I paesi che investono nella scuola progrediscono; gli altri, come l’Italia, sono in piena recessione. Ma un referendum a Bologna…
Un recente studio della Commissione europea sostiene che il nostro paese, tra i ventisette dell’Unione europea, è quello che più di tutti ha ridotto (del 10,4%, tra il 2010 e il 2012) il bilancio all’istruzione. Da Bruxelles, il commissario europeo responsabile per l’istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù, Androulla Vassiliou, ha affermato, alludendo all’Italia, che un paese che non investe nella modernizzazione dell’istruzione e delle abilità, che non rende i giovani competitivi rispetto ai più agguerriti concorrenti stranieri, è incapace di risolvere i problemi legati alla disoccupazione giovanile e quindi di promuovere la crescita economica nazionale. Molti paesi, prima fra tutti la Turchia con il suo +16,5%, invece, hanno investito nel settore.
I tagli operati alla cultura dal 2008 al 2012 ammontano a 10 miliardi di euro e sono ascrivibili per lo più al Governo Berlusconi. Per obbedire all’imperativo del pareggio di bilancio imposto all’Italia dall’Ue, ma, secondo alcuni, per finanziare il default di aziende di stato in difficoltà (Alitalia), l’allora ministro Giulio Tremonti iniziò a tagliare i fondi. Inoltre la riforma Gelmini sconvolse l’intero sistema scolastico italiano. Un rapporto, consultabile su www.rapportiparlamento.it, pubblicato il 19 marzo scorso dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, ribadendo la necessità di risparmiare, prevede un ulteriore taglio all’istruzione del 5,2%, che potrebbe affossare l’ormai agonizzante sistema scolastico italiano. In Italia la riforma Gelmini ha ridotto di più di centomila unità le cattedre (in controtendenza solo quelle di Religione…) e in soli due anni ha apportato riduzioni di bilancio del 9,2% anche alle università. Il numero di insegnanti è stato tagliato dal 2000 al 2010 dell’11,1%, mentre in Germania si è incrementato del 13%. La crisi ha ridotto anche gli importi delle buste paga dei docenti (che pesano per il 70% della spesa scolastica), congelate o ridotte in undici paesi, Italia compresa.
Nel clima di esacerbate polemiche nazionali e internazionali, si inserisce un’iniziativa bolognese che riguarda la scuola dell’infanzia, promossa dal Nuovo comitato articolo 33, che prende il nome dall’articolo 33 della Costituzione italiana («La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato»). Il comitato, convinto sostenitore della qualità e dell’efficienza della scuola pubblica, ha promosso una campagna referendaria e in pochi mesi ha raccolto 13.500 firme affinché il referendum potesse essere indetto.
Il quesito referendario riguarda la destinazione del finanziamento di un milione di euro erogato dal comune alle scuole paritarie e private e chiede ai bolognesi se indirizzarlo alle scuole dell’infanzia pubbliche (risposta A) o continuare a destinarlo alle scuole paritarie e private (risposta B). Il sindaco Virginio Merola e il Partito democratico sono favorevoli al mantenimento dello status quo, sono disposti cioè a continuare a finanziare le scuole private e paritarie laiche (2) e religiose (25) di Bologna, che avrebbero il merito di assorbire un’ampia fetta di alunni difficilmente collocabili nelle scuole pubbliche. Per questo motivo si sono schierati apertamente a favore della risposta B, sostenuta dal comitato del fronte del “No” al referendum.
Il fronte del “No” ha redatto un manifesto di dieci punti che tutti i cittadini possono sottoscrivere. Primo firmatario è stato il professor Stefano Zamagni. Tra gli altri aderenti, anche l’ex sindaco di Bologna, Walter Vitali, che nel 1995 avviò il sistema pubblico integrato della scuola dell’infanzia. I punti più importanti del manifesto affermano l’appartenenza al pubblico delle scuole paritarie gestite da privati, in conformità alla legge 62/2000 (legge Berlinguer), e sottolineano il fatto che esse ricevono un milione di euro dal comune, ma restituiscono al comune un servizio da sei milioni di euro, accogliendo 1.736 bambini.
Il comitato referendario e i suoi sostenitori, tra i quali figurano nomi di rilievo, come il giurista Stefano Rodotà, che ne è presidente onorario, sostengono che la priorità del finanziamento pubblico spetti alla scuola pubblica e che le scuole private e paritarie hanno sì diritto di esistere, ma non di gravare economicamente sullo Stato. Per risolvere la questione, il consigliere comunale del Movimento 5 stelle, Marco Piazza, ha lanciato la provocatoria proposta di sostituire il finanziamento pubblico comunale alle scuole private con l’eredità Faac che frutta utili alla Curia pari a 14,5 milioni l’anno, scatenando reazioni di disappunto dal mondo cattolico. Fa altrettanto discutere la scelta del sindaco Merola (che dovrebbe garantire il corretto svolgimento della campagna referendaria) di schierarsi pubblicamente con il fronte del “No”. Il comitato referendario è ulteriormente preoccupato per l’assegnazione di un numero esiguo di seggi: 200 per un solo giorno sarebbero insufficienti.
Il mancato raggiungimento del quorum non inficerebbe la validità del referendum che, ricordiamo, è solo consultivo, cioè serve solo a raccogliere il parere della popolazione. Sottovalutarne l’importanza, tuttavia, lederebbe i principi della democrazia. Il referendum si terrà il 26 maggio, dalle ore 8 alle 22. In quel giorno tutta l’Italia terrà gli occhi puntati su Bologna. Per questo motivo, il Nuovo comitato articolo 33 ha pubblicato sul proprio sito un manifesto (vedi il nostro articolo Appello Rodotà per la scuola pubblica) per rilanciare a livello nazionale la battaglia contro i fondi comunali alle materne private. Tra i numerosi intellettuali che hanno sottoscritto l’appello figurano Andrea Camilleri, Carlo Flamigni, Angelo Guglielmi, Margherita Hack e Salvatore Settis.
LucidaMente ha da sempre posto la scuola e l’istruzione al centro della propria attenzione (vedi, tra gli altri articoli: Docenti ancora indignati con Monti; Stop al massacro della scuola pubblica italiana; Docenti: devono lavorare 48 ore?; Se 18 ore vi sembran poche…; Profumo d’ignoranza; La scuola italiana è giunta ormai alla frutta…; Bologna: prosegue la raccolta firme per il referendum comunale sulla scuola; Scuole “private”? Ben peggio delle pubbliche; L’urlo della scuola (Italia-Bologna, 23-24 marzo); Ugolini, ovvero la scuola privata al governo; Come si può studiare dentro “classi pollaio”?; Artisti, «vil razza dannata»!; La Riforma Gelmini e la non meritocrazia; Tra Pon, Por e Pof… la scuola fa flop!; “L’ignoranza rende la gente malleabile”).
Inoltre LucidaMente ha seguito con attenzione la vicenda-referendum. Vedi, tra gli altri nostri articoli: Appello Rodotà per la scuola pubblica Referendum scuola Bologna: Merola “scorpora” Bologna: accorpare referendum a elezioni Referendum scuola Bologna: si farà Bologna: prosegue la raccolta firme per il referendum comunale sulla scuola Soldi alla scuola pubblica o alla privata? (Bologna, 29 luglio) Bologna: perché il referendum? Per avere la carta igienica a scuola! Paolo Soglia: Bologna, quel fastidioso referendum sulle scuole private… Bologna: Articolo 33, lettera aperta al sindaco“LucidaMente” in difesa della cultura e della scuola per tutti
Sabina La Grutta
(LucidaMente, anno VIII, n. 88, aprile 2013)