Le esternazioni di Dolce e Gabbana, quelle di Cecchi Paone e il “mercato di riferimento”
Le dichiarazioni di Domenico Dolce e Stefano Gabbana sui “figli sintetici” hanno provocato l’irata e intollerante reazione di Elton John (che ha promosso il boicottaggio dei capi prodotti dai due stilisti). La protesta lanciata dal cantante attraverso l’hashtag #boycottdolcegabbana ha scatenato in 24 ore quasi 29 mila tweet, che, secondo quanto calcolato da un’analisi di Reputation Manager, hanno raggiunto un’audience potenziale di 50,3 milioni di utenti.
Anche in Italia non sono mancate le reazioni. Se Giuliano Federico, direttore responsabile di Swide, il magazine pubblicato da Dolce e Gabbana, ha scelto di dimettersi, Vladimir Luxuria ha invece preferito l’arma dell’ironia: «Forse adesso – ha dichiarato l’ex onorevole – per la pubblicità del loro profumo Dolce e Gabbana metteranno Giovanardi. Spero inoltre di non vedere in futuro manifesti in cui al posto di Monica Bellucci ci sia Paola Binetti». C’è poi da segnalare la vendetta personale di Alessandro Cecchi Paone. Intervistato da Giuseppe Cruciani (ai microfoni de La Zanzara), Cecchi Paone ha dichiarato di aver gettato nel bidone della spazzatura le mutande firmate “D&G” che aveva fino a quel momento indossato ed esibito come simbolo dell’identità omosessuale.
Pressato dalle domande di Cruciani, l’Alessandro furioso non ha negato (bontà sua…) a Dolce e Gabbana il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma li ha accusati di avere vilmente tradito i propri affezionati clienti, che vedevano nelle mutande da loro firmate un simbolo etico di grande valore. Fino ad oggi si era parlato di tradimenti nel campo dell’amore, dell’amicizia o della fede (religiosa, politica o calcistica).
Ora Cecchi Paone ha introdotto una nuova categoria ontologica: l’inammissibile violazione della fedeltà al “mercato di riferimento”, come ha più volte precisato nell’intervista. Nel rievocare il rapporto fra mutande e identità sessuale, Cecchi Paone ha pure ricordato che, per un certo periodo, anche gli slip griffati Calvin Klein hanno assolto la stessa funzione. L’affermazione ha creato qualche sconcerto negli ascoltatori eterosessuali, in larga parte ignari di aver indossato inconsapevolmente un indumento intimo che i gay esibivano come una bandiera e che potrebbe aver generato qualche spiacevole equivoco.
Paola Barale ci aveva già illustrato il rapporto fra biancheria intima ed equilibrio psicologico («Là sotto è importante sentirsi a posto»), ma ora gli uomini sono avvisati: scegliere le mutande non è solo una questione di praticità o di estetica, ma una ben più impegnativa dichiarazione dei propri principi e delle proprie inclinazioni! Un tempo si teneva in gran conto la fedeltà alla bandiera. Ora ci troviamo di fronte ad un nuovo valore: la fedeltà alle mutande… È proprio vero: nella vita non si finisce mai di imparare!
Mario Gallotta
(LucidaMente, anno X, n. 111, marzo 2015)
Ho sempre apprezzato le battaglie per il riconoscimento dei diritti degli omosessuali, ma alcuni di essi esagerano, pretendendo di imporre agli altri il proprio modo di pensare.
Dolce e Gabbana – certo non sospettabili di omofobia – hanno detto che i bambini hanno bisogno di due figure di riferimento, una maschile e una femminile: un padre e una madre. Così vuole la natura, non la Chiesa o chissà chi. Possibile che sia divenuto rischioso fare affermazioni di questo tipo? Io boicotterei, a questo punto, i dischi del baronetto Elton John… Viva la tolleranza! Viva la libertà di pensiero e di espressione!
E meno male che Cecchi Paone si definisce un liberale… Con gente come lui al potere Dolce e Gabbana finirebbero, come minimo, alla pubblica gogna…
Ha ragione Vittorio Sgarbi: prima di compiere certe scelte bisognerebbe riflettere sul destinatario delle medesime. Un bambino senza mamma e con due papà può crescere in maniera equilibrata?