Come l’era digitale ha cambiato il nostro modo di rapportarci con la morte e il lutto. Il libro di Giovanni Ziccardi
Da sempre la morte è indubbiamente tra le principali preoccupazioni dell’uomo. Un’ossessione da cui l’essere umano sembra non potersi liberare. L’uomo ha avuto una concezione della morte che sostanzialmente è rimasta quasi del tutto inalterata nel corso della storia. Anzi, al contrario, è stata più frequentemente la società a modificarsi anche a causa del diverso modo in cui l’uomo cominciava ad approcciarsi in un determinato modo nei confronti della morte.
In ogni epoca e in ogni luogo – nella società occidentale dall’Età medievale a oggi, o dal Medio fino all’Estremo Oriente – la morte è rimasta solitamente un elemento fondante nelle culture di ogni tempo plasmando l’arrivo di nuove religioni quanto di nuove concezioni artistiche e sociali. Cosa dire adesso riguardo l’epoca digitale? Quell’epoca in cui ogni cosa sembra sintetica e distante, relazioni umane comprese? La morte non ha cambiato faccia, ma perlopiù la sta facendo cambiare a noi: una curiosa quanto inquietante pagina Facebook sorta diverso tempo fa e che ha inevitabilmente suscitato controversie raccoglie a ritmo quasi quotidiano profili di gente deceduta aggiungendo come unico commento a ogni post la causa della dipartita dell’utente scritta in un disturbante caps lock.
L’ipotesi del suo ideale funzionamento resta ambigua: vuole porsi come una specie di cimitero virtuale? O vuole avere un insegnamento morale di qualche tipo, come un memento mori male espresso? O è, più semplicemente, una trovata di cattivo gusto creata solo per dare sfogo alla morbosità più recondita? Ciò che è sicuro è che rimane un esempio (si ignora quanto consapevole) di come l’uomo nell’epoca di Internet possa vedere persino la morte come un qualcosa di straniante ed estraneizzato, come se la scoprisse nuovamente per la prima volta.
Il desiderio (o talvolta il terrore) che qualcosa di noi possa rimanere permanentemente almeno in forma digitale quando non materiale è stato uno dei fattori alla base di Eter9, un progetto di recente creazione col duplice obiettivo di funzionare sia come un tradizionale social network che come un inquietante esperimento di intelligenza artificiale. Infatti Eter9 assorbe attraverso il nostro account sulla piattaforma le nostre abitudini e i nostri gusti relativi a quanto pubblichiamo. In questo modo anche dopo la nostra morte fisica esso proseguirà nel suo lavoro continuando a pubblicare e interagire come se nulla fosse accaduto. Un esperimento inquietante che rivela le nostre preoccupazioni e le nostre speranze come un qualcosa che viene contemporaneamente palesato e ingoiato dal Leviatano del Web.
Le nostre aspirazioni vengono sintetizzate e le nostre angosce, ripulite da ogni edulcorazione, ci appaiono di fronte in maniera diretta, senza fronzoli, con una modalità esplicita quanto terrificante. L’aspetto della nostra rimanenza nel mondo virtuale, come una nostra seconda anima, è anche al centro di un interessantissimo libro recentemente pubblicato da Utet, accattivante sin dal titolo, Il libro digitale dei morti. L’autore è Giovanni Ziccardi, docente di Informatica giuridica presso l’Università degli Studi di Milano.
Il saggio è un vero e proprio testo-guida per chi si interessa della questione. L’opera di Ziccardi mostra, nella vasta analisi dell’argomento, come concetti quali gli affetti quotidiani, la sessualità, politica, e ovviamente anche quello della morte, vengano spodestati e riformati attraverso il mondo di internet e dei social network in un modo completamente nuovo e imprevisto, talvolta rimanendo in una sua vaga zona di totale neutralità. Neutralità nella quale oggigiorno le singole parole rischiano di privarsi totalmente del proprio significato originario con l’impressione che esso non venga più percepito da un punto di vista universale e comprensibile da parte di ognuno.
Domenico Francesco Cirillo
(LucidaMente, anno XII, n. 139, luglio 2017)