Seconda “puntata” del nostro reportage: i clienti e le carenze della “Legge Merlin”
Ecco la seconda parte del reportage “bolognese” di Rino Tripodi sulla galassia della prostituzione. Dopo aver narrato le storie delle donne che si prostituiscono, stavolta si pone l’attenzione sulla figura dei “clienti” e si esaminano le carenze/assenze legislative e normative sul fenomeno, che lo rendono ancora più squallido e sottoposto a soprusi di ogni sorta. La prima puntata è apparsa nel n. 29, di maggio, di LucidaMente col titolo Prostitute, clienti: racconti di un mondo quasi “a parte”.
L‘altra faccia della medaglia: i clienti
Allora, chi sono le persone che pagano per avere un rapporto “mercenario” con una donna? Giulio ci fa conoscere alcuni “clienti abituali”. Lo stereotipo del “vizioso”, del “pervertito”, dello sfasciafamiglie viene decisamente meno. Sono persone di ogni età, di ogni ceto sociale, di ogni livello culturale, di ogni tendenza politica, di ogni posizione religiosa.
Mario ha solo 25 anni, cattolico, ha una ragazza, ma afferma che per lui è più bello stare con donne diverse, a pagamento. Max è sui 45 anni, è un professionista. Non è sposato. Quando glielo permette il lavoro, si concede un’intera notte con una ragazza. Sandro è anziano, ateo; forse è stato, nel corso del tempo, con migliaia di prostitute: vuole godersi fino in fondo le ultime gioie sessuali della propria vita. Vittorio è sposato, ama la moglie, ma non prova più attrazione per lei. Per Ugo sono proprio le “scappatelle” con le prostitute a salvare il proprio matrimonio…
Poi ci sono i “monogami”, quelli che si affezionano a una sola prostituta e frequentano solo quella, capaci di pagare grosse cifre per stare con lei un’intera notte, ospitandola, se single, nella propria casa. Sono anche gelosi.
Pensieri e parole
Perché vanno con le puttane? “Io risparmio, sto con una ragazza giovane e bella, mentre prima perdevo tempo con italiane isteriche che alla fine di una cena e di un cinema neanche me la davano” spiega senza mezzi termini Max. Aggiunge Mario: “Lo faccio perché mi piace. Mi piacciono le donne, e le prostitute sono giovani e carine, spesso intelligenti, brillanti; con loro riesco pure a costruire un dialogo, impossibile con una donna “perbene””. Ancora: “Le donne italiane vogliono solo sposarsi, incastrarti; e poi, sono troppo nervose e pretendono la luna”.
In conclusione, non si può fare a meno di sottolineare che l’uomo italiano oggi, nella maggior parte dei casi, “va a puttane” non per chissà quali desideri morbosi (qualche volta c’è anche questa esigenza, certo), e neppure – contraddicendo certe pseudoanalisi femminili/femministe – per “umiliare” le donne, per prevaricarle, ma semplicemente per soddisfare un po’ del proprio bisogno di erotismo, di piacere, di comunicazione, con donne giovani e avvenenti e con una spesa decisamente inferiore al costo di un invito a cena o di un viaggio fuori porta con una donna italiana “libera”, ma magari nevrotica e repressa e piena di sensi di colpa.
Certo è molto triste pensare a quale livello di crisi sia pervenuto il rapporto uomo-donna in Italia
Un riflesso del nostro mondo
Le violenze? Provengono soprattutto da maghrebini e “cani sciolti” rumeni o albanesi, che cercano anche di rapinare le ragazze. Raramente gli italiani, se non qualche giovinastro idiota o qualche immigrato meridionale, mancano di rispetto a queste donne.
Nel complesso, pertanto, un mondo per molti versi “simile” a quello “normale”, dove, ad esempio, nel campo lavorativo e dei rapporti umani, non manca certo lo sfruttamento e l’insensibilità. Una realtà – quella della prostituzione – con tanti lati d’ombra, ma non certo quell'”inferno” che si suole rappresentare, anche perché è ormai l’intero pianeta a essere diventato un “inferno” di violenza e sopraffazione.
Forse essa è resa “inferno” o comunque più invivibile proprio dalla gente “perbene” e “normale”. Sul fenomeno, infatti, pesa una pesante cappa di ipocrisia e bigottismo. A cominciare da sociologi, psicologi, femministe e, in genere, donne italiane, che si interrogano moralisticamente su un fenomeno, che, come abbiamo visto sopra da talune affermazioni dei clienti, ha di per sé una spiegazione molto semplice.
