Sessualizzazione precoce, influsso negativo dei coetanei per il consumo di droghe e alcool, immaturità. Il conflitto tra Codice penale e Psicopatologia forense. Tuttavia, in Italia il fenomeno delle baby gang è ancora limitato
Oggi, la scienza psichiatrica pretende, in maniera tracotante e onnipresente, di spiegare, essa sola, il fenomeno della devianza adolescenziale. Il magistrato minorile è letteralmente sommerso dalle analisi della Psicopatologia forense. Per taluni scientisti in malafede sarebbe impossibile giudicare l’imputato minorenne senza fare un ossessivo e apodittico ricorso alle categorie della Medicina.
Lo psicologo, lo psichiatra e il Diritto penale
Lo psicologo e lo psichiatra solitamente conferiscono un’importanza eccessiva alla perizia circa lo stato mentale dell’infra-18enne al momento della commissione del delitto. In buona sostanza, il ragazzo che delinque viene presentato come un soggetto costantemente e necessariamente affetto da patologie psichiche invalidanti
A parere di molti medici, chi infrange il Diritto penale prima dei diciotto anni, andrebbe “curato” e non “rieducato”, poiché la Psicologia trova sempre e comunque un buon motivo per parlare di una presunta infermità o semi-infermità mentale in capo all’ultra-13enne borderline. Cosicché, il Diritto penale “patologizza” il responsabile anche quando egli manifesta una piena e sana “capacità d’intendere e di volere”.
Il Diritto penale nega che le categorie della patologia psichica invalidante o semi-invalidante (articoli 88 ed 89 del Codice penale) siano tassativamente presenti nella personalità del minorenne che si è reso responsabile di un reato. Anzi, il giudice è tenuto a contestualizzare accuratamente le circostanze soggettive e oggettive del reato, come impone l’articolo 133 del Codice penale (leggi anche La criminalità minorile nel Diritto penale italiano).
Sessualizzazione precoce, ma senza maturità comportamentale
Rimane, tuttavia, il dilemma se i giovani d’oggi siano più maturi di quelli del passato. Senza dubbio, l’esordio puberale si è anticipato di almeno tre o quattro anni, soprattutto per le adolescenti femmine. Ma è anche vero che la pubertà e la sessualizzazione precoci degli ultra-13enni non hanno per nulla comportato una maturità comportamentale e caratteriale altrettanto velocizzata. Anzi, i nativi digitali tendono al ritiro sociale, non si confrontano con il mondo esterno, ritardano volentieri l’ingresso nel mondo adulto.
La circostanza di consumare assai prima rapporti sessuali non tange l’aspetto della “maturità” vera e propria. Gli adolescenti d’oggi sono sì meno ribelli, ma anche più infelici e chiusi. Dunque, pare inopportuno abbassare il limite giuridico dell’imputabilità, attualmente fissato al compimento degli anni 14 ai sensi dell’art. 97 del Cp.
La necessità dell’autonomia del magistrato rispetto alle neuroscienze
Un altro problema da affrontare consiste nell’affrancare il Diritto penale minorile dall’egemonia spavalda e assolutizzante delle neuroscienze, le quali confondono i normali turbamenti dell’età adolescenziale con presunti malfunzionamenti del cervello.
Si pensi, ad esempio, al minorenne delinquente rom, il quale raramente soffre di turbe mentali invalidanti e, anzi, dimostra quasi sempre una perfetta lucidità quando infrange la normativa penalistica. Oppure, ancora, si ponga mente agli infra-18enni provenienti da famiglie tossiche, da quartieri degradati e da esperienze scolastiche inadeguate e fallimentari. Come si nota, la Psicologia non è un metodo d’analisi infallibile o assolutamente certo.
Nuovamente, si rende necessario anche l’intervento del magistrato, che valuta l’intero contesto di vita dell’ultra-13enne e non soltanto la sua salute mentale. L’analisi medica e le neuroscienze non possono costituire una chiave di lettura universale e priva di lacune. Il Diritto penale deve mantenere una propria autonomia che gli consenta di non dipendere troppo dal punto di vista riduttivo della Psichiatria.
Le pressioni del gruppo e il “fattore branco”
La psicopatologia forense, inoltre, non tiene sufficientemente in conto il ruolo del gruppo dei coetanei durante l’adolescenza. I vincoli amicali con compagni devianti influenzano negativamente l’intera vita sociale dell’infra-18enne.
