“Se questo è un giornalista” (Kaos edizioni) di Michele De Lucia, ovvero i meriti per cui si viene nominati direttore del Tg1 della Rai. La presentazione bolognese
Fiat, quanto ci costi? Come la grande industria italiana privatizza i profitti e socializza le perdite a spese dei contribuenti (2002); Siamo alla frutta. Ritratto di Marcello Pera (2005); Il Baratto. Il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi tra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta (2008); Dossier Bossi-Lega nord (2011). Queste le pubblicazioni (la prima edita da Stampa Alternativa, da Kaos edizioni le successive) dell’attuale tesoriere di Radicali italiani, Michele De Lucia.
Come si vede fin dai titoli, senza tanti eufemismi, si tratta di libri di denuncia, che hanno trovato collocazione in due case editrici coraggiose e benemerite, in particolare la Kaos, il cui catalogo comprende decine di testi audaci e imperdibili (nonché ben curati e senza refusi), sugli affari sporchi del Vaticano (a partire dall’Opus dei), su Joseph Ratzinger, sulle imposture di padre Pio e di Medjugorje, sulla P2, sul Piano Solo, sulle Brigate rosse, sulla Banda della Magliana, sui casi Moro, Calvi, Pasolini, Pecorelli, Sindona, Tortora, Mangano, sul latitante Cesare Battisti, sulle spericolate e disinvolte ascese di Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, Licio Gelli, Giuliano Ferrara, Vittorio Sgarbi, Bruno Vespa, sugli scandali (corruzione e doping) del calcio, e altro ancora. Una casa editrice che, insieme a Chiarelettere e a poche altre in Italia, ha ancora il coraggio di stampare scomodi materiali e documentazioni, sfidando i potenti e i ladri di verità.
Proprio pochi giorni fa, il 10 settembre, a Bologna, nell’ambito della Festa nazionale socialista (Space giovani) e a cura dell’Associazione radicale Giorgiana Masi, ho avuto il piacere di fare da moderatore alla presentazione dell’ultima fatica di De Lucia: Se questo è un giornalista. Ritratto biografico di Augusto Minzolini, gazzettiere del berlusconismo (Kaos edizioni, pp. 272, € 18,00). Oltre all’autore, erano presenti anche Salvatore Vassallo, deputato del Partito democratico, componente della Commissione Affari costituzionali, e Roberto Biscardini, ex senatore, attualmente consigliere comunale a Milano e membro della Segreteria nazionale del Partito socialista italiano. E credo si sia trattato di un incontro interessante.
Sì, perché tutti hanno convenuto che il problema non è tanto e certamente non solo Minzolini e il suo modo di fare giornalismo (si fa per dire), le cui caratteristiche sono ben delineate dal libro di De Lucia, ma la complessiva decadenza della stampa italiana e, assieme, del tessuto civile del nostro Paese, con ricadute sociali e umane drammatiche, per non dire tragiche, come vedremo alla fine del presente articolo. Ma andiamo con ordine.
Cos’è il “minzolinismo”? Per spiegarlo l’autore riporta a epigrafe del proprio libro la definizione del linguista Michele Cortellazzo: «Forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle affermazioni raccolte». E, nel prosieguo del suo testo, De Lucia aggiunge: «Uno stile di giornalismo politico pieno di voci anonime, pettegolezzi, faziosità, censure, orecchiamenti, melensaggini, bufale, illazioni, avvertimenti, ruffianerie». Alla reazione delle sue vittime, «il cronista più smentito d’Italia» generalmente e puntualmente conferma, magari, quando la “bufala” è troppo vistosa, attribuendo le menzogne a “fonti ben informate”.
Dal libro di De Lucia vien fuori il ritratto di un ambizioso arrampicatore sociale senza scrupoli, buono per tutte le stagioni: negli anni Settanta comparsa nei primi due film di Nanni Moretti (Io sono un autarchico ed Ecce bombo) e militante nella Federazione giovanile comunista romana (da cui pare venisse cacciato dallo stesso Walter Veltroni), negli anni Ottanta craxiano, quindi, dopo Tangentopoli, servizievole berlusconiano, ricompensato con la nomina (20 maggio 2009) a direttore del Tg1 della Rai, vale a dire la più importante testata giornalistica nazionale.
