Il mio cuore è scardinato. / Cosa farò mai di questo cuore, / stamberga piena di male / che scricchiola ad ogni vento. / Non c’è anima di mercante / che comperi cianfrusaglia? Marco Pola, il poeta di Trento, noto a pochi e a quei pochi assai caro, ha percorso con eleganza e dignità un secolo di cambiamenti e durezza lasciando in versi una poesia insolita.
L’infanzia – Definito dallo storico direttore della casa editrice Hoepli, Vanni Scheiwiller, come Il poeta di Trento, Marco Pola nasce nel 1906 a Roncegno, piccolo agglomerato urbano della Valsugana, da Vittorio Pola, irredentista impiegato presso il Grand Hotel des Bains, e da Adelinda, madre industriosa e prolifica che metterà al mondo sei figli. L’infanzia di Pola è fatta di immagini, di scorci, di giochi e grandi spazi in quella valle pacifica e un po’ dimenticata del turbolento Impero austroungarico di Francesco Giuseppe che, il 28 giugno del 1914, con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, inizierà la sua veloce discesa verso i flutti della distruzione. Una volta deportato il padre a causa dei suoi ideali politici, la numerosa famiglia fu condotta a Katzenau, località nei pressi di Linz, in Austria, in uno dei più duri campi di concentramento per irredentisti trentini. Dopo le disfatte militari subite dall’Impero, verrà deciso il trasferimento delle famiglie trentine a Mitterndorf, prima del ritorno a casa in convogli freddi e affollati di gente affamata. Il rientro a Roncegno si dimostra duro e faticoso: occorre lottare con la fame e la miseria delle abitazioni distrutte dalle azioni belliche.
Gli anni della ricerca – Conseguito il diploma presso la Regia Scuola Tecnica di Trento, Marco Pola si divide fra letture, il lavoro di aiuto magazziniere e la ricerca un po’ irrequieta di una nazionalità, di una lingua e di miti culturali. Questa ricerca si risolverà con la scrittura di versi in italiano e in dialetto, carichi di topoi intimi e casalinghi, ricchi di filastrocche, di gatti, di veci ricordi e sbòfe de saon ma non solo. Dolore, divisione, morte e lacerazione profonda sono altri temi affrontati da Pola che lo portano a uno stile dalle sfumature futuriste ma non futurista. Colori e dimensioni non classificabili che fanno di lui un poeta dolce e malinconico alla Federico García Lorca, un crudo amministratore della lingua come Landolfi, con una punta di fantastico che lo porta a scrivere di un uomo confuso che cammina, canta, pensa e riedifica come se tutto fosse eterno, e che sogna i sogni come uova di formiche sul tetto e che, invece, la notte ha solo la mano per capire di esistere. La sua poesia, fatta di allusioni indirette, propone al lettore un poeta aperto al mondo, disposto a percorrere la strada con il lettore, a modellare le visioni come creta e a condividere il proprio mondo privato, un mondo tutto italiano e tutto trentino, con i suoi ascoltatori.
L’eroe quotidiano – Pola pubblica il suo primo lavoro, Il gallo sul campanile, nel 1936, e nel 1938 la seconda raccolta di componimenti dal titolo Poesie, che gli vale l’attenzione di intellettuali e poeti già più famosi di lui come Depero o Fernando Pasini. Divenuto simbolo dell’eroe italiano quotidiano, caratterizzato dall’onestà intellettuale, è costretto ad abbandonare per molti anni la sua vocazione poetica a causa delle ristrettezze economiche e della conseguente necessità di trovare un lavoro che gli dia la possibilità di vivere decorosamente. In questo periodo si dedica con tenacia alla famiglia, alla moglie Raffaella Pedrolli e ai figli Giovanni e Maddalena. Il periodo della II Guerra Mondiale è molto difficile per la famiglia Pola, soprattutto nel momento in cui è costretta a fuggire a Montagnaga di Piné e ad abbandonare Trento. Nemmeno il rientro nel capoluogo trentino nel 1945 è semplice. Pola, con la moglie e i figli, si ritrova a dover fare i conti con un paese distrutto, ma è proprio in questo momento che fonda il Circolo Artistico del Cavallo Azzurro, con lo scopo di promuovere incontri letterari e artistici e al quale partecipa il folto sottobosco di poeti, pittori e intellettuali della regione.
Seppi e l’ambiente artistico – Proprio Cesarina Seppi, partecipe nella fondazione del circolo, pittrice ed esperta di mosaici e vetrate, esponente di una pittura astratta che negli anni Sessanta prenderà la forma più concreta della materia sabbiosa e che, successivamente, andrà verso la lavorazione del vetro, dell’alluminio e delle sue famose sculture luminose, lo introduce negli ambienti artistici milanesi. Le frequentazioni, la sua serietà e voglia di lavorare e creare, lo rendono il più adatto per occupare il posto di segretario nel comitato della Fiera Internazionale di Trento e, successivamente, quello di direttore di una nota agenzia giornalistica. Nel 1956 esce il suo nuovo libro Quando l’angelo vuole, seguito da Il porto lucente e da Il vento e cento altre parole, mentre negli anni successivi pubblica, sotto pseudonimo di Tòni Róndola, le sue prime raccolte in vernacolo trentino che, però, assumono la loro forma definitiva e programmatica nell’opera I anèi dela cadena. Vince il premio Il cervo d’oro nel 1966.
Giornalismo e riconoscimenti– Nella seconda metà degli anni Settanta, Pola inizia l’attività di critico sul quotidiano Alto Adige occupandosi del panorama artistico trentino. Nel 1984 la Mondadori inserisce alcuni suoi versi in una antologia dal titolo Parole di legno e nel 1985 l’Accademia degli Agiati di Rovereto, nobile istituzione nata nel 1750, gli dedica l’apertura dell’anno accademico. Prosegue la sua attività di critico e poeta con numerose altre pubblicazioni, i cui titoli sono reperibili on line sul sito web www.marcopola.it/biblio.htm. Si spegne il 9 ottobre 1991, dopo aver ricevuto dal comune di Trento l’omaggio di una sua antologia completa di opere al quale lui stesso ha contribuito fattivamente. Come sempre lavorando, perché solo il lavoro sostanzia l’arte.
L’immagine: Pinocchio e il poeta.
Matteo Tuveri
(LucidaMente, anno III, n. 11 EXTRA, 15 febbraio 2008, supplemento al n. 26 dell’1 febbraio 2008)
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