Nata per essere libera, come ogni donna si trovò costretta alle maschere di una commedia sociale da lei non scritta. Elisabetta d’Austria-Ungheria, diventata Sissi durante i secoli, ci racconta, attraverso le sue poesie, una donna disillusa e imperfetta e una sensibile epigone di Heinrich Heine, poeta e intellettuale di cui la Germania, come disse Nietzsche, ha fatto dono all’Europa. Afflitta dal senso di colpa, anoressica, anticlericale, sensibile e antimilitarista, Sissi raccoglie la “divina cattiveria” (die göttliche Bosheit) di Heine e regala a un’Europa contemporanea, fiacca e smarrita, le memorie della sua storia.
L’infanzia – Elisabeth Amalie Eugenie dei Wittelsbach nasce a Monaco di Baviera il 24 dicembre 1837 da Massimiliano duca in Baviera e Ludovika, nata principessa di Baviera. La differenza fra il ramo cadetto dei duchi in Baviera e dei duchi o re di Baviera non solo separa di due o tre generazioni il ramo regnante dei duchi di Baviera dall’altro, ma lo distingue anche per il poco potere politico ed economico e per la scarsa rappresentatività che la famiglia del duca Max ha sulla scena politica del periodo. La famiglia di Elisabeth, chiamata Lisi dal padre, risiede nel grande castello di Possenhofen, situato sulle rive del lago di Starnberg, ed è formata dai numerosi fratelli ufficiali e dai tanti figli che il duca Massimiliano, uomo poco incline alla fedeltà coniugale, ha avuto da altre donne. La famiglia di Possenhofen è una famiglia legata alla tradizione ma anche una famiglia allargata, libertaria e non convenzionale, che intrattiene con il dovere un rapporto di diffidenza ed è per questo trattata dai Wittelsbach regnanti con indifferenza e sufficienza. Il nucleo familiare del duca in Baviera sa tuttavia creare, non senza l’aiuto di Ludovika, moglie tradita e paziente, un clima caldo e indipendente dalle convenzioni del tempo che sarà spesso definito come “dalla tintarella protestante”.
Il matrimonio – Il 24 aprile 1854 Elisabeth, a soli diciassette anni, sposa il cugino Franz Joseph, imperatore d’Austria dall’età di 18 anni e ragazzo onesto e gentile, politico incerto e poco incline alla doppiezza, caratteristiche che saranno in parte motivo dei futuri fallimenti diplomatici del sovrano in un palcoscenico internazionale basato sull’inganno e sulle strategie cavouriane. Elisabeth, nella cornice dorata, superficiale e opprimente della Corte, mostra ben presto insofferenza al contesto e al ruolo femminile imposto dalla società e dalle circostanze. Isolata dagli avvenimenti politici da una camarilla ottusa e rappresentativa, viene costretta al culto dell’apparenza con la pedanteria e puntigliosità dell’antico Cerimoniale spagnolo, salvo poi pretendere da lei sensibilità politica e diplomatica durante le lunghe udienze, verso le quali Sisi, così chiamata qualche volta dal marito, esprime in modo spavaldo uno sgarbato rifiuto. Come la sorella Maria Sofia, regina di Napoli, non prende minimamente in considerazione l’idea di piegarsi all’establishment. La zia e suocera Sofia, madre di Franz Joseph e sorella di Ludovika, donna energica e ingombrante, tenta di occuparsi, con risultati negativi, dell’educazione della nipote. L’avversione di Elisabeth per la zia sarà determinante nel rapporto con il marito e nel futuro fallimento del suo ruolo di imperatrice, di madre e moglie: la figura di Sofia è una figura forte, materna, amorevole, simbolo della maternità e della religiosità, una mamma come se ne trovano tante in Baviera e in Italia. Tuttavia il rapporto fra Elisabeth e Franz Joseph non sarà fallimentare solo per le interferenze materne, i caratteri di Sisi e Franz Joseph sono incompatibili: lei artistoide, vagamente colta, tendenzialmente frigida, troppo sensibile, creatura bellissima – come ebbe a chiamarla re Alberto II del Belgio – che ricercava le ali per poter spiccare il volo. Lui, Franz Joseph, tenero signore di buona famiglia, rispettoso e debole, con grossi problemi relazionali e grande voglia di stabilità. Due caratteri così si rispettavano, e anche molto, ma non avrebbero mai potuto costruire una stabilità affettiva. Elisabeth, fin dalla nascita della sua primogenita, dimostrerà poco attaccamento per i figli: ne avrà quattro, e, affidati dalla suocera alle balie, non ne sentirà mai la mancanza, finché, nata l’ultima figlia Maria Valeria, detta in ungherese “la prediletta”, riuscirà a sentire attaccamento e amore verso di lei.
Rodolfo – Il figlio maschio della coppia imperiale nasce il 21 agosto 1858, viene chiamato Rodolfo – come Rodolfo II, considerato il creatore della dinastia – con l’intento di condizionarne positivamente il destino. Rodolfo, trascurato dalla madre e dal padre, vittima della Corte, sarà educato come principe liberale e filoungherese – l’Ungheria era il paese prediletto da Sisi – e morirà suicida a Mayerling il 31 gennaio 1889: punterà la pistola alla tempia dell’amante Mary Vetsera e poi sparerà su se stesso. Sarà compianto come giovane di enorme cultura, di rara predisposizione alla politica e autentica speranza per un impero rinnovato, federale, autenticamente europeo, uno Stato multietnico ed en social che avrebbe potuto reggere gli equilibri del mondo davanti a una America sempre più potente e ad una Germania guglielmina antisemita che propugnava un ideale pangermanista.
