Dalla sublimazione ideologica alla liquidità del reale: iperindividualismo e spersonalizzazione
Femminismo, globalismo, antirazzismo, antifascismo…. Chi avrebbe il coraggio di non rientrare nei predetti canoni della civiltà occidentale; chi avrebbe il coraggio di farsi identificare come maschilista, sovranista, razzista e fascista? Chi sarebbe tanto sfacciato da sfidare i cardini dell’odierna, “progredita” società?
A quanto pare, sempre più persone; ma in quest’articolo non ci si vuole soffermare sulla rapida ascesa che hanno avuto le manifestazioni di populismo e il neofascismo di ritorno, quanto piuttosto su quello che ne è alla base. Prima di catalogare determinati episodi come “fascisti”, “maschilisti”, “razzisti”, “xenofobi” o peggio, crediamo si debba fare uno sforzo per comprendere cosa ha condotto le persone ad assumere determinate posizioni; tanto più che, finché ci si limita ad additare il gesto compiuto dal fascista (maschilista, razzista,…) di turno, questo si sentirà legittimato a nascondersi dietro i danni prodotti dalle manifestazioni dei centri sociali.
Questi fatti (dalle manifestazioni neofasciste al dilagare del fenomeno populista) sono, secondo l’opinione di chi scrive, espressione di quella che Zygmunt Bauman definiva “società liquida”: cioè una società senza più legami, deideologizzata, assoggettata a un processo di atomizzazione continua dell’individuo, dove (appunto) si rincorrono i miti dell’individualismo e dell’identità nazionale per colmare il vuoto relazionale che divora ogni persona da dentro.
Così, per provare a riempire il vuoto interno dovuto all’assenza di un’etica, lo Stato legifera in materia di diritti civili “cosmetici”, ponendo leggi e regole ove basterebbero semplicemente il buonsenso e la sensibilità. Proprio per questo, una società liquida, atomizzata, si caratterizza anche per un maggior ricorso alle sanzioni penali (la gente è sola, ha paura e potrà sentirsi sicura solo sapendo che gli individui pericolosi vengono sbattuti in prigione – possibilmente buttando la chiave); una società liquida preferisce “ghiacciare” i propri individui pericolosi, piuttosto che scommettere sulla rieducazione e sul reinserimento. I diritti civili di cui sopra potrebbero rappresentare un grande mezzo d’inclusione, se non fossero soggetti (e da una parte e dall’altra) a interpretazioni volte a caratterizzarne l’esclusività.
Nessuno mette in dubbio, ad esempio, che il femminismo originario avesse totalmente ragione nel chiedere la parità dei diritti fra uomo e donna. Solo che (soprattutto negli ultimi tempi) qualcuno ha avuto ragione di storcere il naso sentendo parlare di maggiori diritti alle donne (come se le leggi già in vigore non fossero sufficienti a garantire la loro tutela – attraverso un’adeguata interpretazione). Situazione molto simile è quella che conduce al razzismo
La nostra Costituzione garantisce libertà e dignità alla figura del “cittadino”, ma essaè stata scritta tra il 1946 e il 1947 e approvata nel ’48; vi sono sentenze della Corte costituzionale concordi nell’affermare che, al giorno d’oggi, il termine “cittadino” vada interpretato come “individuo”. Eppure, la propaganda di estrema destra gioca molto su questo equivoco interpretativo tra “individuo” (persona comune) e “cittadino” (persona con una nazionalità ben definita). È opinione di chi scrive che gran parte della liquidità dell’attuale assetto societario sia attribuibile all’eccessiva individualizzazione dei percorsi formativi. Torna utile qui richiamare la differenza tra “individualizzazione” e “personalizzazione”. Con il primo termine si vuole indicare il perseguimento di una formazione volta a garantire il livello minimo di competenze che tutti gli individui devono avere per poter partecipare alla vita della società
Con il secondo termine, invece, si vuole designare una formazione volta all’accrescimento e allo sviluppo delle competenze peculiari di soggetti determinati. Essendo il nostro sistema ideologico ed educativo generale focalizzato più sull’individualizzazione che sulla personalizzazione, è quasi normale che gli individui educati in funzione di tale cultura considerino come potenziali minacce individui portatori di culture differenti.
Riccardo D’Attilio
(LucidaMente, anno XIII, n. 147, marzo 2018)