Poeti condannati, librai uccisi, volumi e reperti artistici distrutti. XXI secolo: come nel passato, la barbarie si espande
Lo scorso 21 ottobre Mohammed Rashid al-Ajami, alias Mohamed Ibn al-Dheed, il “poeta dei gelsomini”, si è visto confermare dalla Corte suprema del Qatar la condanna a 15 anni di carcere. L’accusa: aver composto una poesia in cui contestava la famiglia reale.
Al-Ajami era stato arrestato nel novembre 2011 e incriminato per aver incitato a rovesciare il governo e aver insultato l’emiro del Qatar attraverso un testo scritto nell’agosto 2010, mentre studiava Letteratura araba al Cairo, in Egitto. Nel novembre 2012 al-Ajami era stato condannato all’ergastolo, condanna ridotta in appello, nel febbraio 2013, a “soli” 15 anni, come si è detto, confermati pochi giorni fa. In realtà, secondo Amnesty International, la reale ragione dell’arresto era stata la “poesia dei gelsomini”, scritta dal letterato qatariota nel 2011 sull’onda delle proteste che, partendo dalla Tunisia alla fine del 2010, si erano propagate in tutta l’Africa del Nord e in Oriente. Il testo biasimava le autorità del Golfo persico con versi quali: «Siamo tutti la Tunisia di fronte alle elite repressive».
A stento, e rischiando coraggiosamente la propria vita, alcune famiglie del Mali, che da secoli custodiscono gli antichi tesori librari di Timbuctù, in pieno deserto subsahariano, sono riusciti a nascondere migliaia di volumi, sottraendoli alla furia jihadista. L’evento è recentissimo: l’occupazione del Nord del paese centroafricano da parte degli islamisti, sconfitti dall’intervento francese a inizio 2013. Durante la presa di Baghdad anti Saddam Hussein da parte degli statunitensi, furono invece gli stessi dipendenti del Museo nazionale dell’Iraq a portarsi a casa preziosi oggetti per strapparli ai saccheggi. Mentre si racconta che Omar Khan Massoudi, direttore del Museo nazionale di Kabul, abbia salvato preziose collezioni dalla furia talebana affidando a sette persone diverse le sette chiavi in grado di aprire un bunker del Palazzo presidenziale nel quale erano occultati i reperti. Ma non sempre vi è un – si fa per dire – “lieto fine”.
Il 25 agosto 1992, nel corso delle infinite guerre tra le etnie post ex-Jugoslavia, viene bruciata la Vijenica, la biblioteca di Sarajevo. E ritorniamo al fanatismo islamista. Sultan Kahn è un appassionato libraio afgano; più volte deve ricominciare da zero a causa delle continue angherie dei poteri politici che si succedono nel suo paese (il re, i sovietici, i mullah, i talebani). La sua vicenda ci viene narrata da Åsne Seierstad, inviata norvegese a Kabul nel 2001: «Quel giorno di novembre la polizia religiosa procedette con grande coscienziosità nella libreria di Sultan Kahn. Tutti i volumi con immagini di esseri viventi venivano tolti dagli scaffali e gettati nel fuoco. […] Insieme ai ragazzi, intorno al falò c’erano i soldati della polizia religiosa, armati di fruste, lunghi bastoni e kalashnikov. Erano persone che consideravano come nemici del popolo tutti coloro che amavano le immagini, i libri, le sculture, la musica, il ballo, i film e il libero pensiero […] alla fine non rimase che cenere […] Restò solamente il libraio, derubato dei suoi volumi più cari, con un soldato talebano alla sua destra e uno alla sinistra nell’automobile. I soldati chiusero il negozio e vi apposero i sigilli, Sultan fu portato in prigione per attività anti-islamica» (Åsne Seierstad, Il librario di Kabul, Rizzoli). E succede di peggio.
Mani e piedi legati e la gola tagliata. Così, il 18 aprile 2007, a Malatya (l’antica Melitene della Cappadocia romana), città nel nordest dell’Anatolia (Turchia), vengono ritrovati tre redattori della casa editrice Zirve. La colpa dei tre? Aver stampato la Bibbia e altri testi legati al Cristianesimo. Gaza (Palestina): la libreria di Rami Khader Ayyad – 32 anni, cristiano, due figli e una moglie incinta – era già stata incendiata nell’aprile 2007 dalla “Spada dell’Islam”, organizzazione affiliata ad Al Qaeda. La tragedia, però, accade il 6 ottobre dello stesso anno: qualcuno attende il tramonto e che il libraio chiuda la sua “Libreria degli insegnanti”, unico negozio di libri cristiani nella Striscia, per rapirlo e assassinarlo.
Continua, così, un’orrenda, millenaria, storia, che allunga le proprie ombre, rese ancora più spaventose da agghiaccianti bagliori, dal III secolo avanti Cristo, quando in Cina il fondatore della dinastia Ch’in ordinò di dare alle fiamme le opere di Confucio, alla primavera del 1933, col rogo hitleriano dei libri, che fece avverare la profezia di Heinrich Heine («chi brucia i libri presto o tardi arriverà a bruciare anche gli esseri umani»). Fanatismo, intolleranza, violenza, repressione. Odio verso la bellezza e l’arte perché sinonimi di libertà, di gioia, di piacere. Come ha scritto Florindo Rubbettino, direttore dell’omonima, benemerita casa editrice calabrese, riferendosi in particolare ai volumi (Libri e libertà), essi sono «antidoto alle verità uniche, strumenti di comprensione delle differenze, fortini di tolleranza, arma di sovversione». Ma, intanto, il Medioevo è già avvenuto, anzi non se n’è mai andato, non è mai scomparso. Non lo sapevamo, abbiamo fatto finta di non saperlo. E non crediate di salvarvi perché vi trovate in Occidente. La nostra civiltà è forse al crepuscolo (cfr. È vicino il tramonto dell’Occidente?) e anche da noi la bellezza sparisce, tra la volgarità, il vuoto, la stupidità, l’indifferenza (vedi La sottrazione della bellezza).
Rino Tripodi
(LM MAGAZINE n. 27, 18 novembre 2013, supplemento a LucidaMente, anno VIII, n. 95, novembre 2013)
“In Albania, dal settembre 2006, prima della pubblicazione tutti i libri devono essere depositati presso un ufficio competente. A stabilire tale censura preventiva è una legge dello stato.” Siete sicuri di questo info, lo avete verificato? Ho domandato 2 persone che scrivono e pubblicano in Albania, l’unico obbligo che conoscono è quello di donare alla biblioteca nazionale 5 copie del libro.
Abbiamo verificato, trovando però, in effetti, un solo riscontro. Quindi, fidandoci delle sue testimonianze, eliminiamo il riferimento. Grazie.