Si pensi, ad esempio, all’influsso criminogeno del “fattore branco” nel consumo precoce di stupefacenti e di bevande alcoliche (leggi anche Eroina sintetica: la morte di massa sta tornando). Oppure, ancora, si vedano le perverse dinamiche che conducono al reato di violenza sessuale di gruppo. Altrettanto vale per i delitti di danneggiamento, rapina e lesioni personali. L’intera Criminologia afferma concordemente che il contatto con coetanei devianti o, addirittura, l’appartenenza a una vera e propria banda costituisce un enorme fattore di rischio nelle dinamiche della delinquenza giovanile.
Non si tratta di una regola matematicamente certa, ma, in ogni caso, durante l’adolescenza, avere amici ben socializzati riduce il coinvolgimento in comportamenti illegali e violenti contro cose o persone.
Nella Criminologia anglofona si è scientificamente dimostrato che il legame con amici devianti è spesso la premessa per una precoce messa in atto di condotte antisociali, ma soprattutto antigiuridiche. Di nuovo, la Medicina nulla può fare per prevenire rapporti criminogeni con coetanei delinquenti. Analizzare la criminogenesi nel gruppo dei pari non ha alcunché a che fare con lo studio di presunti malfunzionamenti cerebrali. Né, tantomeno, all’infrattore infra-18enne si debbono necessariamente applicare le categorie del vizio totale o parziale di mente di cui agli artt. 88 ed 89 Cp.
Tra allarmismi e giuste preoccupazioni
È poi vero pure che la cronaca giornalistica degli Anni Duemila parla, con cadenza pressoché quotidiana, di un allarme, vero o presunto che sia, afferente alle “bande” giovanili dedite al crimine. Tuttavia, a parere di chi redige, si tratta di fuorvianti populismi e di una cronaca nera iperbolica e xenofoba, tranne nel caso della delinquenza minorile negli Stati uniti o in America latina, ove il problema esiste davvero.
Come insegna l’abolizionismo scandinavo, nella realtà di tutti i giorni è impossibile azzerare la criminogenesi dei/nei gruppi minorili. In effetti, un conto è il gruppo che si rende protagonista di contestazioni eccentriche ancorché non violente; un altro conto sono le associazioni per delinquere con finalità eterolesive. Sono esistiti, esistono ed esisteranno sempre gruppi di ultra-13enni che si rendono responsabili di piccole intemperanze bagatellari ed episodiche. Viceversa, la Polizia e l’Autorità giudiziaria debbono giustamente reprimere forme associative nate espressamente per delinquere; nel qual caso, ma sono in tal caso, gli allarmi dei mass media risultano legittimi, purché non amplificati al fine della raccolta di consensi elettorali.
Il compianto criminologo norvegese Nils Christie invitava il magistrato minorile a distinguere tra, da un lato, le bizzarrie di un’antisocialità innocua e, dall’altro lato, i gruppi di infra-18enni che delinquono concretamente e pericolosamente, turbando la pace sociale.
Trasgressioni tipiche dell’età e violenza criminale
La violenza fisica è il limite superato il quale la baby gang inizia a porsi contro l’Ordinamento giuridico. Per conseguenza, il Diritto penale minorile è tenuto a reprimere associazioni minorili antinormative e non soltanto e bonariamente borderline. L’aggressività abnorme costituisce quella goccia che fa traboccare il vaso e che distingue tra l’ordinaria ribellione morale giovanile e la non legittima antigiuridicità.
Christie separava l’eccentricità di ragazzi vivacemente attivi dall’atto di compiere direttamente veri e propri reati che infrangono il contratto sociale della quieta convivenza tra i consociati. Ad esempio, uno schiamazzo notturno o un semplice graffito non recano la medesima pericolosità di una lesione personale, di una rapina o di uno stupro.
Tuttavia, sotto il profilo statistico, rincuora il fatto che il fenomeno delle baby gangs violente sia, almeno per ora, poco diffuso in territorio italiano. Infatti, per il momento, il tessuto sociologico italico presenta manifestazioni di degrado diverse e meno esasperate. È quantomai necessario dissociarsi dagli allarmismi demagogici di una certa cronaca nera politicizzata e allarmistica, giacché, nell’Europa meridionale, si riscontrano livelli di violenza minorile in prevalenza lievi, salvo taluni gravi episodi che finiscono per alimentare la fantasia collettiva e le ansie nazionalpopolari.
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: cottonbro studio, Alex Green, kat wilcox e Mahmoud Gamal).
Andrea Baiguera Altieri
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)