Nel saggio “La Nato in guerra” (Dedalo) il generale Fabio Mini ripercorre la storia del Patto atlantico e spiega i «concetti strategici» che ne hanno ispirato l’azione. Il futuro dell’umanità appare fosco, a meno che non finisca il fanatismo bellico
I dodici giorni (13-24 giugno 2025) di guerra tra Iran e Israele hanno innalzato ulteriormente la tensione internazionale, già alta a causa dei molteplici conflitti armati in corso nel mondo (Gaza, Ucraina, ecc.) che hanno provocato un numero di vittime molto elevato. Secondo le recenti stime dell’economista Michael Spagat, infatti, «quasi 100 mila persone potrebbero aver perso la vita a Gaza dall’inizio del conflitto» (Cosimo Caridi, Gaza, fino a 100 mila morti. I civili nel mirino Idf, ne il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2025). Il Center for strategic and international studies di Washington, inoltre, ha stimato che i morti e i feriti della Guerra russo-ucraina ammonterebbero quasi a 1,4 milioni (vedi Quante sono le vittime militari della guerra tra Russia e Ucraina, in www.today.it).
L’origine del Patto atlantico
Secondo Marco Rubio – segretario di Stato americano – in Ucraina è in atto una «guerra per procura tra potenze nucleari» (vedi Massimo Brundisini, La verità di Rubio, schiaffo all’Europa, in associazionepopolari.it). Questa opinione è condivisa dal generale dell’Esercito italiano Fabio Mini, autore del saggio La Nato in guerra. Dal patto di difesa alla frenesia bellica (Prefazione di Luciano Canfora, Dedalo, pp. 176, € 15,50). Nell’Introduzione, infatti, egli afferma che la «questione ucraina» sia stata sfruttata dagli Usa per «affrontare in modo indiretto ma palese la Russia».
Il 4 aprile 1948 dodici stati (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi bassi, Portogallo, Stati uniti) firmarono a Washington il Trattato del Nord Atlantico (o Patto atlantico), un accordo militare finalizzato a «resistere a un eventuale attacco sovietico». Fu poi costituita «l’organizzazione che lo doveva mettere in atto», ossia la North atlantic treaty organization (Nato), oggi comprendente 32 nazioni.
I principi ispiratori
La nascita della Nato fu decisa dopo il colpo di stato che, nel febbraio 1948, aveva favorito «l’assunzione del potere in Cecoslovacchia da parte del locale Partito comunista». Nel preambolo del Trattato si afferma che gli aderenti al Patto atlantico sono animati dal «desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi» e fondano la propria politica «sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto».
Questi nobili ideali, tuttavia, non sono mai stati rispettati. Nel 1949, ad esempio, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Paesi bassi, Portogallo e Usa detenevano colonie nelle quali si conculcavano «quei principi di libertà da salvaguardare a casa loro», mentre a Lisbona dominava il dittatore Antonio Salazar. La Nato, in realtà, servì soprattutto agli Usa, che ebbero modo di controllare «il mondo avanzato e quello arretrato […] possessore di tutte le materie prime necessarie a un impero globale».
La struttura della Nato
Il documento costitutivo del Patto atlantico consta di 14 articoli, ma i più significativi sono due: il quinto, che giustifica «l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale»; e il decimo, che consente l’adesione a «ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato».
La Nato è diretta dal Consiglio del Nord Atlantico (Nac), l’organismo con sede a Bruxelles formato dai capi di Stato e di governo «rappresentati da proprie delegazioni permanenti». Esso nomina il segretario generale, che svolge le funzioni di coordinatore e portavoce (l’attuale è l’olandese Mark Rutte). Un’altra struttura importante è il Gruppo di pianificazione nucleare (Npg) che «agisce come organo di vertice sulle questioni nucleari» e monitora problemi rilevanti come «il controllo degli armamenti, la proliferazione, la deterrenza, la sicurezza». C’è, infine, il Comitato militare (composto dai rappresentanti nazionali) che si riunisce tre volte l’anno.
I veri scopi dell’Alleanza atlantica
Le decisioni del Nac vengono prese «sulla base del consenso unanime», che dovrebbe garantire la libera discussione tra i delegati dei Paesi membri. Mini, tuttavia, ritiene che il Consiglio non svolga alcuna funzione direttiva, «in quanto esso stesso è sottomesso alla politica militare degli Stati uniti» (che, oltretutto, hanno sempre posseduto proprie basi belliche, sottratte al controllo degli alleati).
Il personale della Nato gode di privilegi che lo pongono «al di sopra e al di fuori dei limiti nazionali, con relativi benefici, immunità e impunità», come ha dimostrato il tragico Incidente della funivia del Cermis (voce Wikipedia) che il 3 febbraio 1998 costò la vita a 20 persone. In base alla Convenzione di Londra del 1951 (vedi La disciplina delle basi militari Nato ed Usa in territorio nazionale, in www.parlamento.it), i responsabili della strage – due soldati statunitensi – furono processati negli States, venendo infine assolti dall’accusa di omicidio colposo!
