Il 2 dicembre 1942 a Chicago, all’interno del Progetto Manhattan, al quale lavorava tra gli altri Enrico Fermi, si ottenne la prima reazione a catena autosostenuta e controllata. Nasceva così la prima pila atomica. Sin da allora molti sono stati gli oppositori all’uso e alla produzione di questa energia. Inquinamento, accumulazione del capitale, pericolo di guerra nucleare, mancanza di sicurezza dopo il disastro di Chernobyl. E così, sotto l’ombra di questa sciagura, nel 1987, gli italiani, con un referendum, sono chiamati a esprimersi sul nucleare. L’80% dei votanti si oppone. Rimane un’eredità di quattro centrali (Latina, Garigliano, Trino Vercellese e Caorso) con scorie radioattive ancora presenti nel territorio.
Il 9 luglio scorso il Senato approva in quarta lettura il ddl che, di fatto, aprirà il ritorno all’energia nucleare in sei mesi. Il dibattito è aperto. Molti credono che questa sia la soluzione alla crisi e alla crescita del fabbisogno energetico che gli esperti prevedono raddoppierà nei prossimi anni. Altri vedono in questo ritorno più che altro interessi politici, un pessimo investimento futuro, scorie accumulate e la morte della ricerca delle rinnovabili. Ma cosa sappiamo di questa energia? Come si produce? Quali sono i veri pericoli? Conviene all’Italia investirci? Fino a che punto sono arrivati gli studi?
Ne abbiamo parlato con tre esperti del settore: un ingegnere nucleare, un fisico e un ambientalista, dei quali, su richiesta degli stessi intervistati, si ometteranno i nomi.
È così semplice come sembra? Come si produce l’energia nucleare?
FISICO: «La produzione di questa energia è molto più semplice di quanto si possa immaginare. Lasciando da parte la ricerca attuale, le cose non sono cambiate tanto, le centrali convenzionali funzionano a fissione, un fenomeno che si produce quando un atomo viene bombardato con neutroni. Questo atomo, a sua volta, viene diviso in due elementi e così via, formando la cosiddetta “reazione a catena”. Dov’è andata la massa persa? Si è trasformata in energia. Questa viene poi inviata attraverso le turbine e si crea vapore. Adesso la nostra centrale diviene identica a qualsiasi altra centrale elettrica».
Qual è il pericolo?
FISICO: «Il riscaldamento. La fissione produce calore e l’acqua dei fiumi è abitualmente l’elemento che viene usato per il raffreddamento del nocciolo (che deve stare sempre a una certa temperatura perché un eccessivo riscaldamento provocherebbe ciò che è successo a Chernobyl). Perciò le centrali sono costruite vicine alla costa o a grandi fiumi».
Quali sono i grandi svantaggi dell’energia nucleare?
FISICO: «Sono due. Contrariamente a ciò che ci si vuole far credere, questa è un’energia cara, il nostro paese non possiede uranio e dovrebbe così importarlo da altri paesi. La realizzazione della centrale, inoltre, si prolungherà per dieci anni e il suo futuro smantellamento comporterebbe spese esorbitanti, per non parlare della sicurezza. Secondo i dati della rivista scientifica Le Scienze presenti in un articolo di Frank N. von Hippel, il plutonio che hanno immagazzinato i reattori del Regno Unito e della Russia per uso civile era di circa 120 tonnellate alla fine del 2005, una quantità sufficiente a realizzare 15mila bombe atomiche. L’altro grande problema ancora irrisolto è quello delle scorie nucleari. Le scorie cosiddette di “terzo grado” e che, pertanto, hanno una radioattività elevata e un decadimento fino a 100mila anni. Sono state proposte diverse soluzioni: mettere le scorie sotto terra (in caso di errata decisione sarebbe impossibile recuperarle), nel fondale marino o, quello che si fa attualmente, accumularle in grandi fusti che, secondo i dati di von Hippel, costano quasi un milione di dollari l’uno; e se pensiamo che ogni anno un reattore da 1.000 megawatt brucia abbastanza combustibile da riempire due di questi fusti… La realtà è che non sanno che farsene delle scorie».
AMBIENTALISTA: «Io sono un ambientalista ma potrei lasciare da parte il fatto dell’inquinamento. Obiettivamente i tre grossi problemi sono il decommissioning, le scorie e i costi».
INGEGNERE NUCLEARE: «L’energia nucleare è possibile solo in paesi dove c’è un grande investimento statale come la Francia. La costruzione di nuove centrali non ridurrà il costo della bolletta».
Addio al referendum del 1987. Perché ritornare adesso a questo tipo di energia quando l’Italia ha deciso di chiudere le quattro centrali e scegliere altre vie energetiche?
FISICO: «L’energia nucleare è una questione di potere e di accumulo del capitale. Negli anni Settanta c’era il motto “piccolo è bello” e io sono di questa idea, ossia che sia meglio avere più centrali, ad esempio idroelettriche, nelle mani di molti, che non un’unica centrale nucleare in mano a uno solo che ovviamente in tal modo deterrà potere e monopolio».
INGEGNERE NUCLEARE: «L’energia, come la scuola, è una realtà che non può essere cambiata quando cambiano i governi. Si tratta di aprire un dibattito e scegliere una via, perché in questo caso, ad esempio, è una scelta che rimandiamo ai nostri figli».
Ma ci favorisce o ci pregiudica questa opzione a livello economico?
