Assieme a “il Giornale” è in vendita nelle edicole “Come sopravvivere al politicamente corretto” di Luigi Mascheroni. Un vademecum a difesa della libertà, dell’intelligenza e del buonsenso
In principio fu Robert Hughes col suo imperdibile saggio La cultura del piagnisteo (vedi I tanti, troppi pregiudizi dei “progressisti” bigotti). In seguito, con l’aggravarsi del “fenomeno”, a denunciare la piaga del “politicamente corretto” sono stati sempre più studiosi e giornalisti. Il tutto a rischio delle proprie carriere universitarie e professionali e delle influenti amicizie dei benpensanti di sinistra, che tutto sopportano, tranne l’anticonformismo.
Anche in Italia c’è chi ha il coraggio di opporsi al pensiero unico imperante, un misto di buonismo, utopismo, idealismo e crassa ignoranza. A tal punto che, negli ultimi tempi, varie testate hanno allegato alle loro copie in edicola vari libri e libretti sulla peste dilagante (ad esempio, vedi Francia e mondo musulmano secondo Michel Onfray e Quindici “pezzi” antislamici). Agli inizi di questo piovoso marzo, è stata (ancora) la volta de il Giornale con un agile pamphlet del docente universitario e giornalista Luigi Mascheroni. Il titolo del prezioso librino (pp. 50, € 2,50) è Come sopravvivere al politicamente corretto. Prontuario (semiserio) delle follie iper-correttiste. La strada scelta dall’autore è quella della satira. Il volumetto inizia con l’elenco dei riflessi condizionati indotti dalla cultura predominante – e quindi divenuti obbligatori, pena l’anatema – rispetto a termini come “multiculturalismo”, “islam”, “Occidente”, “extracomunitari”, “omosessualità”, “handicap”, “femminicidio”. Una sorta di galateo perbenista quanto ipocrita, che sa di camicia di forza.
L’Occidente fa schifo, è avido, guerrafondaio, violento, al contrario di tutte le altre civiltà, superiori e pacifiche (sorvolando su diritti umani e civili). L’islam non c’entra nulla col “terrorismo di matrice religiosa”. I migranti – ricordarsi di ribadire sempre “lo eravamo anche noi” – sono una risorsa. Se una donna è assassinata è fatto molto più grave di un “maschicidio” per mano di una persona di “genere” femminile o omosessuale. E via sproloquiando vuotamente, tanto per essere “integrati” (gli occidentali, non gli “altri”). Ma, secondo Mascheroni, in realtà, c’è poco da scherzare: chi controlla il linguaggio e ne impone uno, censurando e criminalizzandone un altro, basato sull’evidenza dei fatti e sul buonsenso, domina il pensiero e sterilizza i popoli.
Come reagire? Come salvarsi? L’autore stila un decalogo del “pensiero scorretto”. Tra i consigli, marcare la propria identità ed evitare l’ipocrisia. Non è possibile, per un malinteso senso di rispetto delle culture altrui, compresi i loro pregiudizi e la loro intolleranza, anche violenta, sfregiare quella europea e occidentale, aperta e libera, tesa al miglioramento della dignità umana e alla ricerca scientifica. Molteplici sono gli esempi di censure politically correct di pensieri, libri e opere artistiche, riportati da Mascheroni. Ridicole, ma tragiche nei loro effetti: «un oltranzismo ideologico che schiaccia sotto i suoi cingoli egualitaristi tutto ciò che caratterizza, dà identità, marca le differenze, cioè il sale della cultura e dell’intelligenza». L’aspetto più grave è che fosse servita o serva a qualcosa, questa ideologia! È solo un «presuntuoso e ipocrita tentativo di eliminare le ingiustizie limitandosi a giocare con le parole», che «si è schiantato contro i principi della logica e il senso del ridicolo». Non resta che «affidarsi agli irregolari del pensiero», agli anticonformisti, agli originali che non seguono l’onda. Non perdere il contatto con la realtà, l’evidenza, il buonsenso. E ridere delle assurdità. Una risata seppellirà il pensiero unico “buonista” omologante? Speriamo.
Le immagini: la copertina del pamphlet e il suo autore.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 123, marzo 2016)