Dietro la follia di Mada Kabobo, il ghanese che ha ucciso senza motivo tre passanti a Milano, c’è il dramma dei migranti abbandonati a se stessi
Davide Carella, Alessandro Carolè, Ermanno Masini sono le tre vittime della furia omicida di Mada Kabobo, ghanese clandestino. Milano, zona Niguarda, sabato 11 maggio, ore 6,30: per oltre un’ora Kabobo gira con un piccone in mano e tenta di colpire chiunque incontri. Lo fa con i tre malcapitati: uno muore subito, gli altri due poco dopo. Il gesto è prontamente strumentalizzato. In due modi: il primo, da chi stigmatizza i guai che i clandestini possono provocare, in quanto estranei alla civiltà, avanzatissima, professata in Occidente; il secondo, al contrario, da chi addebita i gesti inconsulti dei nuovi venuti alla loro emarginazione da parte del sistema, che pure li sfrutta con metodi schiavistici.
Ci sarebbe, però, una terza spiegazione, poco frequentata, perché ingloriosa: si riferisce agli errori che si commettono a monte, a causa del chiaro disinteresse che, nella nostra società, c’è verso i più deboli. In Italia, infatti, mancano interventi validi per evitare il fenomeno della clandestinità e non si varano misure strutturali tali da scongiurare gli esodi biblici dei migranti, che provocano morti e feriti durante i viaggi, spesso compiuti su mezzi di fortuna messi a disposizione da organizzazioni criminali. Queste ultime sfidano i governi e vincono sistematicamente la partita, gettando sul bagnasciuga dei disperati che credono di essere giunti nel Paese di Bengodi e che vogliono entrare subito a farne parte, per godere dei benefici del mondo occidentale, sia in senso materiale che morale.
La realtà è ben diversa: in Occidente il progresso materiale latita e quello morale vacilla. Ecco, dunque, che l’avventura del clandestino si trasforma in delusione, paura e angoscia per la propria sopravvivenza, a causa soprattutto del mancato riconoscimento dei diritti civili. La vita del clandestino diventa drammatica: egli è un’ombra, che tuttavia respira, mangia e ragiona. Le menti più deboli, le sorti più disgraziate, la fragilità personale, possono determinare atti irrazionali, violenti, tragici e allucinanti. Ovviamente, sarà compito della giustizia stabilire perché Kabobo si sia comportato con tanta brutalità, ma è chiaro che intorno a casi come il suo c’è già stata in passato una generale noncuranza da parte delle istituzioni. Trascurare il problema dell’immigrazione, sottovalutarlo, trattarlo con fastidio e supponenza, è una causa non secondaria dei crimini commessi da questi sfortunati esseri umani. Perché, non dimentichiamolo, gli immigrati sono esseri umani…
L’immagine: foto di Mada Kabobo (fonte: http://www.fanpage.it); panorama di Milano.
Dario Lodi
(LucidaMente, anno VIII, n. 89, maggio 2013)
Fa piacere che al mondo esista ancora qualche essere umano: umano in tutti i sensi.
Purtroppo anche alcuni intellettuali che si professano progressisti hanno usato, su questa faccenda, dei termini veramente inconcepibili.
Fra questi purtroppo anche Marco Travaglio che pure stimo molto (ora un po’ meno). Essere favorevoli con chi dichiara che Kabobo avrebbe meritato di essere gambizzato, certamente non depone a favore del suddetto Marco e di conseguenza anche con la direzione de “il fatto quotidiano” che ha ospitato tale articolo anche se trattasi di un trafiletto.
Con la presente vorrei esprimere profonda stima per DARIO LODI. Ai tempi che corrono per scrivere un articolo come il suo occorre una buona dose di coraggio.
Complimenti a Dario e… non ti curar di lor ma guarda e passa.
Distintamente
(Bruno Sordini)