Un bel viaggio sonoro quello compiuto dal gruppo torinese col loro primo full-lenght, “Patterns” (White Forest Records)
Un percorso incarnatosi in suoni misteriosi, testi enigmatici, atmosfere lynchiane, entro il quale frammenti apparentemente non riconducibili a unità e armonia riescono nell’intento, creando una complessiva, miracolosa coesione.
Una fascinazione, spesso cupa, che avvolge l’ascoltatore, stimolandolo a percorrere universi eccentrici, dalle luminescenze e dalle rifrazioni tumultuose e perfettamente ritmiche come delle magnetar perse nello spazio profondo. È questo il lusinghiero risultato al quale è pervenuto, dopo anni di lavoro, il gruppo torinese dei Dropp (Tommaso Laterza, Francesco Sansalvatore, Giorgio Sarno, Stefano Venegoni). Il titolo del full-lenght, uscito a metà maggio 2016 e prodotto dall’etichetta White Forest Records, è Patterns. Otto tracce, che si aggiungono a quelle del precedente ep New Paris. Otto brani nei quali attenta sperimentazione e fruibilità quasi “pop”, suoni “difficili” e armonie godibili trovano la loro proporzione aurea.
Le atmosfere tenebrose e le voci distorte del brano iniziale All Past Paths o di Almagesto (traccia 5) si evolvono in un’elettronica vivace che si allarga verso scenari più ariosi. White Squares assume cadenze pop soffici, ma pur sempre sofisticate, alla Bryan Ferry. All Future Paths riesce a far coesistere frammentismo ed elettroniche melodie entro ritmi sincopati e avvolgenti.
Come afferma il suo stesso titolo, tratto da un’affermazione del filosofo Paul Feyerabend, il quarto brano Anything Goes, col suo alternarsi di voci appassionate ed eccitate, è un inno a lasciarsi andare al fluire della vita e alla libertà. Not Done, Ideas dovrebbe essere un frammento incompiuto e, invece, con le proprie sonorità danzanti e divisioniste, finisce per essere uno dei pezzi più godibili dell’intero album. Last Sun ha una sorprendente evoluzione finale verso suoni cosmici dall’incontenibile magia. Patterns si conclude con No Induction, brano acido quanto freneticamente “ballabile”. E ora, cari Dropp, attendiamo le vostre prossime stregonerie.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 126, giugno 2016)
Recensioni discografiche del direttore Tripodi: Le armoniose schegge musicali dei Dropp Pin Cushion Queen: il canto come melodia Manuel Volpe intimo e visionario La versatilità musicale di Capvto La magia elettronica dei Torakiki La forza della voce di DonnaKatya, la musica dei The SuperFeed Piccola orchestra Vale & The Varlet La musica e le parole degli Ono La misteriosa voce di Armaud I nuovi merletti vocali di Suz «Questo profumo dei nostri anni morti» La musica e le immagini di Giovanni Dal Monte La bella vita di Guido Elmi L’opzione rock dei The Maniacs I Pristine Moods e la magia del theremin Il vortice vocale di Rocío Rico Romero La fine della “Chimera” del XX secolo e la crisi dell’Occidente Un disco senza “Failing” Godblesscomputers, Johann Sebastian Punk, K-Conjog, Portfolio Il disco imbullonato dei The Gentlemen’s Agreement Suoni antichi, eppure nuovi… comunque freschi e morbidi Il nuovo immaginario musicale dei Junkfood Saluti da Saturno, ovvero l’optigan d’autore L’avvincente viaggio musicale del signor Rossi La seconda primavera di Simona Gretchen, Eterea e Crimea X Sophisticated Suz Dissonanti armonie dal XXI secolo