Le elezioni del nuovo segretario e la ricostruzione di una propria identità
L’eterogeneità del Partito democratico dev’essere considerata una risultante della democraticità interna oppure un’esternazione del paradosso che sta alla base della sua nascita?
L’opposizione a Silvio Berlusconi era più forte della forze centrifughe, era una linfa vitale che teneva assieme il Pd e che riuniva tutta la sinistra italiana attorno alla difesa della legalità e alla lotta alla corruzione. Ma ad aprile qualcosa è cambiato: una legge elettorale perversa e delirante ha permesso che le due forze politiche da sempre avverse dessero vita a un governo altrettanto paradossale, sotto le vestigia del “bene del Paese”. Così il Pd, dopo essere stato capace di non vincere le elezioni, ha anche perso la faccia. Ciò ha aperto una frattura all’interno del partito, che ha fatto scoppiare tutte le contraddizioni ereditate dalla fusione tra Democratici di sinistra (Ds) e La Margherita.
La convivenza di anime vicine, eppure fortemente opposte riguardo ad alcune tematiche, era resa possibile solo dall’esistenza di un nemico comune. Caduto il velo della concordia, sono venute alla luce le fratture interne che si cercò di sanare mediante le primarie del 2012. Ma si sa che l’ostacolo non può essere continuamente evitato. Così un anno dopo, il Partito democratico ripropone le elezioni primarie per scegliere il segretario nazionale. La situazione però è mutata: prima di tutto non si elegge il candidato premier, ma il segretario; in secondo luogo a capo del governo non c’è Berlusconi, ma Letta.
Matteo Renzi invece c’è sempre. Ma questa volta i sondaggi lo danno in testa e il bacino del consenso si è fortemente allargato. Il sindaco di Firenze – così come Giuseppe Civati – rappresenta una sinistra avulsa dai giochi di potere del passato, che guarda ai grandi partiti europei e cerca di combattere l’ipocrisia del “bianco o nero”. Egli viene tacciato di essere il nuovo Berlusconi a causa del suo carisma e della sua verve oratoria; a questo proposito, vorremmo ricordare a una parte dell’elettorato democratico che la mancanza di questa qualità è esattamente il motivo per cui Pierluigi Bersani, alle ultime elezioni politiche, non ce l’ha fatta.
La sinistra italiana, così come la destra, ha bisogno di rinnovarsi, di emanciparsi dai dettami novecenteschi ormai obsoleti e di raggiungere un nuovo livello di sensibilità verso le problematiche reali, piuttosto che verso i canoni imposti da una lontana chimera ideologica. Il Pd ha una grande sfida davanti: qualunque sia il risultato che uscirà dalle urne, dovrà essere in grado di guardarsi allo specchio e ricostruire la propria identità a partire da ciò di cui l’Italia ha bisogno, anche a costo di sollevare polemiche e svelare tabù. E non tapparsi le orecchie all’ascolto delle parole liberalizzazione o meritocrazia, ma valutarle in base al criterio della giustizia sociale. In vista dell’8 dicembre, per dirla con Angelo Panebianco, ricordiamoci che «gli elettori, in democrazia, hanno sempre ragione». Nel bene e nel male, aggiungiamo noi.
Chiara Toneguzzo
(LucidaMente, anno VIII, n. 95, novembre 2013)
Temo che il PD viva in un altro mondo al pari degli altri partiti e vi ci sguazzi. Questa politica in genere non ha più senso. Il sistema è in stato comatoso (ben pagato dai sudditi), ma resiste il suo carattere dittatoriale (la democrazia sta nei sogni). Si pensi al significato che hanno le lotte fra i partiti quando alla fine il governo partorito dura, in media, 10 mesi: cosa può fare un ministro in 10 mesi? Cambiare l’andazzo burocratico? Procedere a serie liberalizzazioni? Far dimagrire la macchina statale? Possibile non esista un correttivo, un’alternativa a questa assurdità?
Gentile lettore,
la chiave è la legge elettorale, che permette a tutti di non perdere e a nessuno di vincere (se non lo stipendio). Aspettiamo con ansia il giudizio della Corte costituzionale sulla legittimità del Porcellum, sperando che venga formulata una nuova legge in grado di individuare un unico vincitore e renderlo pertanto responsabile nei confronti dell’elettorato.