“Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana riaccende i riflettori sull’attentato di Milano del 12 dicembre 1969, rischiando però di ingenerare confusione
Adriano Sofri, giornalista, scrittore ed ex leader di Lotta continua, ha recentemente pubblicato on line l’interessante e-book 43 anni. Piazza Fontana, un libro, un film, sull’onda emotiva suscitata dalla pellicola di Marco Tullio Giordana Romanzo di una strage, in programmazione dal 30 marzo nei cinema delle maggiori città italiane.
L’intento di Sofri è quello di confutare le tesi esposte da Paolo Cucchiarelli nel saggio-inchiesta Il segreto di Piazza Fontana (Ponte alle Grazie), di cui si è occupata anche la nostra rivista (cfr. A quarant’anni dalla strage che cambiò la storia italiana, in LucidaMente, n. 48, 2009). Al libro di Cucchiarelli si è liberamente ispirato Giordana per ricostruire cinematograficamente le trame che portarono, il 12 dicembre 1969, all’attentato della Banca nazionale dell’agricoltura di Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti. Nel film si parla anche della “defenestrazione” del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli e dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, per il quale sono stati definitivamente condannati lo stesso Sofri e i militanti di Lotta continua Ovidio Bompressi, Leonardo Marino e Giorgio Pietrostefani.
Cucchiarelli ha ipotizzato che negli innumerevoli attentati avvenuti nel 1969 (se ne contarono ben 22) ci sia stata la partecipazione sia degli anarchici che dei neofascisti. L’idea – alquanto peregrina, a parere di Sofri e anche nostro – è quella del cosiddetto “raddoppio” delle bombe: gli anarchici misero degli ordigni puramente dimostrativi, senza intenti omicidi, che furono “raddoppiati” da altri micidiali esplosivi piazzati dai neofascisti. A collocare la bomba nella banca milanese sarebbe stato l’anarchico Pietro Valpreda (mentre Pinelli era impegnato a disinnescare altre bombe dimostrative), “raddoppiata” subito dopo da un suo sosia, il nazimaoista Claudio Orsi. Nel film di Giordana, invece, si suppone che il primo ordigno possa essere stato collocato da Nino Sottosanti, un fascista somigliante a Valpreda infiltratosi tra gli anarchici, che poi sarebbe stato “raddoppiato” da una seconda bomba.
Cucchiarelli, sulla base della testimonianza resa da Pasquale Valitutti (un anarchico presente in questura la sera del 15 dicembre 1969), sostiene che Calabresi sia sempre rimasto nella stanza in cui si è svolto l’interrogatorio di Pinelli, conclusosi con il suo tragico volo dalla finestra (presumibilmente, dice lui, «per una manata che somiglia più a uno spintone»). Il film di Giordana, invece, discolpa il commissario, mostrando in una scena che egli è uscito dalla camera poco prima della caduta del ferroviere anarchico. Appare così del tutto ingiustificata la campagna scatenata contro di lui dal quotidiano Lotta continua, condensata efficacemente nella pellicola dalla scritta che si legge su un muro: «Calabresi assassino». Il regista, inoltre, ricostruisce l’ultima indagine condotta da Calabresi poco prima di morire, riguardante un traffico internazionale di armi ed esplosivi, lasciando intendere che il commissario abbia scoperto l’esistenza di Gladio e che forse proprio per questo sia stato assassinato.
Il film di Giordana si snoda con toni quasi espressionistici e un ritmo serrato che coinvolge gli spettatori, ma pecca un po’ nella ricostruzione dei fatti, a causa di talune invenzioni narrative che rendono troppo romanzata la trama e poco chiaro il reale svolgersi degli eventi (non convincono la dubbia tesi del “raddoppio” delle bombe, lo scambio amichevole di libri tra Calabresi e Pinelli alla Feltrinelli, il fantomatico dialogo tra il commissario e il capo dell’Ufficio affari riservati Federico Umberto D’Amato, l’improbabile scoperta del covo segreto di armi ed esplosivi, la raffigurazione ieratica, quasi da profeta votato al martirio, di Aldo Moro). Il film, comunque, tende a scagionare gli anarchici, facendo capire che furono i neofascisti veneti ad aver alimentato lo stragismo per fini eversivi, in sintonia con quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 21998 del 2005: «La responsabilità della strage di Piazza Fontana è di Freda e Ventura, anche se assolti nei procedimenti a suo tempo celebratisi a loro carico».
Le immagini: la locandina del film Romanzo di una strage e una foto della scena dell’eccidio.
Giuseppe Licandro
(LM MAGAZINE n. 23, 14 aprile 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 76, aprile 2012)
veramente lo scambo dei libri fra pinelli e calabresi c’è stato davvero.
ma perchè cazzo internet fa questo effetto sulle persone ignoranti? Tutti a dire cazzate quando potebbero documentarsi in modo approfondito e poi eventualmente dirne delle altre ma almeno su basi corrette?
Gentile lettore,
le faccio presente che forse è lei a non essere informato su come avvenne realmente lo scambio di libri tra Calabresi e Pinelli e la invito a documentarsi meglio, magari leggendo il libro di Sofri citato nell’articolo.
Nella libreria Feltrinelli di Milano non ci fu alcun incontro tra i due, perché Calabresi regalò a Pinelli “Mille milioni di uomini” di Enrico Emanuelli nel Natale del 1968, mentre Pinelli donò a Calabresi “L’antologia di Spoon River” nell’estate del 1969. Nel film si immagina che lo scambio sia avvenuto in libreria, quindi i fatti non sono stati ricostruiti fedelmente.
Sono stata a vedere il film, mi è piaciuto molto e non capisco tutte queste polemiche emerse. Ma cosa si aspettavano, una puntata di Mixer sul grande schermo?? Per fortuna l’arte se ne infischia e va avanti per la sua strada, riuscendo ad evocare e descrivere, per mezzo dell’immaginazione, i simboli stilizzati di fatti accaduti anche complicati come in questo caso