“33”, riuscitissimo cd di debutto (ma non troppo) di Monsieur Voltaire, ci fa rivivere una musica indimenticabile ed emozionante
Un bellissimo, commovente tragitto musicale à rebours, a ritroso, tra fine anni Sessanta e inizio anni Settanta dello scorso secolo. Questa potrebbe essere la sintesi di 33, disco uscito da poche settimane, opera prima di Monsieur Voltaire, al secolo Marcello Rossi.
È l’opera d’esordio di un musicista tutt’altro che debuttante, visto che il toscano Rossi, come chitarrista e altro, è attivo sulla scena musicale dalla fine degli anni Novanta. Un itinerario lungo e variegato, che lo ha condotto dagli esordi metal-core nei Nativist al presente progetto solista (e ad altri, come la banda noise pop Bongley Dead), attraversando le esperienze indie Greyscale, Najra (new metal), Los Dragos (garage blues selvaggio) e Golden Shower (garage rock’n’roll). Il nuovo lavoro – prodotto da Carlo Barbagallo – presenta otto tracce.
Solo mezzora. Ma quanta ricchezza musicale, quante suggestioni! Fin dal “sintetico” e originale titolo, 33 riconduce subito – e non a caso – ai mitici “33 giri” in vinile. Il nume tutelare del disco è innanzitutto Nick Drake (1948-1974), geniale chitarrista acustico e poetico song-writer inglese. In realtà, è tutto un periodo fertilissimo della musica “giovanile” che rivive. Monsieur Voltaire, con assoluta perizia ed estrema sensibilità, sparge sottili citazioni; e all’ascoltatore sembra – per un lungo attimo – di riascoltare, oltre Drake (Last Place; vai al video), i Beatles (Emily), gli Alice In Chains (The Run), Bert Jansch (The Shine) e vari maestri anglosassoni country e folk.
Ancora più emozionanti i richiami psichedelici a Syd Barrett e ai primi Pink Floyd: le gocce musicali dell’incipit di Waiting To Be Kill sono pressoché uguali a quelle di Echoes (album Meddle, 1971). E Higher than the Sun ci conduce verso il cosmo… Distorsioni sonore mai banali. Ballate crepuscolari eppure accecanti. Frammenti esistenziali disvelanti la realtà delle cose. Brucianti prodigi che forano il buio. Litanie adamantine e palpitanti. Ottiche sbilanciate e quindi rivelatrici. Una specie di cantautorato universale che attraversa ritmi, sonorità, storie di singoli e di un’intera generazione. Da non perdere per i colti musicofili e per i nostalgici dell’unica musica “pop” che per un breve periodo riuscì ad avvicinarsi alle vette dalla classica.
Le immagini: Monsieur Voltaire/Marcello Rossi e la copertina del suo disco.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VIII, n. 92, agosto 2013)