INGEGNERE NUCLEARE: «Il governo ha sbagliato vent’anni fa dicendo no al nucleare, ma ormai è una stupidaggine maggiore tornarci. A livello economico non conviene. Una centrale, come sappiamo, ha dei costi elevatissimi e comincerà ad essere produttiva fra vent’anni. Addirittura oggi come oggi non abbiamo la tecnologia per costruire una centrale perché abbiamo abbandonato questa via vent’anni fa, quindi dovremmo pagare la Francia, ad esempio, per farla realizzare».
FISICO: «Anche nell’ipotesi che il governo riesca a costruire quattro centrali nucleari, che ce ne faremo fra vent’anni di 4.000 megawatt di potenza? Tra l’altro l’energia prodotta è comunque elettrica. Ma questo non ci renderà autosufficienti, avremmo sempre bisogno del carbone e del petrolio».
AMBIENTALISTA: «Sempre nell’ipotesi che si riescano a costruire, nonostante le proteste che sicuramente si solleveranno… Ma, in ogni caso, nel frattempo ci sarà un grande giro di soldi».
Ma è possibile in un territorio come il nostro costruire queste centrali? C’è chi dice che, dal momento che compriamo l’energia nucleare alla Francia, non sarebbe meglio produrla noi?
AMBIENTALISTA: «Le centrali devono essere costruite a una determinata distanza dai nuclei abitati, cosa difficile in Italia. In più il nostro è un territorio sismico. Dove pensano di costruirle, negli Appennini?».
FISICO: «Beh, non ha senso dire che se c’e una centrale a Grenoble tanto vale farla a Torino perché il raggio d’azione degli effetti è inversamente proporzionale alla distanza; più distanti siamo dalla centrale, meno conseguenze soffriremmo in caso d’incidente».
INGEGNERE NUCLEARE: «Per me è soprattutto una questione etica. Se non vogliamo costruire le centrali qui perché sono pericolose non dovremmo neanche comprare questa energia. È bene per i francesi avere il nucleare e invece per noi è pericoloso?!».
Con l’investimento nella ricerca dell’energia nucleare quale sarà il futuro delle energie rinnovabili?
INGEGNERE NUCLEARE: «È un luogo comune dovuto alla cattiva informazione. In Italia da vent’anni non si fa niente per le energie rinnovabili. I mulini a vento non andavano bene alle associazioni ecologiste per l’impatto visivo, i pannelli solari non potevano essere costruiti nel centro storico per lo stesso motivo… Per fare un osservatorio di biogas ad Alessandria ci abbiamo messo più di un anno. In Germania ogni grossa fattoria ha un impianto di questo tipo. Il risultato è che l’Italia è molto indietro nello studio di queste energie».
FISICO: «In cantiere ci sono tanti progetti sulle rinnovabili. Recentemente Le Scienze ha pubblicato un articolo che spiega un progetto per ottenere energia con una grande distesa di celle fotovoltaiche nel sud-ovest degli Stati Uniti. L’energia in più prodotta di giorno potrebbe essere immagazzinata in aria compressa in caverne sotterranee, disponibile di notte».
Ma è possibile vivere solo di energie rinnovabili?
AMBIENTALISTA E FISICO: «Ora come ora no».
INGEGNERE NUCLEARE: «Io non credo che tutto debba basarsi sulle rinnovabili o sul nucleare. Dovremmo puntare su un pannello energetico equo, 15% di nucleare, 10-15% di idroelettrico, 20% tra biomassa, eolico e solare e il resto in combustibili fossili: non dipendere in maniera esagerata da nessuna. Una volta avuta la centrale nucleare bisogna farla lavorare al 100% ma la sera si brucia solo un terzo dell’energia che consumiamo di giorno perciò avendo solo nucleare si perde molta energia. La sera, conviene un altro tipo, elettrica ad esempio».
TUTTI: «Una delle soluzioni più veloci ed efficaci è il risparmio».
FISICO: «Non solo a livello individuale, ma anche migliorando la catena di produzione e distribuzione di energia perché dobbiamo essere coscienti che del 100% dell’energia prodotta solo il 20% arriva a noi, l’80% si perde in produzione e distribuzione».
Quale sarà il futuro?
INGEGNERE NUCLEARE: «Adesso si parla molto del nucleare di IV generazione, non dobbiamo dimenticare che questo è nel piano della ricerca, e che, nel caso vada avanti, i primi progetti saranno possibili forse nel 2030».
AMBIENTALISTA: «Io non credo che non si debba finanziare la ricerca. Anche se si trovasse un nucleare che, come dicono, non sia pericoloso e non provochi scorie io sarei d’accordo a intraprendere quella via, ma purtroppo non è ancora possibile».
Un’ultima domanda. Se adesso ci fosse di nuovo un referendum per decidere se tornare al nucleare quale sarebbe secondo lei la risposta degli italiani?
AMBIENTALISTA: «Negli anni Ottanta la differenza era di 80 a 20, oggi forse sarebbe di 60 a 40».
INGEGNERE NUCLEARE: «Sarebbe no».
FISICO: «Risponderebbero di no».
L’immagine: particolare di Al paese nero (1893 circa, Paris, Musée d’Orsay) di Constantin Meunier (Etterbeek, Bruxelles, 12 aprile 1831 – Ixelles, Bruxelles, 4 aprile 1905).
Sara Diaz Gonzalez
(LM MAGAZINE n. 9, 15 ottobre 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 46, ottobre 2009)