Un argomento apparentemente insolito, una campagna nata più di un anno fa per sensibilizzare; e la presentazione, ora, della prima indagine Doxa che riporta i dati sulle violenze subite dalle mamme niente meno che durante il travaglio
Nell’aprile 2016 nasceva sui social media la campagna #BastaTacere contro gli abusi e i maltrattamenti alle neomamme durante il parto e a sostegno della proposta di legge per riconoscerne il reato. Oggi, un anno e mezzo dopo, un’indagine Doxa commissionata dall’Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia (Ovo), in collaborazione con le associazioni La Goccia magica e CiaoLapo Onlus e denominata Le donne e il parto, rende noto che il 21% delle italiane con figli fino a 14 anni dichiara di aver subìto soprusi fisici o verbali durante la nascita del primo bambino.
Al momento del travaglio quattro madri su dieci (il 41%) avrebbero attraversato l’incubo della violenza ostetrica in forma psicologica o corporale, a ogni modo lesiva della dignità personale e, in alcuni casi, del proprio equilibrio: episiotomia senza consenso informato, parto vissuto in solitudine, senza supporto o assistenza adeguati e relativo aumento di rischi, taglio cesareo non necessario, esposizione del proprio corpo nudo di fronte a terzi, separazione forzata dal bambino senza una ragione medica, mancato coinvolgimento decisionale della mamma, umiliazioni e offese verbali. Queste le azioni che chiariscono il concetto di “violenza ostetrica” e che sono state illustrate a un campione rappresentativo di circa cinque milioni di italiane tra i 18 e i 54 anni, con almeno un figlio di 0-14 anni, al fine di comprendere se ne fossero state vittime. Ne sono conseguiti i dati – a dire il vero inquietanti – che la Doxa ha diffuso di recente in conferenza stampa a Roma alla presenza, tra gli altri, dell’onorevole Adriano Zaccagnini e del senatore Maurizio Romani.
La prima ricerca nazionale sul tema ha l’obiettivo di indagare il fenomeno, oggettivamente poco conosciuto, della violenza ostetrica, ovvero, in sintesi, «dell’appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico» ed è di fatto il proseguimento e l’evoluzione della campagna informativa e di sensibilizzazione, sorta nella primavera del 2016, #BastaTacere: le madri hanno voce. Analizzando diversi contesti, aspetti e momenti vissuti durante le fasi della nascita del primo bambino, dal rapporto con gli operatori sanitari ai trattamenti subìti, dalla comunicazione utilizzata fino al rispetto della dignità personale e della volontà della madre, l’inchiesta rivela che l’esperienza traumatica avrebbe spinto il 6% delle donne a non affrontare una seconda gravidanza, mentre l’11% avrebbe scelto di rimandare di qualche anno.
Va però detto che la maggior parte delle interpellate si divide in chi ha ammesso che quanto subìto non è stata la causa per cui non ha più avuto figli e chi non ha rinunciato ad averne ancora, nonostante tutto. Un bel messaggio di forza e determinatezza. L’esperienza negativa più eclatante riguarderebbe la pratica della già citata episiotomia, effettuata “a tradimento” sul 54% delle intervistate. Si tratta del taglio della vagina e del perineo (anatomicamente, la parte inferiore del bacino) per allargare il canale nella fase dell’espulsione del bambino. Rispetto alle consuete e naturali lacerazioni che possono verificarsi, l’operazione, un vero e proprio intervento chirurgico, comporta rischi di infezioni ed emorragie e necessita di tempi di recupero più lunghi. In passato ritenuta di aiuto, oggi l’episiotomia è definita dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) «dannosa, tranne in rari casi». Nel nostro Paese viene messa in atto frequentemente, soprattutto al Sud e nelle Isole (58% dei parti), ma anche al Centro (55%), al Nord-Est (55%) e al Nord-Ovest (49%). Tre donne su dieci negli ultimi quattordici anni, cioè oltre un milione e mezzo (il 61% di quelle che hanno subìto l’operazione), dichiarano di non avere mai dato il proprio consenso informato.
