In questo lungo periodo di lockdown, a causa dell’isolamento, ognuno di noi sta radicalizzando le proprie convinzioni. In particolare, i soliti antifascisti radical chic
Forse per il minor numero di sollecitazioni esterne e per l’assenza dell’usuale sovraccarico di contaminazioni e stress psicologico di origine sociale, durante questi lunghi mesi di “quarantena” ognuno sta riscoprendo aspetti di sé che, in qualche caso, finora erano stati tenuti nascosti o almeno protetti dalle potenziali minacce del mondo esterno, spesso percepito come arrogante e ostile. Fare introspezione di per sé è positivo ma il rischio è di esasperare qualcosa che comunque era già in atto prima del lockdown.
Ognuno sta tornando anzitutto a udire, quindi ad ascoltare con più attenzione e disponibilità, quella voce interiore che ci piace spesso identificare come la nostra più intima e alta missione, a prescindere dalla propria ideologia o filosofia di vita. Ecco allora nascere una riflessione poco politically correct: che cosa sta facendo di questi tempi l’elettore medio di sinistra, sia esso un radical chic o un fedelissimo marxista, che già da prima della quarantena additava come fascisti tutti coloro che non condividevano opinioni o mode ispirate alla cultura, appunto, di “sinistra” (l’unica giusta)? Compito del “bravo” antifascista è non solo far propaganda, specialmente ove non richiesto o persino inadeguato, bensì scovare per tempo e ovunque quei (presunti) fascisti intenti ad architettare una seconda marcia su Roma. Ma che magari sono solamente cittadini non schierati e liberi da preconcetti. Il vero fascismo è un orrore da condannare e da prevenire. Non è però tutto “fascista” ciò che ci circonda oggi e un conto è soffocare fuochi di indubbia natura estremista che ne vorrebbero il ritorno, un conto è additare e giudicare sbagliato, e per forza portatore di quella bandiera, chi non la pensa come noi.
O allineare la Resistenza dei partigiani con la resistenza al coronavirus. O cantare ripetutamente Bella ciao dai balconi o per strada, infrangendo gli attuali protocolli di sicurezza, per rimarcare la lotta al nemico invasore (che andrebbe anche una buona volta definito storicamente sul piano dei fatti oggettivi: gli angloamericani). Insomma, una caccia alle streghe in piena regola, con tanto di inquisizione moralista additatrice di peccatori senza salvezza. Eccolo allora il sinistroide dormire sonni tranquilli dopo aver scovato, accusato ed etichettato una giusta dose di fascisti anche durante una quarantena, sui social, in tv, nella cerchia di conoscenti, parenti e amici con cui è in contatto, con la coscienza ripulita dall’aver assolto bene alla propria vocazione.
Almeno secondo lui, stringendo forte quel Capitale di Karl Marx al quale aggrapparsi in modo tanto pedissequo che neanche l’integralista più desideroso delle proprie uri. «Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati» (Bertolt Brecht). Un meme diffuso sui social prima del coronavirus recitava: «Eravamo così impegnati a combattere l’olio di palma da non aver visto avanzare quello di ricino». A parte che non abbiamo visto arrivare neanche la pandemia che già avevamo sotto al naso, rendiamoci conto che, debellato il contagio, altro che fascisti e oli, altro che Mes e austerity: ad attenderci troveremo un pianeta che dei nostri sfruttamenti insostenibili si era già stancato da un pezzo. Una Terra che ha approfittato del SARS-CoV-2 per rifiatare un attimo, riempiendosi nuovamente i polmoni di un’aria un po’ meno inquinata del solito. Cambieranno gli equilibri geopolitici? Faremmo prima forse a cambiare testa noi. Dovremmo preoccuparci anzitutto di questo, ognun per sé, ognuno a proprio modo. Ma tutti insieme.
Le immagini: ironica prima pagina di Libero del 3 maggio scorso.
Mauro Dallezolle
(LucidaMente, anno XV, n. 173, maggio 2020)