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Home DALL'ITALIA

Io, Gallinari e le Brigate rosse

Dalla redazione by Dalla redazione
14 Gennaio 2013
in DALL'ITALIA, INTERVENTI/RIFLESSIONI, TEMATICHE CIVILI
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Riflessioni di Antonio Iosa, gambizzato nel 1980 dai terroristi, sulla morte del br. La polemica con Molinari e le scarcerazioni facili

Come vittima delle Brigate rosse, ferito gravemente il 1° aprile 1980, agli inizi degli anni Novanta, sono stato accusato di non avere cuore per le condizioni di salute di Prospero Gallinari, terrorista delle Brigate rosse, che scontava la pena dell’ergastolo in carcere per i suoi molteplici omicidi mirati contro cittadini innocenti. Gallinari aveva subito un intervento chirurgico di un triplice by-pass alle coronariche (io ne ho cinque: due alle gambe e tre al cuore) e si rendeva incompatibile la sua permanenza in carcere per motivi di salute.

Ricordo che, all’epoca, fui linciato con terrificanti accuse da parte del senatore dei Verdi, Emilio Molinari (che per ironia della sorte avevo votato quale candidato nel mio VI collegio senatoriale), che fece un feroce articolo su il manifesto contro di me e l’amico Maurizio Puddu (presidente dell’Associazione italiana vittime del terrorismo) in quanto colpevoli di avere espresso forti dubbi sulla liberazione di un terrorista irriducibile come Gallinari, il braccio destro di Mario Moretti, alias ing. Borghi, nel sequestro e nell’uccisione di Aldo Moro.

Visitato e beatificato in carcere da Francesco Cossiga, per chiederne la scarcerazione, ricordo che sul “Caso Gallinari” si erano mobilitati oltre 300 parlamentari, tra i quali un centinaio di democristiani del mio partito (la Dc), che chiesero e ottennero la sua scarcerazione per motivi di salute. A me e a Maurizio Puddu (deceduto nel maggio del 2007), Gallinari non è mai sembrato tanto grave e abbiamo giudicato inopportuna una liberazione strumentalizzata da tutti i partiti politici, che gareggiavano per accelerare la chiusura degli anni di piombo con proposte di legge d’indulto o di amnistia, tanto che ogni gruppo politico presentava una sua proposta al Parlamento italiano.

Che Gallinari non fosse l’eterno moribondo abbiamo avuto conferma in questi ultimi 21 anni della sua vita e, soprattutto, per le sue attività di scrittore, conferenziere, partecipante a convegni e manifestazioni. Era infatti un tuttologo che svolgeva la sua molteplice attività con una normalità di vita che non lo rendeva un infermo, ma un ex terrorista itinerante predicatore rivoluzionario che si considerava un eroe, un combattente irriducibile, un benefattore dell’umanità, anche se si era macchiato di pluriomicidi contro vittime innocenti e disarmate, per il trionfo della sua rivoluzione comunista in Italia.

Sentite, in sintesi, cosa scrisse, il senatore Emilio Molinari su il manifesto del 17 novembre 1993: «Conosco la schizofrenia di Iosa e di Puddu, quando mandano lettere piene di bisogno di punizione a tutti i parlamentari e ai giornali. Ragionevolezza da una parte ed esasperazione dall’altra, frutto del marchio a fuoco delle ferite nelle gambe e nel corpo, che sembrano trovare lenimento solo nel dolore, nella pena, forse nella morte che riescono a dare ad altri (cioè ai terroristi), a coloro che ritengono i propri feritori. Li capisco, ma non può essere il loro bisogno di vendetta ciò che deve condannare a morte un uomo: Prospero Gallinari». Avete sentito? Il mio e quello di Puddu era un bisogno di vendetta! Così noi, due vittime del terrorismo, eravamo diventati i carnefici di un assassino in carcere.

Prospero Gallinari, in questi 20 anni si è comportato da ex terrorista irriducibile, né pentito, né dissociato. Ha evitato di compiere gesti di riparazione o di riconciliazione, portandosi dietro molti segreti che avrebbe potuto svelare per l’accertamento della verità storica sugli anni di piombo, tanto più che era un componente della direzione strategica delle Brigate rosse e comprimario del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro. Ora che è morto, non manca la mia umana pietà verso un protagonista del terrorismo scellerato, che tanto sangue innocente ha versato e prego il buon Dio di accogliere in pace la sua anima.

Antonio Iosa – Direttivo nazionale Associazione italiana vittime del terrorismo – Presidente del Circolo culturale Carlo Perini di Milano

(LucidaMente, anno VIII, n. 85, gennaio 2013)

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Tags: attentatobrigate rossecircolo PeriniCossigaGallinariIosaMolinariMoroscarcerazioneterrorismo
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