Verso il niente – Elisabetta, alle prese con il suo senso di colpa di madre e moglie, dopo aver trovato un’amante al marito, la bionda e gentile Katharina Schratt, butterà il suo corpo e la sua anima in lunghi ed estenuanti viaggi in tutta Europa. Superdonna dalla magrezza eccessiva, avanzava con cinismo, amarezza e troppa sensibilità, vivendo da donna baudealairiana: anche lei coglieva fiori e paradisi inesistenti in un contesto nichilista. Come un D’Annunzio in gonnella, vestita di nero e senza alcun gioiello – li aveva infatti venduti tutti per conservare i soldi in Svizzera nel caso si fosse verificato un cambiamento costituzionale in Austria – vagava a bordo del suo cutter sul mare triestino, dalmata e greco e, affetta da motomania e attacchi di bulimia e anoressia, divorava velocemente strudel, uova e fette di torta sul terrazzino del “Miramare” per poi cibarsi solo di sangue di carne nel patio dell'”Akilleion” di Corfù. Il 10 settembre 1898, l’imperatrice, durante una sua breve visita a Ginevra, muore vittima di un attentato per mano di un povero obnubilato italiano, Luigi Luccheni. Non solo Elisabeth non era mai finita sotto le mire dei movimenti anarchici, ma era conosciuta anche come una sostenitrice di una repubblica austriaca. Per questi motivi apparve e appare ancora più sorprendente che proprio lei, anima non conforme, sia stata uccisa da un anarchico.
Il viaggio mediatico: la presenza-assenza – Dalla sua morte ha inizio per Elisabeth, diventata Sissi, un viaggio storico e mediatico che la porterà a diventare nell’immaginario comune la principessa dai lunghi capelli, la dolce moglie e madre bambina dei film e persino dei cartoni animati. Come ho infatti messo in rilievo durante il XIV Congresso Internazionale Simone de Beauvoir, alla memoria di Sissi sono dedicati all’incirca 205.000 siti web – nel momento in cui scrivo saranno sicuramente aumentati -, una lunga serie di film, un cartone animato e un musical dalle sonorità bellissime che vanta una sua pluriennale rappresentazione anche in Giappone. I secoli hanno dunque restituito un’immagine sbiadita e manierata di una donna dolce ed eccentrica disegnata da un universo culturale fallocentrico che tuttora usa le icone culturali come arma per condizionare, dirigere e censurare l’immagine della donna. A tutto questo Simone de Beauvoir, della cui morte ricorre il 20%B0 anniversario, ha dato il nome di “Presenza-Assenza” e, nel suo libro Il secondo sesso (Il saggiatore), ci spiega come la presenza storica della donna abbia quasi sempre significato per la donna stessa essere descritta e plasmata dagli schemi ideati dall’uomo: una presenza, innegabile ovviamente, che, per la sua riscrittura e censura, è diventata assenza.
Heine e disincanto dell’Europa – Elisabeth, appassionata lettrice e studiosa di Heinrich Heine – modello di intellettuale moderno che fece della lotta democratica la sua bandiera e della sua vita il simbolo della provocazione al pessimo e banale establishment che tuttora tiene le mani sulle armi e i mass-media – elaborò in forma poetica un diario degli eventi della sua vita parlando in modo crudo e straordinariamente attuale del suo mondo e del suo periodo storico. I pochi versi che seguono, da me tradotti e inseriti nel libro Specchi ad angoli obliqui. Diario poetico di Elisabetta d’Austria (Aracne), potrebbero infatti essere stati scritti per George W. Bush ed invece lo furono per Bismarck: “Predestinato, votato alla vittoria / Passi tu, grande Anima del Tempo // I popoli tu schiacci come credi […]”. Da questo breve esempio evinciamo quanto le poesie di Sissi siano una continua provocazione al politically correct, un costante tentativo di demistificare il mondo, la maternità, il matrimonio e la storia stessa. Spesso a queste poesie si rinfaccia un tono aspro, una visione poco scientifica del mondo, ed io sempre rispondo che non c’è cosa più bella della scienza e niente di più brutto dell’idea prestabilita di ciò che è scienza. Esse di certo sono la consapevolezza del lento declino di un mito, quello absburgico di magrisiana memoria, che Stefan Zweig ha immortalato nel suo libro Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo (Arnoldo Mondadori). Proprio questo sono le poesie di Elisabeth: ricordi, a volte impacciati, regalati da una donna europea ad un’Europa appannata e in cerca di passione verso la quale si rivolge costantemente il pensiero di chi scrive.
Un contributo con ottica e sensibilità analoghe a quelle espresse nel presente saggio è quello di Carolina Leonetti, Sisi: indomita imperatrice d’Austria. Una storia reale differente dal mito cinematografico, a partire dal nome! (in direfarescrivere, n. 9, 2006).
Un altro scritto, stavolta riferito al musical Elisabeth di Michael Kunze e Sylvester Levay, è Pia Douwes come Maria Callas? (in www.italiamusical.com di Andrea Duranti.
L’immagine: Copertina di Specchi ad angoli obliqui. Diario poetico di Elisabetta d’Austria (Aracne Editrice), dello stesso autore dell’articolo.
Matteo Tuveri
(LucidaMente, anno II, n. 21, settembre 2007)
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