Nonostante le apparenze di libertà sessuale, nel nostro Paese viviamo ancora in una condizione di forte repressione della sessualità e dell’erotismo. Paradossalmente, si perdona di più un marito che, per rispondere al cellulare, uccide con la propria auto un passante che uno che ha pagato una “mercenaria”!
L’antiquata, assurda, confusa, ambigua “Legge Merlin”
Basti pensare che sulla materia vige una legge vecchia esattamente 50 anni (la famigerata “Legge Merlin” – n. 75 del 20 febbraio 1958!), che, nonostante l’evidente decrepitezza, il legislatore non si è mai peritato di cambiare a causa del “blocco” conservatore che impedisce che si legiferi in modo moderno e “civile”, “europeo”, su varie tematiche, che da noi restano tabù.
Una legge che, nell’impianto e persino nel lessico (“meretricio”, “lenocinio”, “libertinaggio”!), fa pensare a un’Italia che non c’è più. Una legge che lascia ampia discrezionalità a forze dell’ordine e magistrati, e che, pertanto, può essere applicata in modo soggettivo e oggettivamente discriminante e fazioso. Si pensi solo al fumoso “reato” di “favoreggiamento della prostituzione” – non esistente negli altri paesi europei -, per il quale, chiunque si avvicina a una prostituta può essere sottoposto arbitrariamente a un pesante procedimento penale.
Quando il magistrato deve supplire al legislatore
Così, per anni, per decisione della pattuglia di turno, qualunque cliente poteva essere denunciato per tale reato per aver riaccompagnato la prostituta nello stesso luogo in cui l’aveva fatta salire in macchina. C’è voluto il tragico episodio del suicidio del giovane di Treviso, impiccatosi per essere stato denunciato in tale circostanza, e l’iniziativa di qualche intelligente magistrato – sempre più la Giustizia deve sopperire all’inerzia e alla viltà del Parlamento e dell’esecutivo -, perché si sentenziasse, secondo logica lapalissiana, che il cliente che riaccompagna la prostituta non commette alcun reato.
A meno che non sia dichiarato reato la stessa attività della prostituta e del cliente: ma l’atto sessuale tra due maggiorenni consenzienti, almeno per ora, in attesa di ulteriori passi indietro nel diritto italiano, è libero. In attesa di norme “civili” che regolamentino davvero l’esercizio della prostituzione, a protezione e tutela soprattutto delle stesse “operatrici del sesso”, che non possono essere abbandonate sulle strade, da sole, nelle freddi notti italiane.
Nel momento in cui l’attuale numero di LucidaMente è on line, un’interessante novità può essere costituita dalla proposta di un tavolo bipartisan per mettere a punto una proposta di legge popolare che affronti il problema della prostituzione da parte di Pia Locatelli, europarlamentare socialista e presidente dell’Internazionale socialista donne, e Daniela Santanché, portavoce nazionale della Destra. La Locatelli afferma che “l’emendamento sull’espulsione delle prostitute perché costituiscono un pericolo per la “morale” è inaccettabile e rischia di riportare indietro il paese di decenni. Con la legge Merlin si è voluta salvaguardare l’autodeterminazione della donna e con la legge contro la violenza sessuale si è stabilito che si tratta di un reato contro la persona e non contro la morale. Sono state due conquiste importanti che rischiano di essere vanificate. Il problema della prostituzione non è una questione di morale o di decoro urbano – prosegue l’esponente socialista – anche se capiamo il disagio dei cittadini, e a tal fine abbiamo dato vita con Daniela Santanchè a un tavolo bipartisan per una proposta di legge popolare che argini il fenomeno e combatta con tutti i mezzi possibili la tratta e lo sfruttamento. Prevedere l’espulsione delle prostitute, equiparandole a criminali pericolosi, vuol dire reinventare il reato di prostituzione e costituire le premesse per possibili ricatti nei confronti dell’anello più debole dell’immigrazione. Sono gli sfruttatori che vanno colpiti duramente e non le loro vittime”.
L’immagine: Le déjeuner sul l’herbe (1863, Paris, Musée d’Orsay) di Édouard Manet (Parigi, 1832-1883).
Rino Tripodi
(LMMagazine n. 3, 15 giugno 2008, supplemento a LucidaMente, anno III, n. 30, giugno 2008)