Presso le Serre dei Giardini Margherita proiezioni di sei film provenienti dai Paesi delle comunità migranti, per cambiare la narrazione di un fenomeno attuale e spesso avvertito in modo stereotipato
La narrazione della migrazione, specialmente negli ultimi tempi, si muove sempre all’interno degli stessi codici, barconi/emergenza/sofferenza/vittimismo, generando un’unica lettura del fenomeno, prevalentemente negativa. C’è chi prova però a raccontarlo in modo diverso, per far emergere altri aspetti e per provare a esaminare il tema da un altro punto di vista.
È il caso della rassegna bolognese Immaginarti: visioni meticce, progetto della cooperativa sociale Arca di Noè, dell’associazione Kilowatt, della rete Baumhaus, dell’organizzazione Snark-space making e della compagnia teatrale Cantieri meticci, con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Sei appuntamenti, fino al 12 settembre 2018 alle Serre dei Giardini Margherita, in via Castiglione 134 a Bologna, dedicati al cinema dei migranti, e una festa finale il 27 settembre aperta a tutti. I film in programma provengono dai Paesi di origine delle comunità presenti nel capoluogo emiliano e appartengono ai generi classici del cinema: horror, fantascienza, western, thriller, commedia. La rassegna è iniziata il 18 luglio scorso con Crumbs (Miguel Llansó, 2015, 68’), il primo film di fantascienza etiope; il 25 luglio è stata la volta di A girl walks home alone at night (Ana Lily Amirpour, 2014, 97’), un horror vampiresco iraniano; si prosegue il 1° agosto con The Nile Hilton Incident (Tarik Saleh, 2017, 106’), thriller egiziano ambientato all’alba della primavera araba. L’8 agosto toccherà a Marlina murderer in 4 acts (Mouly Surya, 2017, 93’), un western al femminile dall’Indonesia.
Gli ultimi due appuntamenti saranno il 5 e il 12 settembre con My Pure Land (Sarmad Masud, 2017, 95’), action drama anch’esso al femminile ambientato in Pakistan e tratto da una storia vera, e Nothingwood Party (Sonia Kronlund, 2017, 85’), documentario su Salim Shaheen, definito l’«Ed Wood afghano». Tutti i film sono stati scelti per un motivo preciso: essi raccontano in modo diverso gli usi e l’immaginario delle comunità migranti, distante dagli stereotipati codici di sofferenza, ma entrando più nello specifico delle culture da cui arrivano.
Ecco, allora, le eroine di Marlina e My pure Land, donne che si trovano a dover vestire panni maschili per far valere i propri diritti in Paesi dove la parità dei sessi è ancora lontana. Oppure il simpaticissimo Salim Saheen, che ci regala un’immagine dell’Afghanistan divertente e ben distaccata da quella generalmente rappresentata dai media. Un altro elemento interessante è dato dalle biografie dei registi: tranne Mouly Surya e Sonia Kronlud – che raccontano l’una la propria terra, offrendoci un affresco dell’isola di Sumba, in Indonesia, l’altra l’Afghanistan, regalandoci la versione ironica di un luogo solitamente noto alle cronache per guerra, terrorismo, orrore – gli altri sono a loro volta migranti o figli di coppie miste: Tarik Saleh è nato in Svezia da madre svedese e padre egiziano; Sarmad Masud è anglo-pakistano; Miguel Llansò è spagnolo e trascorre lunghi periodi dell’anno in Etiopia, dove realizza i suoi film; Ana Lily Amirpour è nata in Inghilterra da genitori iraniani ed è naturalizzata americana. Gli stessi autori, dunque, ben rappresentano un mix di culture differenti, di mondi che si incontrano e che si intrecciano, dando vita a nuovi immaginari e narrazioni.
Lo scopo della rassegna è proprio quello di far riflettere sul tema dell’“altro”, che è diverso e spesso spaventa solo perché non si conosce. Inoltre, vuole provare a rappresentare le comunità migranti in modo alternativo, andando oltre la disperazione e la miseria, per far emergere aspetti della storia e della tradizione che non sempre vengono raccontati e possono essere utili per comprendere e conoscere. In questa direzione vanno anche altri due elementi della rassegna: L’Altra faccia di, un progetto di video partecipativo promosso da Arcà di Noè e rivolto a giovani migranti.
I risultati del laboratorio di ripresa, sceneggiatura e montaggio vengono mostrati prima di ogni film e descrivono le vicende personali dei protagonisti e le difficoltà del trovarsi a contatto con una cultura diversa dalla propria. La serie di audiodoc Vediamoli a casa loro!, diffusi anch’essi prima delle proiezioni, è invece l’esito di un’indagine sull’uso di pellicole e serie tv all’interno delle comunità migranti cittadine condotta da Snark, che ha fatto scoprire, per esempio, una commedia indiana su Osama Bin Laden. Linguaggi dissimili – cinema, documentari, audio –, storie e tradizioni lontane si trovano però a condividere lo stesso luogo, Bologna, che diventa l’elemento di unione, la città comune, il punto di incontro e di condivisione. Al termine della rassegna, il 27 settembre, si terrà, presso il parco cittadino del Dopolavoro ferroviario, in via Sebastiano Serlio 25/2, una festa conclusiva rivolta alle comunità migranti e a tutti coloro che vorranno partecipare. Perché l’incontro e la conoscenza sono sempre i migliori antidoti alla paura e iniziare a diffondere modalità di lettura alternative al tema dell’immigrazione – che vadano oltre gli stereotipi emergenza/minaccia o vittime/sofferenza – inizia a essere un dovere.
Il programma completo della rassegna a ingresso libero Immaginarti: visioni meticce, che si tiene presso le Serre dei Giardini Margherita, in via Castiglione 134 a Bologna, nelle date indicate fino al 12 settembre 2018, dalle ore 21,30 alle ore 23,30, è consultabile al sito https://leserre.kilowatt.bo.it/. I film sono tutti in lingua originale e sottotitolati in italiano. Festa finale il 27 settembre presso il parco del Dopolavoro ferroviario, in via Sebastiano Serlio 25/2 a Bologna.
Le immagini: il manifesto della rassegna di cinema sui migranti Immaginarti: visioni meticce, fino a settembre 2018 alle Serre dei Giardini Margherita di Bologna.
Elena Giuntoli
(LucidaMente, anno XIII, n. 152, agosto 2018)