Etica e sostenibilità? Nel campo finanziario sono solo ipocrisie e greenwashing. I casi esemplari delle speculazioni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e dei fondi comuni d’investimento targati Elliott
Finché c’è guerra c’è speranza è il titolo di un celebre film di denuncia del 1974 di e con Alberto Sordi. Nulla è cambiato da allora. Anzi… Nella pellicola il protagonista era un cinico mercante d’armi che faceva da tramite tra le industrie produttrici e gli acquirenti africani: dittature, cleptocrazie, presunti movimenti di liberazione nazionale. Ma oggi, nel criminale business degli armamenti, predomina la grande finanza. Come denuncia Laura Della Pasqua (Finanza armata, in Panorama, n. 22, 25 maggio 2022), il conflitto russo-ucraino non è certo un buon affare per la popolazione civile e i soldati, ma lo è per i produttori di armi.
Nello scorso aprile, per strumentazioni e attrezzature belliche pro Ucraina, il Congresso americano ha stanziato 20 miliardi di dollari, ai quali si sono aggiunti di recente altri 39,8. E «nel 2020 l’industria europea della difesa e dell’aerospazio ha registrato 229,7 miliardi di euro di ricavi con la sola difesa che vale 119 miliardi. Ma ora i guadagni sono destinati ad aumentare». E, poiché la guerra è ormai anche sicurezza informatica, le aziende di cybersecurity vedono il rialzo dei propri titoli azionari. Così i fondi finanziari, che per qualche tempo avevano fatto greenwashing, assicurando che avrebbero puntato su società orientate alla sostenibilità ambientale e ai princìpi etici, fiutando l’affare, hanno inserito nel loro carrello il settore militare: insomma, tra quelli classificati come “sostenibili”, «solo il 23,7% ha escluso investimenti in aziende che hanno attività» militari (in Italia appena il 5%). Nulla di nuovo sotto il sole. Per renderci conto in che mondo viviamo, basti pensare che le varie guerre scoppiate nell’ultimo secolo hanno provocato cicli espansivi nell’economia. C’è chi addirittura ipotizza che la famosa crisi economica statunitense del 1929 ebbe davvero la propria inversione con l’ingresso degli Usa nella Seconda guerra mondiale. E c’è chi afferma che le guerre fanno progredire tecnologie che poi saranno adottate in modo efficace e migliorativo anche in campo civile. Vive la guerre, insomma… Tuttavia, se pensate che quanto abbiamo scritto fin qui e nell’altro articolo Chi sono i più potenti del mondo? – pubblicato sempre nell’attuale numero dei LucidaMente 3000 – sia più che sufficiente, vi sbagliate.
Per completare il mosaico del mondo della finanza del XXI secolo, che si arricchisce senza produrre nulla e rischiando poco, influenza la politica e sfrutta i conflitti, manca un’altra tessera: lo sciacallaggio sui debiti sovrani e sulle aziende in crisi. Possiede il Milan e il 22 maggio scorso lo avete visto a Reggio Emilia in tribuna d’onore mentre assisteva al trionfo dei rossoneri sul Sassuolo e, quindi, alla conquista dello scudetto 2022. È Peter Elliott Singer, nato nel 1944 a New York, creatore nel 1977 dell’hedge fund [fondo comune d’investimento, ndr] Elliott management corporation. Da allora esso ha avuto un rendimento annuale medio del 13,5%, più della Borsa americana. Contrariamente a quanto scritto nel nostro articolo testé citato, non si tratta di “finanza passiva”, anzi lo chiamano “fondo attivista”. Scrive Salvatore Recupero (L’avvoltoio della finanza travestito da filantropo, in Il Primato Nazionale, n. 36, settembre 2020): «Si acquistano titoli azionari ritenuti sottovalutati – o comunque destinati ad apprezzarsi – e si vendono allo scoperto (short selling) titoli dalle caratteristiche opposte, ovvero sopravvalutati (o comunque destinati a deprezzarsi), facendo così risultare “immunizzato” il portafoglio azionario rispetto all’andamento del mercato».
Ovviamente, è essenziale la scelta dei titoli; tuttavia, «viene sfruttata la leva finanziaria (leverage), ovvero si investono capitali superiori alla dotazione del fondo utilizzando denaro preso in prestito». Questa è la strategia dei fondi Elliott. Che non si fermano qui: dagli anni Novanta essi iniziano a investire nel debito pubblico di alcune nazioni in difficoltà («la strategia è quella di acquistare crediti inesigibili per poi ricorrere in tribunale»). Nel 1996 tocca al Perù, poi al Congo, quindi, all’Argentina. Sapete la differenza nei tre casi tra investimento e risarcimenti ottenuti dopo laboriose cause legali? Le fonti non sono concordi, ma si parla di guadagni netti di decine di volte la cifra investita inizialmente. Anche le aziende in difficoltà o in una condizione di vera e propria crisi o fallimento fanno gola al fondo Elliott: è sufficiente acquisire anche semplici quote di minoranza; poi, come per i titoli di stato, si aprono anche in questo caso contenziosi legali. Nella società di Singer non possono certo mancare le speculazioni immobiliari. In Italia, oltre che nel Milan, Singer in cosa ha investito? In Ansaldo Sts – ora Hitachi Rail Sts – da cui è uscito dopo un versamento dei giapponesi di 807 milioni di euro, con un guadagno del 9%; in Telecom (divenuta per sua scelta una società ad azionariato diffuso dopo il noto braccio di ferro con Vivendi); e in Credito Fondiario (con 45 miliardi di crediti deteriorati).
Nonostante la maggior parte delle cifre ricavate da speculazioni e cause legali finiscano nella sua società, Singer afferma che egli sfrutta semplicemente le sane regole del mercato globale e che intende punire i governanti irresponsabili nel caso dei debiti sovrani e difendere i piccoli azionisti nel caso delle società. Insomma, un benefattore. E, infatti, così come tanti ultramiliardari, da Bill Gates a Jeff Bezos, da George Soros a Michael Bloomberg, è un filantropo! Chi s’interessa delle malattie che colpiscono l’umanità, chi dei disastri climatici, chi del razzismo, chi dei diritti umani. Il deus ex machina dei fondi Elliott sostiene la comunità Lgbt. Un’altra prova vivente della saldatura tra il peggior capitalismo neoliberista e le sinistre progressiste con le loro tematiche radical chic, delle quali spesso ci siamo occupati su questa rivista (leggi, tra gli altri, Come il liberalismo radicale divorò gli ex comunisti o La nuova lotta di classe riparte da populismo e sovranismo). Una Greta Thunberg e un Achille Lauro valgono ben più di milioni di poveracci peruviani, congolesi o argentini…
Le immagini: a uso gratuito da pixabay.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 198, giugno 2022)
Certo che il mondo della finanza è un posto un po’ difficile da vivere, con le varie speculazioni e via dicendo, e solo chi fa lo scellerato a questo punto può guadagnare dalle speculazioni più importanti.