Che cosa si intende per “ordre dans la rue”? Come si colloca nel nostro panorama giuridico? Facciamo chiarezza sui concetti di ordine pubblico formale e materiale e sulla loro storia. Ma uno Stato democratico tutela proteste, dissenso e cambiamenti al suo stesso interno
Nel Diritto costituzionale italiano, si distinguono due tipi di ordine pubblico. Quello “formale” indica il complesso delle norme fondamentali accettate dall’Ordinamento giuridico. Per esempio, il divorzio non era nell’ordine pubblico italiano sino al referendum del 1974. Esiste, poi, l’ordine pubblico “materiale” che è, detto alla francese, l’ordre dans la rue, ovverosia la sicurezza pubblica urbana posta a tutela della tranquillità nelle strade e negli spazi aperti.
Può sembrare una distinzione sottile, al limite del nominalismo, ma si tratta di concetti che recano grandi implicazioni pratiche.
L’ordine pubblico materiale è statico, la sicurezza è dinamica
Nella Normazione susseguente all’Unità d’Italia, la nozione di sicurezza era “dinamica” e tale lemma veniva impiegato per indicare la protezione dell’equilibrio e dell’armonia della comunità, in cui la collettività aveva e ha il diritto, come affermava il filosofo Grozio, alla non lesione del “contratto sociale”, la cui ratio, a sua volta, era il ne cives ad arma veniant (affinché i cittadini non si facciano giustizia da soli, affinché la difesa degli spazi pubblici e della proprietà privata sia delegata solo alla polizia, senza giungere a una giustizia “fai da te”).
Invece, l’espressione “ordine pubblico” aveva una connotazione “statica”, ossia era “contrario all’ordine pubblico” tutto ciò che contestava l’Ordine costituito e l’ideologia prevalente.
Durante il regime fascista e, prima ancora, nello Stato liberale, non esistevano norme costituzionali che garantissero una “democrazia condizionata”. All’epoca del Ventennio, proteggere l’ordine pubblico significava sopprimere, se necessario, le libertà fondamentali al fine di vietare e reprimere, anche con l’uso disinvolto della forza, qualsivoglia atto contestatorio indirizzato contro il regime.
Ecco perché, nella Costituzione italiana, si è preferito l’uso del lemma “sicurezza” anziché “ordine pubblico”. Quest’ultimo, infatti, era divenuto il pretesto per abrogare i diritti del cittadino nel momento in cui questi comportassero il dissenso esplicito verso il fascismo.
Tra fascismo ed esasperazioni statunitensi
Durante la dittatura mussoliniana, in Italia prevaleva l’interesse di un gruppo oligarchico di individui che detenevano il potere e che invocavano l’ordine pubblico per autoconservarsi e per soffocare ogni eventuale espressione di critica. Anche nell’attuale Diritto penale statunitense si assiste a un’estremizzazione assoluta e assolutizzante della “sicurezza”, la quale viene ossessivamente riferita al singolo e conduce, negli Usa, alla nota esasperazione militarizzata (leggasi uso indiscriminato di armi da fuoco) della legittima difesa e della proprietà privata.
Di nuovo, come si può notare, l’esagerazione della ratio dell’ordine costituito non è una questione solamente o puramente terminologica, bensì forma e sostiene un intero Ordinamento ove si ammettono abolizioni delle libertà costituzionalmente garantite nel nome della privacy e della prevenzione dei reati. Deve cioè prevalere la “pace sociale” a ogni costo.
Lo Stato liberale postunitario e il fascismo sono oltranzisti in tema di ordine pubblico
A dire il vero, già nello Stato liberale italiano, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, erano presenti i germi di una concezione dittatoriale di “ordine pubblico” e di “sicurezza”. D’altra parte, lo Statuto albertino godeva di scarsa precettività e, in buona sostanza, non esisteva ancora una Costituzione democratico-sociale che garantisse i diritti e le libertà di quei cittadini che, in modo dinamico e non statico, manifestavano un dissenso nei confronti dello status quo.
Protestare pubblicamente, all’interno degli Ordinamenti liberal-fascisti, significava mettere in dubbio la democraticità e l’equità del potere e di chi lo deteneva in maniera monopolistica. Infrangere l’ordine pubblico indicava puntare al cambiamento e voler mutare la classe dirigente, il che suscitava scandalo in un contesto dittatoriale che lasciava poco spazio all’iniziativa politica del popolo.