I «concetti strategici» della Nato
La tattica politico-militare dell’Alleanza atlantica è orientata dai «concetti strategici», cioè dai documenti ufficiali che indicano le priorità da conseguire. Il primo fu elaborato nel 1950 e stabilì che «la funzione primaria della Nato era di deterrenza nei confronti di ogni aggressore». Il secondo – concepito nel 1952 – propose di «ridurre la volontà e la capacità dell’Unione sovietica di avviare una guerra». Il terzo fu definito nel 1957 e, prevedendo una «rappresaglia massiccia» contro ogni minaccia sovietica, provocò la Crisi cubana del 1962, durante la quale si sfiorò la guerra nucleare tra le superpotenze (vedi il nostro articolo 1962-2022: dopo sessant’anni il mondo è di nuovo sull’orlo di una catastrofe).
Il «quarto concetto» (1968) introdusse la «risposta flessibile» alle iniziative militari dell’Urss e favorì «una certa distensione nei rapporti tra i due blocchi», consentendo la firma dei Trattati Salt I e II (vedi Salt, voce Treccani).
L’espansionismo degli Usa dopo il 1991
Il «quinto concetto» fu elaborato alla fine della Guerra fredda (1991) e consentì alla Nato «varie forme di partenariato con i Paesi non membri e la possibile riduzione degli armamenti nucleari». Furono, pertanto, normalizzate le relazioni con la Russia che aderì al Partenariato per la pace (1994) e partecipò alla missione di peacekeeping in Bosnia-Erzegovina (1996). L’Alleanza atlantica, tuttavia, finse solo di cooperare con gli ex nemici e, a partire dalla Guerra del Kosovo (1999), attuò il «sesto concetto strategico» che «mirava all’esportazione del sistema unipolare occidentale e alla conquista dell’Est europeo», inaugurando così «la stagione delle guerre umanitarie, dei cambi di regime, delle rivoluzioni variopinte». Gli Attentati dell’11 settembre 2001 furono sfruttati per espandere la Nato, contando anche sull’aiuto nella lotta al terrorismo fornito dalla Russia che «concesse […] l’accesso al proprio spazio aereo durante la campagna in Afghanistan».
Una nuova «compagnia di ventura»
Nel 2007 venne formulato il settimo «concetto strategico» finalizzato a coinvolgere maggiormente l’Unione europea nella politica estera statunitense e ad aumentarne le spese militari. La situazione internazionale, tuttavia, cambiò bruscamente con lo scoppio della Seconda guerra in Ossezia del Sud (2008) – che coinvolse l’esercito georgiano e quello russo – e, soprattutto, con la proposta di Washington di allargare l’Alleanza atlantica alla Georgia e all’Ucraina. Il leader russo Vladimir Putin, infatti, «si rese conto delle reali intenzioni ostili della Nato» e iniziò a osteggiare l’unipolarismo geopolitico portato avanti dagli yankees.
Nel Summit dell’Alleanza atlantica, tenutosi a Lisbona nel 2010, è stato proposto l’ottavo «concetto strategico» che ha stravolto completamente i principi ispiratori del 1949. La Nato, infatti, è diventata «una società multinazionale di servizi armati a disposizione degli Stati uniti e dell’Unione europea», ossia una sorta di «compagnia di ventura» agli ordini di burocrati militari asserviti agli «imprenditori di guerra».
Un fosco futuro per l’umanità
L’Alleanza atlantica punta a «destabilizzare la Russia […] con un cambio di regime a Mosca». Il «concetto strategico» elaborato nel giugno 2022, infatti, ha individuato «la Russia come nemico aperto e la Cina come nemico potenziale». Un’escalation bellica nel Vecchio continente, tuttavia, porterebbe «il sistema europeo a implodere […] e con esso la Nato».
Mini – in conclusione – ritiene necessario rifondare il Patto atlantico, costruendo «un’area trans-continentale aperta […] in cui gli Stati si impegnino nella graduale e controllata riduzione degli armamenti». Tale progetto, però, è attualmente irrealizzabile, perché «la guerra è diventata l’idea prevalente nelle menti di molti responsabili di governo». Il futuro dell’umanità, dunque, appare fosco, giacché – secondo Jeffrey Sachs – «potremmo presto assistere a uno scontro tra diverse potenze nucleari, che trascinerà il mondo verso l’annientamento atomico» (Riccardo Antoniucci, “Vincono il Deep State e la lobby sionista: si va al disastro regionale”, ne il Fatto Quotidiano, 23 giugno 2025).
Le immagini: la copertina del libro di Fabio Mini; foto dell’autore del presente articolo e a uso libero e gratuito da Pixabay secondo la Licenza per i contenuti (autori Rozbooy e Dondelord).
Giuseppe Licandro
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)