Secondo il nostro lettore, dopo governi da sempre immobilisti, quello attuale ha le mani libere sulle liberalizzazioni perché non teme il voto degli elettori
Sino al Governo Monti (detto impropriamente “tecnico”) la vita politica italiana è stata caratterizzata da un sostanziale immobilismo rispetto al cambiamento in genere.
Ogni qualvolta un Governo, di destra o di sinistra, ha tentato di introdurre modifiche allo “status quo” necessarie per adeguare il paese alle nuove necessità, si è dovuto scontrare con le proteste di coloro che si ritenevano danneggiati. Così è avvenuto per la creazione di nuove discariche per i rifiuti, degli inceneritori, dei rigassificatori, della Tav, del ponte di Messina, delle licenze dei tassisti, dell’Ici sugli immobili commerciali della Chiesa, della tassazione dei grandi patrimoni, ecc. ecc. Le proteste non mettevano in dubbio e anzi condividevano il principio generale dell’ammodernamento del Paese e della equità di trattamenti, ma tutto ciò sempre riguardo agli altri. In altre parole “NOT IN MY GARDEN”.
Sinora la politica si è piegata alle proteste per non perdere i voti dei protestatari. Oggi il Governo Monti presenta in Parlamento, nel superiore interesse dell’intero Paese, un “pacchetto” di liberalizzazioni che riguardano più corporazioni: avvocati, notai, farmacisti, tassisti, ecc. Le proteste si allargano. La parola d’ordine diventa “NOT IN OUR GARDENS” e abbraccia anche le province che non vogliono essere soppresse, i parlamentari che non vogliono adeguare i loro compensi alla media europea o rinunciare ai loro “vitalizi”, e così via.
Il Governo “tecnico” sta facendo dunque quello che i Governi “politici” non hanno voluto o potuto fare, avvalendosi dell’appoggio dei partiti politici, ben lieti di far togliere le castagne dal fuoco a chi non concorrerà alle prossime elezioni.
Giorgio Grossi
(LM MAGAZINE n. 22, 14 febbraio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)