Il libro “Radio Scarpa, la chiacchiera corre veloce da reparto a reparto” (Apollo Edizioni) nasce dalla memoria dell’attività professionale dell’autore e propone una storia che è al contempo sia immaginazione sia possibile realtà quotidiana
Riportiamo l’intervento dello studioso bolognese Franco Franchi tenuto nel corso della presentazione in prima nazionale del romanzo di Andrea Ferri Radio Scarpa, evento svoltosi a Bologna nello scorso mese di maggio (vedi Corruzione all’ospedale).
L’uscita di un libro fresco di stampa è un evento stimolante e avvincente. Si tratta di un’aggiunta all’universo mai finito della letteratura. La presentazione dell’opera è poi una sorta di battesimo laico che apre l’accesso a nuovi contributi in grado di ampliare il campo della conoscenza.
Poi c’è la curiosità di avvicinare l’autore, di comprendere la ragione che l’ha indotto a intraprendere quel lavoro appassionato, faticoso, intrigante, sostenuto dalla volontà di dire non qualche cosa, bensì quelle cose – ovvero il messaggio intrinseco delle pagine scritte – auspicando che l’anonimo lettore abbia la compiacenza e anche l’umiltà del proselito. Nel contempo va lasciato allo stesso destinatario il pieno diritto di ricrearsi, distrarsi, poiché, come disse Torquato Tasso, la lettura «ci divertisce da molti delitti», secondo il significato originario del vocabolo latino delictum che richiama non truci avvenimenti ma le difficoltà e le offese arrecate dal vivere quotidiano. Volutamente, nel caso di Radio Scarpa, la chiacchiera corre veloce da reparto a reparto (pp. 196, € 10,00, Apollo Edizioni), di Andrea Ferri, non desideriamo fare alcun cenno alla trama del romanzo, poiché ci sembrerebbe di sottrarre una pur minima porzione al disvelamento dell’intreccio.
Preferiamo, in quanto le vicende narrate lo meritano, che il lettore si lasci prendere per mano dai capoversi e poi, pagina dopo pagina, si faccia avvincere da una narrazione che trasfonde partecipazione condita dal naturale senso di apprensione causato dall’intento di capire in anticipo che cosa succederà. Certamente il libro è frutto di una intelligente fantasia razionale: si parla di sentimenti, difetti e virtù dell’animo umano. In definitiva, l’eccezionalità degli avvenimenti va di pari passo con la normalità o l’anormalità (la differenza è più formale che sostanziale) presenti nella convivenza. Eppure, c’è qualcosa di più nella narrativa di Ferri. L’autore non si arresta compiaciuto dinnanzi alle vicende, preferendo offrire al lettore un messaggio interpretativo di stampo pedagogico, allegorico, certamente facilitatore di un processo intuitivo coadiuvato dalla prontezza e dalla opportunità meditativa.
Lo scrittore ha un modo di raccontare che merita una specifica riflessione. La narrazione in prima persona comporta alcune difficoltà. Facilmente s’incontrano piccoli tranelli letterari: Ferri li risolve con non comune scioltezza e addirittura ne capovolge le possibili conseguenze a favore della consecutività espositiva. Mutatis mutandis, c’è una convergenza tendenziale con il Verismo di Giovanni Verga. È passato oltre un secolo. Lo sfondo non è la provincia arretrata o la campagna intrisa di ingiustizia sociale; il libro è tuttavia un palcoscenico delimitato nel quale si dipanano le piccole e le grandi traversie che sospingono il percorso umano. Si tratta di un ambiente necessario, anzi prezioso, dove però possono annidarsi condizioni terribili. «Benvenuti nel fottuto inferno, il lato oscuro dell’ospedale», si legge a pagina 120 del romanzo. In ultima analisi, i luoghi narrati, pur così differenti da quelli verghiani, contribuiscono in maniera non dissimile a mettere a nudo gli aspetti profondi e tortuosi di rapporti sociali che non hanno soluzione di continuità.
Le esperienze letterarie dell’autore mostrano una notevole valenza poliedrica: da un lato le numerose pubblicazioni scientifiche, frutto dei suoi studi e della sua esperienza professionale, dall’altro un suo recente pamphlet in cui si parla della lunga camminata verso Santiago di Compostela. È una serena avventura annotata con dedizione, quasi una sorta di appendice a I diari della motocicletta, senza però significati reconditi né presunzioni ideologiche. La prerogativa dello scrittore è saper trarre dalle proprie esperienze un arricchimento indelebile, da utilizzare con genuinità e vigore in occasioni propizie. Questa sua intima caratteristica, Ferri non la preserva per se stesso. La mette generosamente a disposizione di tutti noi. Lo ringraziamo di cuore! Come disse Guillaume Apollinaire: «E sbuccio per i miei amici / l’arancia il cui sapore è / un meraviglioso fuoco d’artificio».
Le immagini: alcune foto della presentazione bolognese del 7 maggio 2018: al tavolo dei relatori si possono riconoscere, oltre a Ferri e Franchi, il nostro direttore, Rino Tripodi.
Franco Franchi
(LucidaMente, anno XIII, n. 150, giugno 2018)