L’evoluzione del partito più votato alle elezioni politiche del 4 marzo è segnata da numerosi cambiamenti di rotta e l’elettorato sembra accettare senza drammi la natura cangiante del Movimento. Stupore e meraviglia: dov’è il trucco?
Italia, 2007, nel bel mezzo di una crisi ideologica. Dal cilindro di un mago viene fuori un “vaffanculo” e si levano grida di giubilo dal pubblico. La voce si sparge e la folla cresce. In tanti accorrono per assistere allo spettacolo, qualcuno dalle ultime file si mette in punta di piedi per vedere com’è fatto quel famigerato “vaffanculo” che, però, sul più bello, sparisce. Il mago l’ha nascosto nel taschino. Se prima dovevano gridare tutti, adesso resiste qualche vaffanculo sparuto e sussurrato qua e là. Si sente solo lo scrosciare degli applausi.
La magia sta proprio nella permanenza dell’applauso, che addirittura cresce d’intensità. E, come tutti i giochi di prestigio, prima stupisce, poi inquieta. La serie di giravolte ideologiche effettuate dal Movimento 5 stelle è di quelle che appassionano: ai neodeputati del 2013 non era permesso andare in tv, adesso sono praticamente su tutte le reti; dal giustizialismo ferreo della prima ora si è passati a una linea (giustamente) più morbida. Beppe Grillo, per i più simpatici L’Elevato, è stato fondatore, leader, garante e amico dopo un passo indietro, uno di lato e una mano en la cabeza. Doveroso citare anche il passaggio dall’antieuropeismo spinto a una visione quasi macroniana dell’Europa, non tanto per la rilevanza sul piano tematico, quanto per lo spessore cinematografico di questo cortometraggio realizzato dallo staff di Paola Taverna in seno alla campagna #FuoriDallEuro. Davvero, guardatelo. È importante.
Subentrata la necessità di cercare alleanze in Parlamento, il termine “inciucio” è stato sostituito da “accordo” o “contratto sui temi alla tedesca”, mentre l’espressione “premier non eletto dal popolo” è scomparsa definitivamente dai più volubili vocabolari grillini. Stando a un’inchiesta de Il Foglio Quotidiano, anche il programma proposto agli elettori ha subito notevoli rimaneggiamenti e, in perfetta sintonia con il mantra della democrazia diretta “uno vale uno”, tantissimi non ne sapevano niente. Resta il limite dei due mandati per i parlamentari, ma – dopo alcune uscite del “capocomunicazione” Rocco Casalino – pure questo comincia a vacillare. Agli albori dell’era della postverità, pare che tutte queste correnti postideologiche producano una serie di magie vagamente posticce. Ma, a fidelizzazione compiuta, la credibilità è salva. Un po’ come quando scopri che i tuoi biscotti preferiti sono impastati con l’amianto e li compri lo stesso.
Una fidelizzazione radicata e profonda realizzatasi sulla base di un processo che ci è sembrato giusto suddividere in tre step fondamentali, come avviene per le canoniche strutture narrative delle barzellette. Primo passo: fare quadrato, noi contro di loro. Plasmi una massa incolore e deforme di avversari politici e li mandi a fanculo, da Gianni Cuperlo a Ignazio La Russa. Giornalisti compresi. Poi, delegittimi ogni parere negativo nei tuoi confronti squalificando la stampa dal gioco del dibattito. A tal proposito, ricordiamo la rubrica Il Giornalista del giorno lanciata da Il Blog delle Stelle: gli articolisti imputati venivano esposti al pubblico ludibrio, agli insulti della piazza, boicottati, bollati come corrotti e asserviti ai poteri forti. Se esiste una versione 2.0 della combo olio di ricino più confino, ce la immaginiamo così. Secondo passo: costruire un’identità forte e ben definita. E una politica basata sulla comunicazione sviluppa tutti i suoi temi attraverso una rivoluzione linguistica.
Addio, onorevoli; benvenuti, cittadini: “ragazzi meravigliosi” capaci di canalizzare il malcontento in «percorsi democratici belli, belli». Le manovre economiche vengono spiegate con estrema semplicità, più o meno con la stessa ingenuità adoperata da Alessandro Di Battista per ringraziare i fan delle conserve di melanzane sottolio. La lotta alla corruzione si fa contro coloro «che hanno ridotto in macerie il paese»: i «corrotti,collusi, mafiosi», più comunemente noti come «PDioti». Viene inoltre evidenziato il contrasto tra chi mette il #futuroinprogramma e i “partiti tradizionali”, definiti nell’ordine «decrepiti, già morti e zombie».
I leader dei partiti, ridicoli come tutti gli oggetti obsoleti, vengono identificati con nomignoli specifici: Monti è Rigor Montis, Letta è Capitan Findus, Bersani è Gargamella e Renzi è il Bomba. Un cast stellare. Ora, il grillino medio si trova di fronte a più di un bivio: deve deridere, odiare e combattere, ma anche ascoltare tutti e partecipare. Una satira che, facendo leva sugli istinti più beceri della massa, si è fatta politica con velleità autoritarie in un contesto costituzionale e democratico. Per i neofiti del genere: la magia distruttiva funziona con la luna calante; la magia costruttiva con la luna crescente. E in questa ambiguità incontriamo il terzo step: frammentare l’identità costruita. Coniugare cinque o sei facce della stessa medaglia. Ci sono liberi pensatori su vaccini e scie chimiche come Davide Barillari e Carlo Sibilia, gli xenofobi destrorsi come Roberta Lombardi, i delusi dalla sinistra come il succitato Di Battista (o almeno, così dice) e i democristiani moderatissimi come Luigi Di Maio, capo politico con il candore di Chance il giardiniere-Peter Sellers nel film Oltre il giardino e la determinazione di chi grida «forza, Napoli!».
Venendo ai fatti più recenti, se Di Maio – con una metafora discutibile – scarta l’ipotesi di accordo con la Lega “chiudendo un forno”, Di Battista paragona Matteo Salvini a Dudù, il cane di Silvio Berlusconi. La scelta di restare fuori dalle istituzioni gli permette di alzare i toni quanto gli pare, qualcun altro correggerà il tiro. Almeno così… gli arrabbiati restano. E le famose tante anime convivono in armonia. Un esempio di come il Movimento 5 Stelle riesca a coinvolgere numerose personalità e assorbirle in un unico progetto. La conseguenza logica di una forte vocazione totalitaria che li rende potenzialmente capaci di realizzare il più prodigioso degli incantesimi: farci tornare indietro nel tempo.
Le immagini: una foto della campagna social#fuoridalleuro; Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Beppe Grillo bendati; Di Maio in giacca e cravatta e Di Battista in felpa dimostrano comunque di volersi bene (le foto sono tratte dai siti ufficiali del M5s).
Orazio Francesco Lella
(LucidaMente, anno XIII, n. 149, maggio 2018)