Denunciate dall’Associazione 21 luglio le carenze del centro di accoglienza di Roma
«Trecentocinquanta rom, vittime di sistematiche violazioni dei diritti umani, sono ospitati in un centro di accoglienza in via Salaria 971 a Roma, dopo gli sgomberi forzati dei campi informali. Nei confronti di queste comunità è in atto una chiara forma di discriminazione diretta, fondata sulla razza e sull’origine etnica». È la denuncia contenuta nelle dure conclusioni del rapporto La casa di carta, realizzato dall’Associazione 21 luglio, organizzazione impegnata per la tutela dei diritti dell’infanzia, con un focus particolare sull’infanzia rom. L’indagine, messa a punto da un serio e scrupoloso team di ricercatori composto da Andrea Anzaldi, Aurora Sordini e Carlo Stasolla, vuole far luce su una struttura, un tempo adibita alla produzione della carta, dove a nessun giornalista è stato permesso di entrare, dove è proibito fare foto o girare video anche agli stessi rom residenti.
Dal mese di novembre 2009 l’ex cartiera, affidata in gestione da Roma Capitale al Consorzio casa della solidarietà senza alcun bando pubblico, ospita le persone di etnia rom vittime di alcuni sgomberi forzati nel comune romano. Sulla base di un’ordinanza del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, questa struttura avrebbe dovuto accogliere i rom secondo criteri di urgenza, temporaneità e proporzionalità. Considerando che molti degli ospiti della ex cartiera vi risiedono ormai da un anno e mezzo, è evidente, secondo l’Associazione 21 luglio, che tali criteri vengano irrimediabilmente meno. La struttura non soddisfa i parametri stabiliti dalla legge regionale 41/2003, la quale regola il funzionamento delle strutture dove sono prestati servizi socio-assistenziali. Dalle rilevazioni dell’Associazione 21 luglio è emerso che la struttura risulta priva di ambienti confortevoli e gradevoli; non viene garantita l’autonomia e la privacy degli ospiti, ai quali è vietato ricevere visite di familiari e amici; non sono previsti interventi a sostegno dell’autonomia finalizzati al reinserimento sociale né, tantomeno, azioni di supporto alla fruizione dei servizi territoriali.
La ricerca ha documentato come gli spazi familiari siano ricavati da pareti divisorie di fortuna, realizzate da lenzuola, tovaglie e coperte. Risultano decisamente ristretti e malsani, non consentono ai 98 minori che risiedono nella struttura di svolgere attività ludiche o studiare, con gravi conseguenze sulla loro frequenza scolastica (i minori iscritti a scuola sono appena 27, la loro frequenza è scarsa o irregolare). Sono precarie le condizioni igienico-sanitarie incluse quelle relative alla sicurezza. Dai sopralluoghi effettuati è stata documentata la mancanza, all’interno dei padiglioni abitati, di punti luce sufficienti e di un sistema di aerazione efficiente, i bagni sono pochi rispetto a quanto previsto dalla normativa regionale, non è favorita la cura dell’igiene, a causa della mancata somministrazione di prodotti per l’igiene personale. Da sottolineare un elevato rischio di incendio, rappresentato dall’accumulo di masserizie e di materiale combustibile utilizzato dagli ospiti per delineare gli spazi abitativi familiari. Inoltre, sebbene sia garantita la presenza di un medico una volta a settimana, non è previsto uno spazio ambulatoriale, per cui le visite ai pazienti bisognosi vengono effettuati in ambienti non idonei. Tra gli ospiti della struttura c’è una bambina affetta da una grave forma di paralisi infantile, costretta a essere alimentata grazie a un macchinario; per la diagnosi riconosciuta avrebbe necessità di un aiuto e di un’assistenza specifica che il centro di via Salaria 971 non riesce a offrire in alcun modo.
Tra gli ospiti, negli ultimi sei mesi, sono stati registrati sei casi di morbillo e quattro di tubercolosi bacillifera. Il centro di via Salaria 971, definito dall’Associazione 21 luglio come “Centro di raccolta rom” (definizione ripresa dai Centri di raccolta profughi dove, nel secondo dopoguerra, vennero collocati in condizioni di grave disagio circa 350.000 esuli in fuga dalla Venezia Giulia non più italiana) viola, in modo palese, alcune delle più importanti convenzioni internazionali, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la Convenzione sui diritti dell’infanzia, la Carta sociale europea e la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Precisa l’associazione: «Nella struttura oggetto della ricerca, dove sono accolti quasi esclusivamente persone rom di nazionalità rumena, è in atto un’azione istituzionale caratterizzata da elementi di segregazione ed esclusione sociale, operata su base etnica con un chiaro profilo discriminatorio». La “21” luglio, insomma, lancia un grido d’allarme, e chiede alle autorità locali e nazionali di adeguare la struttura in base ai criteri previsti dalla normativa.
L’immagine: bimbi rom (da www.21luglio.com/index.htm).
Francesco Fravolini
(LucidaMente, anno VI, n. 67, luglio 2011)