Tra le meraviglie dell’appennino bolognese sorge un piccolo borgo, ricco di particolarità e vegliato da secoli da un cipresso centenario
Giulia, 25 anni, ogni giorno fa quasi trecento km per andare e tornare dal lavoro. Fin qui, niente di strano: si sa, oggi un giovane deve già ritenersi fortunato ad avere un impiego, e pazienza se per tenerselo stretto deve fare qualche sacrificio. Lei lavora a Ravenna e tutte le mattine parte da La Scola, presso Grizzana Morandi, un piccolo borgo sull’appennino bolognese dove vivono in tutto undici persone, tra chi risiede stabilmente e chi sale soltanto nei fine settimana o nel periodo estivo.
Giulia è l’abitante più giovane: a 18 anni si è trasferita qui da Dozza, in provincia di Bologna, dove stava con i genitori, perché la trovava troppo frenetica e rumorosa. Ora vive da sola a La Scola nella casa che era dei suoi nonni e dice di aver trovato la pace: nonostante la fatica di fare tanta strada ogni giorno, quando sulla via del ritorno vede il profilo degli Appennini, si sente a casa. In effetti si tratta di un posto quasi magico, dove si respira un’aria d’altri tempi. Il motivo è che qui, almeno nell’aspetto, le lancette dell’orologio si sono realmente fermate. Negli anni Settanta, infatti, sono stati posti due vincoli che hanno messo dei consistenti limiti. Nel 1974 Paola Pisi, prima sindaca di Grizzana Morandi, impone il vincolo urbanistico, che qualifica La Scola come centro storico e impedisce, per esempio, che vengano costruiti nuovi edifici a meno di cinquecento metri da quelli già presenti. Nel 1976, poi, arriva quello architettonico della Soprintendenza, ancora più stringente. E così il borgo si è preservato come un piccolo gioiellino, in cui trascorrere piacevolmente un pomeriggio primaverile, magari dopo aver visitato la Rocchetta Mattei, che si trova poco lontano da qui.
E per chi ama fare quella giusta dose di fatica che regala la sensazione di meritarsi la meta, c’è il sentiero Cai 039, che da Riola – dove c’è la Rocchetta – passa per La Scola e conduce a Montovolo, dove si trova la più antica chiesa della diocesi di Bologna. Nei fine settimana è facile trovare Silvia Rossi, presidentessa dell’Associazione Sculca, che dal 1993 si occupa di preservare il luogo, promuoverne la conoscenza, organizzare eventi e visite guidate. E proprio una visita guidata è l’esperienza ideale per conoscere l’affascinante storia di questo piccolo borgo infilato tra le colline, con il Montovolo e il monte Viggese a vegliare sulle sue antiche dimore in pietra.
Diversi storici si sono interrogati sulle sue origini, in particolare Arturo Palmieri, avvocato che nacque qui nel 1874 e che studiò con passione la storia di questo e di altri luoghi dell’Appennino, e Renzo Zagnoni, autore di un esaustivo volume sulla storia del borgo. Dalle diverse ricerche condotte risulta che molto probabilmente il termine “scola” deriva dalla radice di matrice germanica skulk, che significa “posto di guardia”, “vedetta”. Pare infatti che il sito, con la sua particolare posizione arroccata e favorito anche dalla vicinanza dell’acqua – il rio Buono, che scorre appena qualche metro più in basso –, fosse un avamposto difensivo, presumibilmente longobardo. Sembra che proprio il fiume segnasse quel limes – confine – tra l’esarcato di Ravenna, bizantino, e la Longobardia pistoiese (già nel 593 i Longobardi avevano conquistato Pistoia, ricacciando i bizantini al di là degli Appennini). Di longobardo non è rimasto nulla, se non il nome, mentre la funzione difensiva è stata mantenuta fino alla metà del Cinquecento, quando si è finalmente siglata la pace con i pistoiesi. A ricordarne la natura militare rimangono le case torri, costruzioni tipicamente difensive, e le varie feritoie che si possono ancora scorgere sui muri delle abitazioni.
Una volta conclusa la pace, La Scola ebbe uno sviluppo più orizzontale e si abbellì anche grazie al passaggio dei Maestri Comacini, abili costruttori lombardi che vennero richiamati qui dalla presenza della pietra di Montovolo, una delle migliori arenarie presenti in Italia, splendida da lavorare e particolarmente resistente alle temperature estreme. Visitando il borgo è ancora possibile notare i segni del loro passaggio: il sole delle Alpi, la salamandra e i “seni” o “mamme”, piccole sporgenze rotonde sui muri, augurio di prosperità.
Sono diversi i motivi che hanno fatto sì che La Scola rimanesse viva e abitata nei secoli. Uno, già menzionato, è la presenza dell’acqua: tra l’altro due case avevano anche il pozzo all’interno. Un altro è il clima, particolarmente favorevole: il borgo si trova nel versante esposto al sole e pare che rispetto a Riola, più in basso di circa duecento metri, ci siano sempre 3/4 gradi in più. Questo ha permesso la nascita e lo sviluppo di specie vegetali tipiche di habitat più caldi, come i capperi, gli ulivi e i cipressi. Degno di nota, in particolare, è il cipresso centenario, inserito tra i nove alberi patriarca dell’Emilia-Romagna, simbolo di La Scola e suo nume tutelare da 700 anni. Altro fattore è il sasso particolarmente resistente sul quale è stato costruito il piccolo abitato: chi ci vive dice che qui il terremoto del 2012 non si è nemmeno percepito. Ma il fattore forse più determinante è stata la presenza di una famiglia che ha risieduto a La Scola dal XIV secolo alla prima metà del XX, quando l’ultimo ramo della discendenza si è estinto. I Parisi, stirpe di venditori di lana grezza originaria di Prato, diventarono ben presto notai (il primo è attestato fin dal 1320) e preti: l’elenco dei sacerdoti del borgo dal 1654 al 1800 vede ben sette Parisi.
Uno di loro, don Pietro Angelo, volle la costruzione dell’Oratorio di San Pietro (1616), ancora oggi consacrato. Al suo interno si trova una pala d’altare raffigurante la Madonna della Cintura, un culto pratese probabilmente scelto per omaggiare le origini della famiglia. Nel 2018 la tela, in cattive condizioni e parzialmente illeggibile, è stata sottoposta a un restauro voluto dalla Sculca. L’associazione ha promosso un intervento anche sulla bellissima meridiana settecentesca che si trova nella piazzetta del paese. La sua particolarità è quella di segnare anche i quarti d’ora, a differenza dell’altra, detta “alla francese”, che sarà oggetto del prossimo restauro reso possibile da un crowdfunding. Da giugno a settembre La Scola si anima con eventi musicali, artistici, mostre fotografiche… Tutte ottime occasioni per visitare questo splendido borgo e incontrare i suoi abitanti, sempre disponibili a raccontare e mostrare con orgoglio l’incantevole posto in cui vivono.
Le immagini: foto del borgo La Scola a cura dell’autrice dell’articolo.
Chiara Ferrari
(LucidaMente, anno XIV, n. 161, maggio 2019)