Sotto la nuova direzione, il Tg1 perde ascolti, autorevolezza, credibilità. La seconda parte (Appendice. Il “Tg1” secondo Minzolini”) di Se questo è un giornalista, infatti, è costituita dal “Libro bianco” sul Tg1 da giugno 2009 a marzo 2011 (a cura del Comitato di redazione composto da Claudio Pistola, Alessandro Gaeta, Alessandra Mancuso), nel quale sono annotate (anche a futura memoria) le quasi quotidiane manipolazioni, censure, disinformazioni, operate dalla testata Rai sotto il nuovo direttore. Qualche esempio? La censura sul caso D’Addario (Tg1 del 17 giugno 2009), la minimizzazione del “caso Boffo” (28 agosto), l’editoriale del 3 ottobre 2009 contro la manifestazione per la libertà di stampa tenuta dalla Federazione nazionale stampa italiana, «nessun riferimento alla norma ad personam sul legittimo impedimento» (1 febbraio 2010), il 26 febbraio 2011 nessuna informazione sulle nuove, imbarazzanti (per Berlusconi) carte dell’inchiesta Rubygate… e così via, giorno dopo giorno.
Un pregio di Minzolini? Scrive bene, con uno stile ironico, basato sui pettegolezzi, beninteso adattissimo ai rotocalchi di gossip, nei quali sarebbe bene si limitasse a scrivere. Ci sarebbe, dunque, da ridere, se non stessimo parlando di chi ricopre – forse per poco ancora – il ruolo di direttore del Tg1 e se le imprese minzoliniane non avessero una pesante ricaduta non solo politica (influenza sulle intenzioni di voto degli elettori), ma anche civile (scadimento culturale dovuto alla bassa qualità dell’informazione) e purtroppo sociale. Infatti, De Lucia denuncia l’«allarme-criminalità, provocato artificialmente nel 2006-07 (anni del governo di centro-sinistra) attraverso il rilievo abnorme dedicato dai telegiornali alle notizie di cronaca nera (proprio in un periodo i reati erano invece in diminuzione)» per favorire l’affermazione elettorale del centro-destra.
Peccato che tale malainformazione faccia le sue vittime, e negli strati più deboli della società. I telegiornali italiani dedicano alla microcriminalità uno spazio triplo rispetto al resto d’Europa, mentre ai veri problemi (crisi economica e sociale, disoccupazione e precariato) viene dedicato solo il 6% del tempo. Risultato finale: sofferenza sociale accantonata e carceri sovraffollate di poveracci (vedi il Dossier carceri della nostra rivista), che pagano un “allarme-criminalità” del tutto inventato e funzionale agli interessi di pochi. E qui c’è poco da ridere.
Per ascoltare le voci dell’evento: http://www.radioradicale.it/scheda/337627/se-questo-e-un-giornalista-ritratto-biografico-di-augusto-minzolini.
L’immagine: La copertina del libro di De Lucia e alcuni momenti della presentazione di Bologna del 10 settembre 2011 (da sinistra, Roberto Biscardini, Michele De Lucia, Rino Tripodi e Salvatore Vassallo).
Rino Tripodi
(LM MAGAZINE n. 19, 19 settembre 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 69, settembre 2011)
Sono molto d’accordo con Rino Tripodi e De Lucia. L’insopportabile arroganza e volontà di falsificazione delle notizie di cui Minzolini è assoluto rappresentanta ripugnano alla coscienza di chi si attende obiettività o per lo meno onestà dall’informazione giornalistica. A me evangelico ciò suona ancor più sgradevole in quanto richiama la cultura clericale manipolatrice e reazionaria di una certa Italia.
Grazie, sig. Pantaleo; il merito dell’indagine su Minzolini è di De Lucia.