Viaggiare è diventato facilissimo: dai voli a prezzi stracciati alle app per trovare sistemazione, una meta può essere “nostra” con pochi semplici click… Ma è tutto oro ciò che luccica?
È arrivata l’estate. Migliaia di ombrelloni riempiono le spiagge, colorandole. Voli low cost affollano i cieli. Orde di visitatori invadono le città. Consistenti migrazioni verso ogni parte del mondo impongono una riflessione: il settore del turismo ha subito un boom senza precedenti, una crescita destinata a non arrestarsi di fronte ad alcuna crisi, poiché i prezzi sono sempre più bassi e le destinazioni sempre più accessibili.
Se in passato progettare una vacanza richiedeva infatti tempo e pazienza, tanto da doversi rivolgere ad apposite agenzie, oggi non vi è più bisogno di intermediari: si può prenotare online, in totale autonomia. I siti web delle compagnie di trasporti consentono di confrontare le tratte, programmare gli itinerari e acquistare i biglietti più convenienti. Piattaforme di home sharing, da AirBnb e Booking fino alle più peculiari Roomorama e Couchsurfing, permettono al turista più esigente di visionare eleganti appartamenti in centro e a quello con più spirito di adattamento (o, probabilmente, con il portafoglio meno pieno) di pernottare sul divano-letto di un gentile ospitante del posto (Home sharing, aria di boom. Scopriamolo in 10 siti, da la Repubblica). Ogni fase del viaggio è personalizzabile, adattabile alle esigenze e preferenze del consumatore. Sì, perché il turismo è divenuto una vera e propria industria e vende, come ogni business, i propri prodotti a coloro che ne usufruiscono.
È giusto considerare le città, le culture, i paesaggi naturali dei prodotti di scambio? Molti sostengono di no e che questa visione non faccia altro che deteriorare il territorio oggetto di visita. Da una parte la globalizzazione ha favorito l’interazione di molteplici popoli e facilitato la conoscenza di altri usi e costumi: persone da tutto il mondo hanno oggi la possibilità di incontrarsi, scambiarsi storie e idee. Dall’altra è così semplice spostarsi e conquistare nuove mete che queste sono sempre meno “sentite”.
Si potrebbe portare l’esempio dei fast-food che infestano le città: ristoranti che offrono cibo standardizzato in ogni paese e completamente lontano dai piatti tipici, eppure spesso pieni di turisti. Si potrebbe riflettere sulla capillarità dei mezzi di trasporto, così come sulla rapidità con cui Google Maps ci conduce nel punto in cui vogliamo andare: non ci si “perde” più, scoprendo la località nei suoi angoli nascosti; si tende a concentrarsi nei punti nevralgici e turistici, luoghi-simbolo da fotografare, trascurando il resto. Un altro esempio lampante: la nuova frontiera del viaggio vede promotrice in prima linea la compagnia aerea low-cost Ryanair, con voli a pochi euro che arrivano la mattina e ripartono la sera del giorno stesso. La priorità del viaggiatore non è viversi un luogo, è dire di esserci stato e poterlo dire di più posti possibile. Talvolta, addirittura, non importa nemmeno il dove si è stati (Viaggi al buio: paghi 100 euro e non sai dove vai, da Si Viaggia).
Viene a mancare la connessione con il territorio e con essa l’empatia e il rispetto verso i suoi abitanti e i suoi spazi. Ed è così che la località rischia di diventare un parco divertimenti, in tutto e per tutto al servizio del visitatore, che non sempre sa comportarsi adeguatamente. Il fenomeno del turismo incivile è figlio di questo sentirsi proprietari di una meta sol perché si è pagato per raggiungerla. In Italia c’è chi si tuffa nei canali a Venezia, chi perpetua oscenità in pieno centro a Firenze, chi urina su chiese e monumenti a Roma… e questi sono solo alcuni dei tanti atti irrispettosi che si consumano con l’arrivo della bella stagione.
Il viaggiatore “mordi e fuggi” è deresponsabilizzato e, per il poco tempo che ha a disposizione, punta a sfruttare al massimo il luogo in cui si trova. Il primo istinto sarebbe quello di sbarrare, per quanto possibile, le porte dell’accoglienza, come alcuni sindaci hanno già provato a fare (Turisti incivili, non possono diventare i padroni, impuniti, d’Italia, da Non Sprecare). Ma è una soluzione che andrebbe a penalizzare sia i commercianti del posto, sia quella fetta di turismo educato che, sebbene in minoranza, certamente non manca. Che fare, dunque? In realtà non vi è una soluzione semplice, soprattutto nel Bel Paese. Le bellezze italiane sono particolarmente fragili e si prestano al decadimento anche senza il tocco di un irresponsabile forestiero. Si potrebbe tutelare maggiormente il nostro patrimonio culturale e artistico, ponendo restrizioni e punendo maggiormente i trasgressori. È inoltre interesse in primis del fruitore rispettare il territorio che lo ospita (Essere rispettosi: consigli per un turismo sostenibile, da LucidaMente). In attesa di vedere quali (spiacevoli) sorprese e folli trovate ci regalerà l’ondata di visitatori di quest’anno.
Le immagini: turisti scattano foto alla fontana della Barcaccia, a Roma (Bumble Dee / Shutterstock.com); folla di visitatori a Venezia (public domain).
Alessia Ruggieri
(LucidaMente, anno XIII, n. 151, luglio 2018)