Presso La Corte di Felsina di via Santo Stefano, una mostra collettiva sulla maschera e il suo ruolo nella società umana
È stata inaugurata sabato 2 marzo, presso la galleria dell’Associazione arte cultura La Corte di Felsina (via Santo Stefano 53), la mostra collettiva d’arte dal titolo Maschera e Vita. Otto artisti (Francesca Morozzi, Gianfranco Martelli, Fabrizio Gavatorta, Concetta Civetta, Paola Antonelli, Scimon, Edina Gulyas e Carlo Pazzaglia) si confrontano sul soggetto “Maschera” e sul ruolo che essa ha svolto nella storia, nella società, nel costume e nell’arte. Ospite graditissima, la pittrice e scultrice Anna Maria Guarnieri.
L’esposizione offre numerosi spunti di riflessione allo spettatore che è introdotto dagli artisti all’esplorazione dei vari aspetti della vita umana e della realtà, attraverso l’analisi soggettiva di alcune funzioni che la maschera ha assolto nella storia dell’umanità. L’immersione nell’universo artistico indirizza l’osservatore verso il processo di ricerca di sé e del senso dell’esistenza umana. L’uomo ha avvertito fin da subito l’esigenza di conoscersi, di migliorarsi, di dare un significato alla propria vita e la volontà di liberarsi dalle proprie paure e dai potenziali rischi o costrizioni provenienti dal mondo circostante e dai propri simili. Per difendersi da queste minacce, ha inventato la maschera.
La maschera ha assunto diverse funzioni nella storia ed è presente in diverse culture in molte parti del mondo. Considerata un oggetto apotropaico presso le culture primitive, la maschera si è prestata alla rappresentazione delle idee e del mito (prime forme di conoscenza dell’uomo sul mondo) e ha contribuito a perpetuare rituali funebri o propiziatori (consuetudini ripetute ciclicamente che riescono da sempre a promuovere un forte sentimento di appartenenza alla comunità). Essa è stata utilizzata come strumento di espressione dei sentimenti e dei comportamenti umani, stilizzati nelle tragedie e commedie antiche, ma anche come espediente che, nascondendo la vera identità dell’essere umano, gli ha garantito un alto grado di libertà e di sicurezza. Molto spesso è stata identificata con l’involucro, il corpo, la forma apparente che rivela o nasconde la vera essenza dell’Io, un’immagine reale o fallace dell’individuo che pertanto finisce per essere l’unico mezzo di conoscenza di sé per gli altri e bersaglio inevitabile del giudizio altrui.
Le tecniche utilizzate nelle opere esposte sono diverse, andando dalla pittura alla scultura, dal collage alla lavorazione del cuoio.Le maschere di cuoio lavorato a mano di Concetta Civetta ci riportano al teatro ellenico e della Magna Grecia, terra d’origine dell’artista, o alle commedie latine di Plauto. Esse si animano in smorfie di sofferenza che rimandano alle figure di donne (prefiche?) che, durante i funerali, si strappavano i capelli riproducendo antichi gesti teatrali. Le Marcolfe, maschere antropomorfe, di Carlo Pazzaglia, intagliate nelle pietre, o ottenute dalla lavorazione del ferro, materiali duri da plasmare, raffigurano «eroi, pensierosi, eretici» e incarnano i miti antichi o altri soggetti metafisici. Le «vecchiette caricaturali» di Paola Antonelli celano nei corpi decaduti una vitalità espressa dagli occhi furbi. Mentre Edina Gulyas, artista ungherese, interpreta e fa rivivere con occhi estranei le maschere dei Thurpos (ciechi, dal volto annerito con sughero bruciato) della tradizione carnevalesca sarda.
Scimon, disegnatore autodidatta, analizza con minuzia di particolari la realtà che lo circonda e mette insieme materiale apparentemente slegato, creando figure definite come una maschera ironica e musicale. Francesca Morozzi, giovane pittrice bolognese, nel quadro intitolato quasi come il romanzo di Pirandello Uno nessuno centomila, riesce a far emergere le frustrazioni che derivano dalla percezione dell’indifferenza che circonda l’essere umano e dalla fatica del processo che dovrebbe condurlo all’affermazione della propria individualità, mentre è generalmente ostacolato da una massa scalpitante di simili impegnati a imporre ciascuno il proprio Io. Il colore, sapientemente modulato, diventa lo strumento espressivo dell’energia vitale che lotta per affiorare dal vuoto che la avvolge.
Giancarlo Martelli ironizza amaramente sui vizi, sulle manie e sulle miserie umane, ponendo l’accento sui falsi e vuoti valori proposti dalla società consumistica e omologante. Mentre Fabrizio Gavatorta, nella vivace serie Black & white, analizza la sfera dell’istinto e delle emozioni umane, attraverso le reazioni psicologiche di donne poste di fronte agli eventi della vita. Da rilevare infine la partecipazione della pittrice e scultrice Anna Maria Guarnieri, artista eclettica che riveste un ruolo importante nello scenario artistico contemporaneo, sia per le sue capacità creative innovative che stimolano la meditazione, sia per l’impegno profuso nella promozione di giovani talenti. La mostra resterà aperta tutti i giorni dalle ore 15,30 alle 19,00, fino a domenica 24 marzo.
Sabina La Grutta
(LucidaMente, anno VIII, n. 87, marzo 2013)