Intervista a Claudio Cordova, autore di “Terra venduta” (Laruffa Editore), nel quale si denuncia il traffico illecito gestito dalla criminalità organizzata, che affligge la Calabria
Proprio ieri la nazionale italiana di calcio ha dato un segnale simbolicamente importante, presenziando a Rizziconi (nella celebre piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria) all’inaugurazione di un campo di calcio a 5 sorto su terreni confiscati alla ’ndrangheta locale. Bravi il sensibile commissario tecnico azzurro, Cesare Prandelli, i giocatori, la Federazione italiana giuoco calcio e soprattutto l’Associazione Libera di don Luigi Ciotti, a capo dell’iniziativa.
Ma sul fenomeno mafioso in Calabria sono troppe le verità scomode da rivelare, spesso rese note grazie a una decisa azione giornalistica, che non fa sconti a nessun settore, dalla cronaca nera agli scandali giudiziari, comprese le truffe legalizzate a danno dei cittadini. Dall’indagine alla denuncia non mancano gli ostacoli da superare. A piccoli passi si apre anche nel mondo editoriale l’interesse per le verità scomode e per i cronisti che si dedicano a questo tipo di inchieste. Come è successo a Claudio Cordova, giornalista e autore di Terra venduta. Così uccidono la Calabria. Viaggio di un giovane reporter sui luoghi dei veleni (Prefazione di Ferdinando Imposimato, Laruffa Editore, pp. 188, € 10,00).
Nel volume viene approfondito il traffico di rifiuti tossici e radioattivi in Calabria, con le storie delle cosiddette “navi dei veleni”, nonché vengono denunciati alcuni casi, talvolta inediti, di interramenti sospetti nel suolo calabrese (per leggere la recensione di Terra venduta, curata da Giuseppe Licandro, cliccare su Come la ’ndrangheta distrugge un territorio, in LM MAGAZINE n. 14, supplemento a LucidaMente n. 69). Abbiamo sentito l’autore della pubblicazione.
Secondo lei, chi tenta di insabbiare le verità scomode d’Italia?
«Il potere, da sempre, ha tentato, spesso riuscendoci, purtroppo, di nascondere la verità alla gente: un popolo può crescere solo se è correttamente informato. L’Italia, del resto, è il Paese delle collusioni: politica, economia e imprenditoria, massoneria, mafie. Tutti stretti in un abbraccio affaristico, in cui l’unico scopo è fare denaro facilmente: sono i cosiddetti “poteri forti”. Basterebbe dare un’occhiata alla storia italiana, da Ustica al terrorismo, passando per le stragi mafiose: tante vite stroncate e una serie di vergognosi insabbiamenti».
Qual è la situazione sociale a Reggio Calabria?
«Reggio è la città delle apparenze, dove la gente fatica ad accumulare due pasti nella giornata ma, allo stesso tempo, non può fare a meno di sfoggiare abiti costosi e automobili lussuose. È la città in cui si foraggiano, spesso consapevolmente, le attività commerciali in mano alle cosche e in cui si va a ballare, gomito a gomito, coi rampolli della ’ndrangheta. È la città delle commistioni, in cui non c’è bianco o nero, ma tanto, tantissimo, grigio, anche da parte delle persone cosiddette “perbene”. Spesso si parla di pregiudizi negativi sulla Calabria, mentre in un mio articolo ho parlato di “post-giudizi” realistici, basati sullo stato delle cose».
Il ruolo della burocrazia può contribuire a nascondere particolari aspetti? In che modo?
«Si può migliorare, come società, solo se si conoscono più cose possibili, è la conoscenza l’arma più potente. È ancora assai difficile, per esempio, accedere alle informazioni, anche su notizie che dovrebbero essere di evidenza pubblica, come i bilanci, le forniture o gli appalti che riguardano gli Enti. La gente ha tutto il diritto di sapere. A Reggio Calabria, per esempio, non è possibile filmare e trasmettere integralmente le sedute del Consiglio comunale. Proviamo a domandarci: perché?».
L’immagine: la copertina del libro di Cordova.
Francesco Fravolini
(LM extra n. 26, 15 novembre 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 71, novembre 2011)