A fine febbraio 2016, per l’etichetta tedesca Symbiotic Cube, esce “Avesom”, disco d’esordio del trio bolognese. Un gruppo che unisce sperimentazione a fruibilità
Spank, un cane bianco con le orecchie nere, è il protagonista di un manga-anime degli anni Ottanta, trasmesso su Italia 1. Torakiki (in giapponese Torakichi, “tigre benevola”) è un suo amico, un gatto maculato dall’accento ridicolmente tedesco, con una cravatta rossa attorno al collo. Awesome (in inglese “meraviglioso”) è, invece, un cagnolino realmente esistente, su cui ritorneremo a breve.
Questo bestiario, fantastico oppure reale, è stato fonte di ispirazione del tutto gratuita per il trio electro wave composto da Alessandro Rizzato (monomi, synth), Giacomo Giunchedi (basso, synth) e Kevin Parrino (synth, drums, tastiere), trapiantati a Bologna rispettivamente da Puglia, Sicilia e Abruzzo. È, infatti, ispirandosi ai suddetti cani e gatti che hanno scelto il nome del loro gruppo (Torakiki, appunto) e della loro opera d’esordio, Avesom. Ovvero, una semplificazione fonetica del nome del già citato cagnolino (reale), delizia del tecnico del suono Justin Bennett, che si è occupato – Bennett, non il cane – del mix del disco presso lo studio 23 del capoluogo emiliano. L’opera esce il 26 febbraio 2016 per l’etichetta tedesca Symbiotic Cube di Colonia.
Che un disco electro wave esca in Germania assume un enorme significato. Avesom ha un’anima teutonica: dopo tutto, si colloca entro il nobile solco krautrock tracciato dai mitici Kraftwerk, Tangerine Dream e molti altri. I Torakiki, però, hanno il merito di non seguire alcuna traccia già disegnata, ma di coniugare elettronica a poesia, suoni freddi a calore umano, sperimentazione a orecchiabilità, ricerca sonora a disco dance, new wave ad ambient, pop a new age, ritmi frenetici a gradevoli melodie.
Pertanto, i sette brani contenuti nel disco sono tutti da ascoltare, con attenzione e diletto, cogliendo insieme la perizia e il talento dei musicisti e la fascinazione e fruibilità della loro musica. Dalle traiettorie arabescate e quasi reichiane del primo brano, Pitch, al viaggio onirico di Luxard, dallo scatenato quanto arioso puntillismo elettronico di O.A.U. alle rigide sonorità new wave di Tripolar, da ##Pap, possibile colonna sonora dei titoli di coda di un film di fantascienza, a Tr2, più intima e popular. Fino ai suoni “nipponeggianti” e ipnotici di Kendo, l’ultima traccia. A conclusione di un viaggio che ha trasportato l’ascoltatore entro palpiti di ritmi luccicanti come led, onde trasparenti e volatili, fantasiose orbite ellittiche, utopiche deviazioni, ampi circuiti musicali. Un complesso pellegrinaggio insondabile e danzante come le nostre anime. Per di più, condito e arricchito dalle significative e ammalianti voci di Ilaria Ippolito (in ##Pap) e Giulia Olivari (in O.A.U.). Buon ascolto.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 122, febbraio 2016)
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