In esclusiva per “LucidaMente”, intervista concessa dal noto giornalista Rai: da Pertini a Tortora, dal caso del Banco ambrosiano a “La vita in diretta” e a “Unomattina”
Questa estate ai più attenti sarà capitato di notare in Calabria, in note location poste sul lungomare di Nocera Terinese e Falerna Marina, un noto volto della tv italiana: Michele Cucuzza, giornalista, conduttore televisivo e radiofonico. Anche noi di LucidaMente abbiamo colto la ghiotta e irripetibile occasione e, attraverso un’intervista, abbiamo ripercorso insieme la sua carriera. Nato a Catania 62 anni fa da padre calabrese originario di Palmi e madre siciliana, dopo la laurea in Lettere moderne e la sua attività come giornalista per una testata locale, a 21 anni, nel 1973, decide di trasferirsi a Milano, dove si sono aperte ampie prospettive per la sua carriera lavorativa.
Ci parla del periodo milanese?«Quando mi trasferii a Milano, iniziai a collaborare al quotidiano Il Giorno e con l’ufficio stampa del sindacato Uil. Era l’epoca in cui una sentenza della Corte costituzionale aveva abolito il monopolio della Rai, dichiarandolo illegittimo e iniziavano a nascere, agli inizi degli anni Settanta, le cosiddette radio libere e successivamente le televisioni, più impegnative economicamente, che erano prevalentemente commerciali. Con gruppi universitari abbiamo dato vita a Radio Popolare, che esiste ancora e dove sono diventato giornalista professionista. Qui sono rimasto per 7 anni come conduttore, ma facevo anche servizi esterni».
Uno dei servizi che ricorda con affetto?«L’intervista a Sandro Pertini. Io ero un giovane barbuto e con i capelli lunghi; lui mi disse che, se volevo intervistarlo, dovevo dargli del tu. Feci questa intervista imbarazzato, circondato dalle telecamere della Rai. Uno scoop per me importante e un ricordo tra i più belli della mia carriera».
Come giornalista si è quindi affermato a Milano?«A 31 anni, quasi casualmente, iniziai a lavorare con contratti a termine presso sede Rai di Milano. Il direttore Piero Scaramucci ci insegnò il mestiere del giornalista scevro da orientamenti politici. Dopo un paio di anni venni assunto come redattore e vi sono rimasto fino al 1988. Realizzavo molti servizi per i telegiornali».
Ricordiamo a tal proposito i suoi servizi su varie vicende di cronaca, come il caso Tortora e quello del Banco ambrosiano. Può dirci qualcosa in merito?«Il fallimento del Banco ambrosiano è stato un caso di cronaca importantissimo per i collegamenti con la P2 e con le mafie. Via via veniva fuori una parte di verità occulta che ha caratterizzato e temo continui a caratterizzare la storia del nostro Paese. Del caso Tortora ricordo con grande dolore il giorno della sua morte. Feci il servizio per il Tg proprio sotto casa sua. Quello è stato un caso di malagiustizia irreparabile, anche se lui poi aveva dimostrato la sua innocenza. Aveva ripreso il suo lavoro, ma si era ammalato di cancro e poco dopo è morto. Grazie al cielo, oggi le indagini non si fermano solo su quanto ascoltato dalla versione dei pentiti, ma, secondo quanto ci hanno insegnato maestri come Giovanni Falcone, devono essere riscontrate e verificate».
A 36 anni, nel 1988, viene chiamato a Roma a condurre il Tg2 e inviato all’estero per collegamenti speciali. Cosa ricorda di quel periodo?«Miavevano invitato a lavorare per la Rai a Roma sia il Tg1 che il Tg2, e lo dico con un certo vanto, perché significava che evidentemente ero un giornalista attivo. Scelsi il Tg2 poiché mi proposero la conduzione anche del Tg della notte e vi rimasi per 10 anni, fino al 1998. Ho condotto tutte le edizioni del Tg2 nelle varie fasce orarie, ho fatto approfondimenti con Pegaso, ho seguito anche servizi e collegamenti in Italia e all’estero: una stagione bellissima per la mia carriera. Poi Carlo Freccero, appena nominato consigliere di amministrazione della Rai (allora era direttore di Rai 2), mi ha contattato per condurre La vita in diretta, che guidai dal settembre 1998 al giugno 2008, prima su Rai 2 e dopo su Rai 1, e che ancora continua. Era una trasmissione innovativa perché metteva insieme fatti di cronaca, giornalistici, con intrattenimenti e ospiti di spettacolo».
Poi fece Unomattina, vero?«Sì, per tre anni. Unomattina era una trasmissione un po’ più giornalistica e, almeno fino al 2011, ha avuto questo taglio».
Attualmente di cosa si occupa?«Ora sono alla radio e faccio un programma che si chiama Manuale d’Europa, in onda su Rai Radio 1 sabato e domenica mattina. Mentre tutti considerano l’Europa un organismo di cui diffidare perché a trazione tedesca, per le sofferenze della Grecia, per gli egoismi sulle quote degli immigrati, invece io sono felice di realizzare un programma come questo, che conduco con Tiziana Di Simone, perché il nostro continente è l’orizzonte che i nostri giovani devono avere. L’Europa si sta costruendo. È proprio di questa estate la notizia di un progetto che la stessa Germania ha lanciato per la vera unità dell’Europa, sempre a partire dall’economia. Progetto già condiviso dalla Francia e immagino anche dall’Italia. Paradossalmente, si è fatta prima la moneta dello Stato; di solito, si fa uno Stato, che poi conia la moneta, invece si è fatto il contrario. Si arriverà alla istituzione di un Ministero del Tesoro europeo».
Secondo lei, com’è cambiato il giornalismo?«Totalmente, per il subentrare di internet. Ma il vero giornalista è molto cauto con le notizie che viaggiano sul web: molte sono fasulle. Twitter finirà presto nelle grinfie di Facebook. Si sono ridotti i quotidiani: ora tutti hanno anche la versione on line, ma il giornale nella versione cartacea non perde la sua importanza».
Prospettive future?«Ho iniziato a lavorare a 23 anni. Sono quasi 40 anni di attività, ma ancora non ho intenzione di andare in pensione. Se la salute mi assiste, ho ancora tanti progetti da realizzare: scrivo libri, collaboro con dei quotidiani, sono molto attivo sui social media».
Conosce il nuovo Consiglio di amministrazione della Rai?«Certo. Faccio i miei migliori auguri all’amica Monica Maggioni e i complimenti anche a Diaconale e Freccero; mi auguro che tutti possano lavorare al meglio».
Tra i governi, quale le è piaciuto di più?«Mi è piaciuto il Governo Prodi; abbiamo fatto bene ad aprirci all’Europa. Comunque, la carica e la giovinezza di Matteo Renzi costituiscono un arricchimento e un valore aggiunto per il nostro Paese».
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno X, n. 117, settembre 2015)
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