Il 27% del campione posto sotto indagine ammette, poi, di essersi sentito seguito solo in parte dallo staff medico, specificando che avrebbe desiderato un maggiore coinvolgimento nelle scelte riguardanti il travaglio, mentre il 6% afferma con decisione di averlo affrontato per intero in solitudine e senza una particolare assistenza. Ma osserviamo nel dettaglio le altre forme di indelicatezza o inadeguatezza denunciate: il 19% delle madri rileva la mancanza di riservatezza durante la permanenza in ospedale; il 12% dichiara che sarebbe stata negata la presenza di una persona di fiducia durante il parto; il 27% lamenta carenza di sostegno e di informazioni legate alla fase dell’allattamento, altro momento delicato nella storia di mamma e figlio.
È poi considerato allarmante da parte dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica il dato che riguarda rischi e sicurezza: il 4% (una media di circa quattordicimila donne ogni anno) riferisce di avere notato una trascuratezza nell’assistenza, con insorgenza di complicazioni e pericolo per la propria vita. L’Istituto superiore della Sanità stima che nel nostro Paese ci siano ogni anno 1.259 casi di near miss ostetrici documentati, ovvero “incidenti mancati”, e una sottostima delle morti materne del 60%. Alla luce di questi risultati, cerchiamo ora di capire i motivi che hanno spinto a compiere un’indagine a livello nazionale sul tema delle violenze psicofisiche in sala parto: «Lo scorso anno abbiamo promosso la campagna #BastaTacere sui social media. Hanno aderito così tante donne, in così pochi giorni, che presto la campagna è diventata virale», spiega ai giornalisti Elena Skoko, fondatrice e portavoce di Ovo Italia. «Con la nascita dell’Osservatorio anche nel nostro Paese abbiamo deciso di fare un passo in avanti per cercare di tratteggiare i confini di un fenomeno ancora sommerso di cui, però, si portano con sé le cicatrici tutta la vita, arrivando anche a decidere di non avere altri figli. Ora sappiamo che il caso è ancora più diffuso di quanto temessimo».
Se vissuto male, il parto può quindi tramutarsi in un trauma su differenti livelli, portando a non volere altri bambini e a perdere la fiducia nel personale ospedaliero in generale: il 14% delle madri interpellate ammette, infatti, di essersi rivolto o di volersi rivolgere altrove in caso di seconda gravidanza. Alessandra Battisti, cofondatrice dell’Osservatorio, confida la sua speranza: «Auspichiamo una collaborazione con medici e istituzioni volta a includere le donne nei processi decisionali, anche politici, che portino a un cambiamento reale dell’assistenza, nella direzione della dignità della persona. Come affermano l’Organizzazione mondiale della Sanità e l’alto Commissariato per i Diritti umani delle Nazioni unite (Unhchr), l’abuso, la negligenza o la mancanza di rispetto durante il parto possono condurre alla violazione dei fondamentali diritti umani della donna e del bambino, mettendone a rischio la vita e la sicurezza».
Al di là di numeri e percentuali, è amaro constatare che il 21% delle madri italiane (circa un milione in quattordici anni) abbia ammesso di avere vissuto in maniera traumatica un passaggio tanto delicato quanto importante come la messa al mondo del primo figlio. E che solo adesso, in Italia, grazie alla campagna dal nome eloquente #BastaTacere e alla diffusione della prima indagine nazionale sulla violenza ostetrica, si arrivi a riflettere sulle mancanze di rispetto alle partorienti. «Invitiamo le donne a rivendicare i propri diritti e a non subire alcuna forma di maltrattamento, inclusa questa. Abbiamo voluto sostenere la proposta di legge Zaccagnini, che vuole far riconoscere la violenza ostetrica come reato, dato che senza un riconoscimento giuridico diventa difficile poter denunciare», conclude la Battisti. Parlarne è un diritto, che diviene dovere laddove è nell’interesse di tutti arginare ogni forma di abuso, in qualsiasi situazione. Affrontare argomenti di cui non si discute spesso e combattere l’imbarazzo che ne deriva è forse il primo passo per sciogliere i tabù. Senza allarmismi né condanne, ma semplicemente facendo conoscere realtà che a primo impatto possono apparire estranee.
Per maggiori informazioni e per conoscere nel dettaglio i dati dell’indagine nazionale Le donne e il parto, si può consultare il sito dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica Italia www.ovoitalia.wordpress.com o contattare l’ufficio stampa scrivendo ai seguenti indirizzi e-mail: f.riccardi@inc-comunicazione.it e b.cimino@inc-comunicazione.it.
Le immagini: i loghi dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica Italia (Ovo) e dell’indagine Doxa Le donne e il parto.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno XII, n. 143, novembre 2017)