Dopo secoli di stereotipi e discriminazioni, la teoria di genere può finalmente aprire nuovi spazi di libertà?
Quanti sono i generi? Due: maschile e femminile! Volendo abbondare, possiamo aggiungere anche il neutro dei Latini. Nient’altro, per secoli e secoli. Poi, dagli anni Settanta del secolo scorso, si è affermato un nuovo ambito di ricerca che mira a rilevare il senso dell’identità di genere e il suo significato culturale nella vita emotiva e affettiva dei membri della società. Le radici di tale ideologia risalgono alla “filosofia della differenza” e all’allargamento dell’orizzonte del pensiero, nati dal movimento femminista e dal più vasto orizzonte del postmodernismo.
Abbiamo sempre pensato che l’essere umano fosse contraddistinto dal genere e dal sesso, considerati in sostanza sinonimi. La teoria gender sostiene, al contrario, l’opportunità di differenziarli: da un lato il sesso come insieme dei dati biologici che distinguono l’uomo e la donna sul piano anatomico e fisico; dall’altro il genere come appartenenza culturale e comportamentale chedetermina la cosiddetta “identità di genere” [vedi anche: Teoria gender sì, teoria gender no]. È questa, infatti, che indirizza una persona in senso maschile o femminile o verso l’infinita gamma di tendenzenote genericamente con l’acronimo Lgbtq: lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e queer (coloro che adottano uno stile indefinibile ritenendosi liberi di modificarlo a piacere). In tale prospettiva, il profilobiologico non ha più nulla a che vedere con le sceltesessuali.
A decidere l’identità di genere contribuiscono una miriade di fattori. Anche se c’è ancora chi ritiene l’omosessualità una malattia, è provato che fattori biologici, già in fase prenatale, determinano l’orientamento dell’individuo. Infinite combinazioni ormonali, cromosomiche e genitali segnano il superamento della tradizionale convenzione che stabilisce l’appartenenza sessuale in base all’apparenza dei genitali. In altri termini, la biologia non corrisponde necessariamente all’identità di genere. D’altra parte, questa distinzione è propria di molte culture. I cosiddetti “doppi spiriti” degli indiani d’America, gli hijira in India, gli individui di “terzo sesso” di alcune società austronesiane, gli eunuchi di corte, gli “evirati cantori” di musica barocca godevano tutti di una riconosciuta parità sociale.
Espressioni quali “maschilismo” e “femminismo” sono destinate a diventare desuete. La prospettiva antropologica del nostro tempo, infatti, esprime una particolare sensibilità al tema gender, rifiutando le catalogazioni informate a principi ecclesiali e non scientifici. Dispiace, a titolo d’esempio, rilevare la posizione di papa Francesco a proposito della complementarietà tra uomo e donna. Da un’autorità così attenta ai problemi etici ci saremmo aspettati una maggiore cautela. Bergoglio ha invece affermato, non senza lasciare tracce di dissenso in seno alla comunità cristiana più aperta, che «la rimozione della differenza [fra uomo e donna, ndr] è il problema non la soluzione» e che «la differenza sessuale è presente in tante forme di vita, nella lunga scala dei viventi. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre a immagine e somiglianza di Dio».
Pur senza schierarsi in un dibattito privo di esito a difesa di posizioni tradizionali (quella cristiana) o dell’ideologia gender (l’acquisizione sic et simpliciter di nuove teorie), sarebbe opportuno riservare a questa tesi l’attenzione che merita. Non ci rendiamo conto di quanta strada l’Occidente abbia percorso nelle conquiste di pensiero negli anni. Temi come l’omosessualità non sono più un tabù, almeno nella prospettiva dall’accettazione legale, civile e sociale. La connotazione negativa di un’appartenenzadiversa da quella maschile o femminile è teoricamente sempre più relegata in ambiti culturali e sociali arretrati.
I due generi, maschile e femminile, soggetti plurimillenari della storia umana, non sono purtroppo cresciuti armonicamente, né hanno goduto di pari diritti. Tuttavia, dalle fila di entrambi, a ogni latitudine e in ogni tempo, sono provenute e provengono figure geniali. Malgrado il suo ruolo quasi sempre subordinato, la donnaè stata al vertice della piramide sociale delle civiltà arcaiche quale sorgente di vita (come testimonia la Mater Matuta della mitologia romana, divinità protettrice della nascita) e voce di rivoluzioni sociali delle quali non percepiamo più l’importanza. Si pensi a Elena di Troia e a quanto le fu attribuito, sia pure poeticamente, ovvero di essere la causa di una guerra egemonica decennale. Si pensi alla funzione di Maria Maddalena nelle origini cristiane. Quale altra figura ha dato all’umanità tanto conforto? Così si interrogava il filologo Ernest Renan. Fu lei sola, infatti, nella sua immaginazione di donna dai nervi fragili che Gesù aveva liberato da sette demoni, a vederlo risorto. Gli altri videro dopo e videro quello che lei aveva raccontato, o probabilmente desiderato, di aver visto.
In un elenco ideale di donne eccezionali ricordiamo Saffo di Lesbo, poetessa della Grecia antica; Ipazia, filosofa, astronoma e matematica di Alessandria, vittima del fanatismo religioso dei parabolani, cristiani seguaci di Cirillo; Aspasia di Mileto, la cui assenza nella vita di Pericle lo renderebbe insignificante; Thais, l’etèra che vendicò Atene aizzando Alessandro a bruciare Persepoli; Boadicea, l’indomita regina che condusse la più aspra rivolta antiromana in Britannia. Lungo il sentiero tortuoso dei secoli, incontriamo poetesse, scrittrici, glorie della pittura, della musica e della scienza come Sofonisba Anguissola, Maria Malibran, Marie Curie, Anna Achmatova, Elsa Morante. Tra i massimi geni del pensiero, “diversi” nell’accezione di omosessuali o bisessuali, figurano scrittori, poeti, letterati e politici come Napoleone, George Washington, Abraham Lincoln, Oscar Wilde, Paul Verlaine o Pier Paolo Pasolini.
La società dominata dal maschio ha governato le sorti del pianeta fino alla soglia dei tempi moderni. La rimozione dei parametri del maschilismo così radicati nella cultura non è agevole. Tuttavia, la civiltà occidentale subisce quotidiani scossoni che tendono a livellare sempre più i generi; si aprono inediti campi di indagine e di approfondimento sulla comprensione delle differenze; si afferma unanuova sensibilità per l’interpretazione della natura umana e della sua identità. Solo queste tendenze potranno condurre alla totale emancipazione femminile, omosessuale, religiosa, etnica e intellettuale, che sarebbe la più apprezzabile e indiscutibile conquista della globalizzazione.
Vittorio Russo
(LucidaMente, anno XI, n. 125, maggio 2016)
Sì! E che una Nuova Sensibilità Sia!
E’ vero, è proprio così: è il gender alla base di tutto, non la biologia!
Gentilissima Emma, grazie per averci scritto. Ma la sua sembra più un dogma che un’opinione argomentata.