“Tommasino e il filo d’erba”, una delicata poesia nata dalla rilettura di un racconto di Pirandello
Liberamente ispirato alla novella Canta l’Epistola, di Luigi Pirandello (per leggerla: http://www.classicitaliani.it/pirandel/novelle/03_032.htm), ecco un nuovo componimento di Guido Monte.
Tommasino e il filo d’erba
in quell’antico paese
tommasino aveva studiato per qualche tempo
per fare il prete, ma non era diventato neppure
diacono; aveva perso la fede,
e lo avevano cacciato dal seminario.
quando tornò a casa,
il padre lo picchiò a sangue
ma lui al seminario non volle tornare.
e si chiuse in camera,
usciva solo per qualche camminata
per i boschi di castagni, a pian della britta,
senza vedere nessuno.
si sente come una pietra, una pianta;
non ricorda più il suo nome,
vive e basta, senza
cercare alcun senso.
guarda le nuvole e sente il fruscio
del vento sugli alberi.
nuvole pietre alberi, non sanno
di essere se stessi, come lui.
stava dimenticando tutto,
di fronte al sentimento impassibile delle cose
tutto gli sembrava vano e passeggero.
sente tenera pietà per ogni cosa
che nasce alla vita, anche quella che dura
poco e in poco spazio: una formica,
un moscerino, un filo d’erba. quasi piange
per ogni breve piccola vita che compare
e subito scompare, per sempre.
da un mese seguiva la storia di un filo d’erba
tra due massi grigi, dietro una chiesa
abbandonata.
prima il filo nacque, lento,
poi crebbe con un piccolo pennacchio
rosso in cima, e tommasino
ogni giorno per due ore ne viveva la vita,
guardandone il lieve movimento nell’aria;
e lo proteggeva dal vento forte
e dalle capre. lo accarezzava, lo sfiorava
con le dita; la sera lo affidava alle prime stelle
per la notte.
un giorno, la signorina olga andò a sedersi
tra i due massi. e senza pensarci allunga la mano,
strappa il filo d’erba e lo mette tra i denti,
col pennacchio rosso che ciondola dalle labbra.
tommasino si sente morire,
e le dice: «stupida!». per questa ragione
il fidanzato della ragazza, il tenente de venera
lo aveva schiaffeggiato e sfidato a duello.
ma tommasino era stanco di vivere,
e accettò la sfida alla pistola,
anche se il tenente era un buon tiratore.
fu colpito al petto, e trascorse
quattro giorni in punto di morte.
per contentar la madre alla fine
lasciò venire il confessore.
e quando questi gli chiese
il perché di tutto questo,
tommasino rispose con un filo
di voce: «per un filo d’erba…»
parole che tutti pensarono
frutto del delirio.
Guido Monte
(LucidaMente, anno VIII, n. 91, luglio 2013)