato finale della Germania (vedi Maria Giulia De Rosa, 12 settembre 1990 – Il Trattato sullo stato finale della Germania in https://massimedalpassato.it) che, tuttavia, «non riconosce “espressamente” alla Nato il diritto di includere tutti i Paesi dell’Europa dell’Est».
Le giuste previsioni di Orsini
Il leader sovietico non seppe gestire le trattative con gli Usa «in modo adeguato al suo ruolo di garante degli interessi dei russi». L’Alleanza atlantica, infatti, non ha esitato a espandersi verso Oriente e nel 2021 ha addirittura organizzato tre esercitazioni belliche in Ucraina. Joe Biden – convinto della debolezza dell’esercito russo – ha provocato la brutale reazione di Vladimir Putin, sperando di annientarlo attraverso una «guerra per procura». L’autocrate sanpietroburghese, invece, sta vincendo lo scontro militare e si è rafforzato politicamente.
Orsini ha formulato nel 2022 dieci previsioni sull’esito e le conseguenze geopolitiche del conflitto russo-ucraino che si sono avverate. Ne ricordiamo, in conclusione, le più significative: «la guerra finirà con la sconfitta e lo smembramento dell’Ucraina che perderà i suoi territori più ricchi e strategici»; «la Russia non rimarrà isolata a livello internazionale: godrà dell’appoggio della Cina»; «alla fine gli Stati uniti abbandoneranno l’Ucraina e l’Europa si ritroverà in ginocchio».
Le immagini: la copertina del libro di Alessandro Orsini e a uso libero e gratuito da Pixabay secondo la Licenza per i contenuti (foto di https://pixabay.com/it/users/clker-free-vector-images-3736/ e anaterate).
Giuseppe Licandro
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)
La spiegazione di tale “dipendenza” (non solo dagli Usa, ma anche dal Regno unito, e un po’ dalla Francia) è semplice: le clausole segrete allegate al Trattato di pace di Parigi del 1947.