Quindi, tanto nello Stato liberale quanto in quello successivo di estrema destra, non esisteva un congruo bilanciamento tra Ordine costituito e libertà fondamentali. Dominava un securitarismo non tanto inteso come ordre dans la rue, quanto, piuttosto, come impossibilità di cambiare l’ideologia e il Poteree dominanti.
Ecco perché la Costituzione italiana del 1948 ha accuratamente evitato di riutilizzare il lemma “ordine pubblico”. Si è preferito optare per la variante dinamica e democratica dell’espressione sicurezza urbana.
Costituzione e tutela della democrazia
Può sembrare superfluo o idealista, ma sta di fatto che negli Ordinamenti costituzionalmente moderati esistono argini antidittatoriali inimmaginabili per i regimi liberal-fascisti. Per esempio, si pensi ad articoli “dinamicamente democratici” come il 13, il 24 o il 111 dell’odierna Costituzione italiana.
Anzi, a parere di chi redige, è sommamente nell’art. 13, in tema di inviolabilità della libertà personale, che si rivela il taglio decisamente garantista e antifascista del Diritto costituzionale italiano.
È pericoloso far prevalere solo e soltanto la “pace sociale”
Quello che sta accadendo negli Usa deve far riflettere. Ovverosia, individualizzare eccessivamente la tutela della legalità e dell’Ordine costituito è l’anticamera silenziosa di un’estensione precettiva abnorme del principio di legittima difesa. L’Ordine liberal-fascista tende a non controbilanciarsi con le garanzie fondamentali del cittadino sancite dalla Carta fondamentale.
Il securitarismo esasperato è per sua natura antidemocratico e getta le basi per l’avvento di forme di governo autoritarie, come dimostra la Legge Pica del 1863 in tema di brigantaggio, ossia quando il fine della protezione della sicurezza del territorio giustificava mezzi di polizia opportuni e populisti ma contrari al senso di umanità tipico di uno Stato moderato.
Oppure ancora, il pensiero corre al Testo unico di leggi per la pubblica sicurezza (Tulps) del 1931, con le proprie abnormi misure preventive che altro non erano se non uno strumento per soffocare nel sangue e nella tortura i dissidenti antifascisti.
Il dissenso non va mai represso
Nel testo della Carta fondamentale della nostra repubblica, ad esempio, il diritto di sciopero di cui all’art. 40 non ha limiti di “ordine pubblico”. Ciò vale pure per la libertà di stampa di cui all’art. 21.
La polizia ha il diritto-dovere di intervenire con finalità repressive solamente allorquando la protesta non è pacifica, non armata e viola la Legge penale, ma nessun dissenso può essere impedito in nome della tutela di un’ideologia che detiene l’ordine. Un conto è “condizionare” le libertà fondamentali per motivi ragionevoli e misurati, un altro è attuare una repressione sistematica nei confronti di legittime proteste.
Anche la sentenza della Consulta 1/1956 (ripresa da Consulta 33/1957 nonché da Consulta 15/1973) afferma che «la ratio dell’ordine pubblico o, comunque, della sicurezza urbana reca una piena e normale cittadinanza nell’ermeneutica costituzionale [ma solo, ndr] in sede di bilanciamento con i diritti fondamentali, i quali subiscono quotidianamente ordinarie e ragionevoli compressioni», nei limiti delle garanzie democratiche.
Democrazia significa periodico cambiamento
Bisogna rigettare la qualificazione “statica” di ordine pubblico materiale e va accettata solamente la nozione “dinamica” di sicurezza urbana. La vera democrazia comporta cambiamenti nella gestione del potere. Tutelare l’ordre public dans la rue non deve trasformarsi in un appoggio liberticida all’ideologia dominante.
Sembra un bizantinismo troppo sottile ma tale differenziazione è e resta un presidio basilare contro le dittature. E non solo in Italia.
Le immagini: a uso gratuito da Pexels; autori: pedro18; Sasith Mawananehewa; AS Photography; Kindel Media; Alotrobo).
Andrea Baiguera Altieri
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)