Qualche annotazione: scelte obbligate e quattro punti su cui discutere
È tempo di coraggio e di fantasia; è tempo di responsabilità e di fiducia nelle istituzioni. Di fronte alla crisi della partecipazione politica non si può pensare a scorciatoie, giacché partiti, personale politico e istituzionale, imprese private e management hanno bisogno di tempo per riqualificarsi e rinnovarsi.
Perciò è necessario il coraggio di assumersi la responsabilità dell’impopolarità per ogni azione che si compie. Per questo penso che non sia positivo lasciarsi trascinare nel gioco pro o contro Monti, se avrà futuro politico o no: il vero problema è quello di appoggiare la politica e il rigore necessario per superare la crisi e riprendere il cammino della crescita. È su questo piano – macroeconomico e dell’economia nazionale – che si gioca il futuro dell’Italia e della Costituzione dei partiti (democrazia partecipata).
I socialisti non hanno di fronte dei bivi, ma una strada obbligata: proseguire nel solco della sinistra riformista disegnata da Bettino Craxi e sfociata nel programma di Rimini (meriti e bisogni) con la partecipazione corale delle migliori intelligenze e di un partito intero. Dividere, come fa culturalmente e legittimamente qualche compagno – Mauro Del Bue ecc. –, i sindacati e le associazioni fra chi è più vicino o più lontano da un’ipotesi politica per predeterminare uno schieramento (contrapposto a un altro) al fine di stabilire con chi posizionare il “piccolo” Psi, è un’assurdità politica, un errore. Un errore perché permette a chi è con la destra di legittimarsi alla stessa stregua di chi vorrebbe allearsi anche con Di Pietro e Vendola per non si sa quale sinistra in Italia, Europa, mondo. Piuttosto riprendiamo ora i temi per i quali abbiamo fatto battaglie per la libertà.
Viceversa, dobbiamo vivere il punto più basso del sistema politico (mi scuso della scheda sintetica): 1) rilanciando a gran voce le nostre idee senza preclusioni, veti e interessi di breve periodo (stare in giunta a dispetto dei santi a cosa serve? accettare il sistema dei rottamatori? distinguere fra Pd e Pd?; 2) organizzando situazioni di rottura dell’esistente che non serve più e occupazioni democratiche nonviolente di giornali o televisioni che censurano il nostro messaggio, ma anche liberare su internet e su tutti i canali di informazione libera le nostre parole d’ordine; 3) stando nel movimento e, come è avvenuto a Milano, con coraggio e abnegazione, certi delle proposte e dei principi che si proclamano e per convincere i socialisti nonviolenti e silenziosi che ci sono nella società; 4) evitando manifestazioni “nazionali”, ma riprendendo possesso del territorio (cento città, sezioni o circoli): non c’è niente di più rivoluzionario del dialogo fra e con la gente quando la febbre della tecnologia dell’informazione ha già raggiunto il suo apice, specie fra i giovani.
Ovviamente questi quattro sintetici punti non escludono né eludono il dibattito, il confronto-scontro di idee, progetti e programmi, ma sono il tributo che dobbiamo alla febbre della novità che abbiamo il dovere di assecondare gestendo gli eventuali effetti di “eudermismo culturale” tipico di certa politica o di certa cultura militante: quando la contraddici, si chiude nel proprio territorio preferendo perdere piuttosto che ascoltare e discutere la ragione opposta.
Paolo Cristoni
(LM MAGAZINE n. 22, 14 febbraio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)