ll capoluogo lombardo ospita presso C|E Contemporary il ciclo espositivo “Die Kunst und das Unheimliche”. Ad aprire la rassegna, l’artista svizzera Chantal Michel
Da sempre ciò che è perturbante affascina. Questo concetto è più vivido che mai nell’arte e nella letteratura del nostro tempo, tese a indagare e confrontarsi continuamente con le forti contraddizioni dell’età moderna. Die Kunst und das Unheimliche (L’Arte e il Perturbante) è il titolo del ciclo espositivo, curato dalla critica d’arte contemporanea Viana Conti, che avrà luogo fino al 31 agosto, nella sede della C|E Contemporary (via Tiraboschi 2/76). A patrocinare l’evento il Consolato generale di Svizzera l’Istituto svizzero a Milano. La mostra è aperta al pubblico dal martedì al venerdì, dalle ore 14 alle 18.
Primo a introdurre il concetto di perturbante in psicologia, nel 1906, fu lo psichiatra tedesco Ernst Jentsch per definire quella situazione di indecidibilità fra le categorie di animato e inanimato. Jentsch notò come il perturbante venisse usato in letteratura, in particolare nel racconto Der Sandmann (L’uomo della sabbia) del narratore tedesco E.T.A. Hoffmann, in relazione a figure la cui natura di esseri viventi o automi non viene chiarita. In situazioni simili, il perturbante affiora per connotare oggetti di elementi familiari e allo stesso tempo estranei, generando una forte sensazione d’inquietudine e ansia, se non addirittura di angoscia e deragliamento della ragione. In tedesco, inoltre, il termine heimlich, che significa familiare, si colora, nella sua perversione lessicale, del significato del suo opposto unheimlich, che significa estraneo. Nel 1919, lo psicoanalista austriaco Sigmund Freud pubblicò un saggio dal titolo Das Unheimlich, tradotto in italiano, appunto, con Il perturbante. In italiano sono stati usati anche sinistro o spaesamento.
È stata un’artista svizzera, nata a Berna nel 1968, a inaugurare lo scorso 17 marzo L’Arte e il Perturbante: Chantal Michel, con la sua mostra dal titolo L’inquiétante étrangeté (La stranezza inquietante). Inoltre, è prevista per il mese di maggio una performance della stessa artista elvetica. Il ciclo espositivo assumerà poi caratura internazionale grazie alla partecipazione degli artisti italiani Giuliano Galletta e Mauro Ghiglione, della britannica Jane McAdam Freud, pronipote del sopracitato psicoanalista Sigmund, e del videoartista svizzero Peter Aerschmann. Gli eventi, che verranno documentati da una pubblicazione bilingue (italiano/inglese o tedesco), si prefissano lo scopo di indagare, nell’apporto creativo di ogni artista e nella relativa soluzione estetica, l’origine di quei turbamenti.
La Michel è un’artista di fama mondiale, attiva nell’area del video, della fotografia, della performance e dell’installazione. Addentrandosi nell’inquiétante étrangeté, lo spettatore viene sobbalzato in una dimensione onirica e rarefatta, sospesa fra i due poli opposti della Natura e dell’Artificio. Una doppia videoproiezione, un’installazione di piante verdi e un indefinibile odore di terra e fiori ci accompagnano in uno spazio fatto di riflessi, di dissolvenze vegetali, minerali e lagunari. Un video, in loop, intitolato Il giardino proibito, viene proiettato sull’installazione da due diverse postazioni, innestando sulla scena un fluire narrativo di immagini, luci, ombre e suoni che non le appartengono, che provengono da una situazione estranea. La videocamera ruota attorno al corpo di una giovane donna bionda, in abito da ballo, stesa accanto alle radici di un albero. Non è chiaro se dorma o non sia più in vita. L’atmosfera fantastica potrebbe far pensare che sia stata oggetto di un incantesimo fiabesco, come Biancaneve dopo aver morso la mela.
L’artista, con le sue installazioni, crea un set in cui il tempo si è fermato, in cui il soggetto entra a far parte di un’ambientazione artificiale e in cui vengono denunciati i cliché della società borghese. Nel mondo della Michel, ogni giudizio etico o estetico, positivo o negativo, viene sospeso per fare spazio al sogno o all’incubo, alla ragione o all’assurdo, come accade in Alice nel paese delle Meraviglie di Lewis Carroll.
L’altra sezione della mostra è prettamente fotografica ed è ambientata nelle vetrine di alcune strade di Monaco di Baviera. Il soggetto, per lo più femminile, viene colto sovente nel suo divenire vegetale, floreale, animale, altro da sé. Sono vetrine assurde, decorate come seguendo un rituale. L’elemento inusuale, in questi negozi di quadri, piante, souvenir, è dato proprio dalla presenza di una donna bionda, vestita come una bambola e rannicchiata in strane posizioni, vicine a quelle di un animale domestico. Nella studiata contaminazione fra l’esterno, la strada, e l’interno, il punto vendita, assistiamo a una sorta di «animalisation d’une vitrine et vitrification d’un corps». Fra figure vegetali e animali, organiche e inorganiche, Chantal Michel dà origine a un’ambigua situazione che si piega all’inafferrabile sensazione del perturbante.
Le immagini: logo della C|E Contemporary Milano; opere realizzate da Chantal Michel.
Gabriele Bonfiglioli
(LucidaMente, anno XI, n. 124, aprile 2016)